Quando, introducendo il primo libretto gaudioso/doloroso, scrivevo che la nostra stamperia è ubiqata sulla rive gauche de la Marteseine, suscitai l’ilarità generale. Ma è pura verità, come testimonierà la vicenda che vado a raccontare.
All’uscita di Andata e ritorno: viaggi a Djakarta, Gorgonzola, Lambrate, Londra, Como, Baggio, Vienna, Leichlingen, Springs, Brunate (Scheiwiller, 1984), rimasi folgorato da un racconto lì compreso: La lattaia di Crescenzago. Avendo saputo che Buzzi abitava in via Bassini ed essendo io giusto traslocato in via Padova ch’è a un tiro di schioppo, fu giocoforza fargli la posta e farmi autografare la copia.
Poi più nulla, finché 20 anni dopo ci ripresentammo Luciano Ragozzino ed io per chiedergli qualcosa da pubblicare. Tentennò, ci parlò a lungo di Cleopatra (ossia di Elisabeth Taylor che aveva frequentato sul set a Cinecittà rimediandone una passione tutt’altro che spenta, lui ultranovantenne)… Però, quando seppe che Luciano è incisore, si trascinò nell’altra stanza per tornare con una lastra: di Saul Steinberg, raffigurante un vecchio curvo e tremulo. La lastra era malmessa, e Buzzi chiese se si poteva aggiustare. Risultato: tornammo a casa con bitesto e lastra, più la promessa che l’avremmo resa al più presto senza cavarne copie a nostro uso.
Il giorno dopo eravamo già al lavoro, ovvero: mentre Luciano limava, rettificava, inchiostrava ecc., io mi ritrassi in un canto a leggiucchiare Riflessi e ombre (Adelphi, 2001), l’autobiografia in coppia di Buzzi e Steinberg che il mio socio mi aveva passato per impedirmi di combinare guai al torchio… rivivere le avventure di due svegli studenti di architettura negli anni 30, consumate tutte tra via Porpora, via Pascoli, piazza Gobetti – ancora a due passì da lì…
Rendemmo la lastra a malincuore, perché si sarebbe accompagnata divinamente al bitesto. Ma ostava la promessa… finché venne in soccorso Kierkegaard, di cui avevo tradotto per Rizzoli Prefazioni, raccolta di prefazioni a libri mai scritti, la cui stranezza lo pseudonimo Nicolaus Notabene (giovane sposo in crisi poiché la moglie non sopportava di vederlo scrivere in continuazione trascurando i doveri coniugali) motivava così: le ho promesso di non scrivere libri, ma come uno che abbia promesso di non tabaccare più può comunque collezionare tabacchiere, così io non scriverò libri ma prefazioni sì.
E dunque, ritraducendo: avevamo promesso di non cavarne copie, ma avevamo le prove, e con ciò il libretto andò da sé. Di mio, come sempre, ci ho messo il titolo.
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Cena al Club con Patrizia R.M.P.C.I. Come mangia divinamente gli spaghetti, ogni forchettata entra nella bocca senza quasi separare le labbra. Quando la forchetta esce, resta fuori solo un pezzetto di pasta che viene subito tirato dentro dalla lingua che appare un attimo come una deliziosa nurse rosa che tira dentro il portone della villa un ragazzino riluttante.
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Era lì, a pochi passi; ma nessuno dei viaggiatori sembrava accorgersi della sua bellezza. Probabilmente tornava da scuola, come tutti i giorni. In piedi sulla piattaforma, stringeva contro il petto la cartella, come uno scudo. Guardava calma davanti a sé, solo nelle fermate dava qualche sguardo a destra o a sinistra.
Ho cercato di incontrare quello sguardo. Niente mi attira tanto quanto uno spirito indipendente, quanto le persone che non hanno bisogno di nessuno, almeno di me. Non ci sono riuscito. La guardavo, dal marciapiede, per l’ultima volta; la porta cominciava a chiudersi. Allora, ritornato per un istante quello che dovrei essere sempre, tentai di risalire.
Troppo tardi: la spada del Corsaro Nero mi era entrata nel petto fino all’elsa.
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