Finalmente uscito dalle strategie editoriali da Premio Strega, Walter Siti, dopo Resistere non serve a niente, torna a sorprendere con il romanzo Exit Strategy: un titolo che sembra (e speriamo sia) un manifesto programmatico per uno dei più incensati, ma al tempo stesso sottovalutati, scrittori italiani contemporanei. L’impressione è che molti lo nominino (come Antonio Moresco), ma in pochi lo leggano davvero. Più che livre de chevet i romanzi di Siti sembrano seguire il destino dello stesso Moresco: finire per essere mostrati nelle librerie dei radical-flop o oggetto di discussione nei salottini intellettuali asor-rosa. Eppure Siti ha scritto capolavori come Scuola di nudo, Troppi Paradisi, Il contagio: romanzi che, come nel caso del primo Moresco (quello ancora lontano da La Lucina della ribalta) sono destinati a rimanere nella storia della letteratura. Walter Siti soffre del complesso di Pasolini: non da parte sua, ma da parte di giornalisti culturali che sempre vedono in Pasolini il maestro e in Siti l’epigono. Walter Siti con Pasolini non c’entra niente. Se Pasolini anticipava e condannava la “nuova dittatura fascista” individuata nella società delle merci (copiando da Luciano Bianciardi), se in Francia Guy Debord teorizzava “la società dello spettacolo” (che terminerà con l’esito fatale di Divertirsi da morire di Neil Postman), Siti non può essere che il testimone di questa fusione con il risultato di raccontarci, dalla parte della carne intellettuale, la società della merce spettacolo. Non più la società immaginata come “una relazione tra esseri umani mediata dai media” (Debord), ma una società dove il culto del corpo, il modello della perfezione non ha più nulla a che vedere con l’ideale di bellezza diventata marmo nei corpi di Fidia. Quell’immobilismo delle statue greche, che pur impersonavano tutta la forza e la mobilità dell’essere (umano), oggi è diventato un mobilismo estetico che contagia corpi e menti.
Siti non è Pasolini: pur essendone studioso (ha curato alcuni meridiani Mondadori dedicati allo scrittore e regista), ne è lontano mille miglia. E non perché la sua capacità letteraria sia minore, anzi: il vero Pasolini lo troviamo negli “scritti corsari”, mentre i suoi romanzi hanno cambiato l’immaginario collettivo più nelle loro mutazioni sul grande schermo, che come libri. E’ nei saggi che Pasolini si rivela un grande intellettuale che comprende il popolo che, invece, sfrutta e caricaturizza nei suoi romanzi. Siti fa esattamente il contrario: il popolo dei suoi personaggi è animato, ma non caricaturato. I suoi romanzi sono urli d’inchiostro contro la società, sono grida di aiuto di un autore che non è capace, malgrado l’impegno, di una Exit Strategy. Se il Pasolini romanziere è destinato ai poster, Walter Siti è destinato ai posteri. Anche in questo ultimo romanzo – dove la penna di Siti in certi passaggi vibra nella paura che sia travisato per un instant book, per una fotografia dell’effimero contemporaneo destinato, in un modo o nell’altro, a svanire- lo scrittore ha, invece, la forza di incidere le parole fissandole nella pietra. Il miglior ritratto di Pasolini lo scrive proprio Siti, ma descrivendo Berlusconi: “metà santino e metà sacrestano”. Siti getta il suo sguardo su un Paese dove “tutto sembra fermo da sempre” tranne quando “qualcuno si suicida lasciando rivoli di sangue qua e là”. Un’Italia dove “la rabbia scoppia improvvisa ma già logora sul nascere”. Di fronte a questo immobilismo mobile lo scrittore si interroga sul proprio estraniamento: “La solitudine non è mai stata per me una conquista, né tanto meno un’impresa: è un residuo, l’orma vuota di un istrionismo andato a male- ma meglio la solitudine che la desolazione. L’imperativo è essere adeguati all’infelicità, non sono mai stato un buon depresso: ditemi solo dove devo sedermi”.
Exit Strategy è un romanzo che incarna quello che Camus, ne La caduta, esprime in una riga: “Quando tutti saremo colpevoli, allora sarà la democrazia”. Siti sottolinea che noi tutti arranchiamo ogni giorno sull’impossibile bevendoci fino in fondo il calice dell’irrealtà, ma qual è la soluzione? Nella politica? “Matteo Renzi è il metadone per l’antiberlusconismo tossico”. Nella religione? “ Cado in ginocchio e prego senza sapere Chi”. Nella letteratura? “La letteratura spira dove vuole proprio perché non viene presa sul serio da nessuno”.
Leggete Exit Strategy perché è un libro che fa male. Dovrebbero mettere una fascetta: “Nuoce gravemente alla salute” oppure “Vietato ai minori”. Senza l’età: perché i minori sono dovunque. Fatevi del male: leggete Walter Siti.