Quando avevo sedici anni e mi innamorai della musica di LC, esibii con orgoglio ai miei genitori (entrambi insegnanti e grandi lettori) la traduzione italiana di “Belli e perdenti” e un articolo di non ricordo più quale giornale che parlava del “poeta canadese LC che era anche cantante”… potei dunque finalmente dire “anche i cantanti possono essere uomini di cultura” e la mia infatuazione coheniana fu accettata. Quando Simenon è stato tradotto da Adelphi, tutti si sono accorti che era un grande scrittore, e dal bancone dell’usato Maigret è trionfalmente transitato nel salotto buono di casa… siamo esseri umani, viviamo di etichette, scambiamo il pregiudizio per autorevolezza
(Giancarlo De Cataldo)
Ndr: Bob Dylan e Cohen hanno poco in comune. Cohen non lancia messaggi, la scrittura è completamente diversa, Dylan è diretto, ma sempre a testa basta. E’ caparbiamente sicuro della sua arte, ma sa con altrettanta sicurezza che i suoi ideali sono falliti. Questo lo rende il migliore di tutti. Cohen è sorridente, accondiscende al dolore, è molto più libero di Dylan nei testi. Dylan è portavoce di una generazione, Cohen ricerca ancora il suo tempo. Essere un cantante che poi diventa poeta è naturale, essere poeta che diventa forzatamente cantante è ricomporre la propria anima. A motivazioni diverse gli andrebbe dato un Nobel.
Era una bellissima Claudia Gerini che andava verso il mare e che poi ballava ad una festa di amici nel film “Non ti muovere” di Sergio Castellitto, ad accompagnare il primo ricordo che ho di Leonard Cohen e della sua musica. Era tutto così surreale, una festa ,il volto di un marito che stava lì in mezzo , nel vuoto. E tutti questi volti fintamente allegri e sereni erano accompagnati da “if it be your will” di Leonard Cohen, canzone fuori dal tempo, struggente nei cori e sacra nelle parole. Da allora la sensazione non è mai mutata : incantata e concentrata a chiudere gli occhi per allontanarsi dalla realtà o cercare altro. La ricerca di Leonard Cohen avvenne in realtà tempo prima, quando per distrazione passarono in tv il video di “In my secret life” (2001) e ricordo di allora un signore distinto e delle strane forme di persone e case. E allo stesso modo come per “if it be your will” rimasi così, nel pensare a quella musica come nel tenere un libro in mano e ascoltare quelle parole, come riprendere un vecchio libro oramai pieno di polvere o comunque qualcosa che ti appartiene da sempre.
La scoperta di Leonard Cohen fu un incanto e per dirla in breve non si può essere appassionati di Cohen in maniera superficiale: ne fai mani e dita da incrociare verso qualcosa di più grande di te o diventa quasi dannoso l’ascolto e la lettura. Lettura, perché chi ascolta Cohen dovrebbe anche leggerlo prima. O meglio vi trovate davanti ad un caso di rara bellezza , di uno scrittore senza eguali e pensate che questa bellezza ha dovuto sfigurarsi e sfregiarsi per farsi accettare dai comuni mortali. Nasce scrittore Cohen in quella Montreal( Canada) fredda e distante, in quella famiglia di origine ebraica da cui scapperà con la sua arte, vivendo quasi la morte del padre come una sostanziale libertà per poter scegliere del suo futuro, ma da quell’ebraismo Cohen non avrà mai il coraggio di spezzare le catene. Sarebbe stato obbligato, ma da un obbligo morale, a continuare nell’azienda tessile di famiglia. Un obbligo che poi si porterà dietro quasi come una colpa. C’è sempre un prezzo da pagare, qualcosa da scontare e da cui scappare. Cohen tira con violenza le sue radici verso di sé-ma non le ha mai strappate. Quell’ebraismo si porta come una croce sulle spalle e una corona di spine, che lo fa sanguinare, che gli provoca dolore, che pesa, ma che è l’unica cosa a dargli conforto, è l’unica cosa che lo rende prigioniero, schiavo perché- per il resto della sua vita si è liberato di amori e sofferenze, tutto sempre in ginocchio. Leonard Cohen nasce a Montreal, 79 anni fa , e come ha detto Lou Reed ” sono fortunato ad essere contemporaneo di questo uomo”. A 22 anni , nel periodo universitario pubblica la sua prima raccolta di poesie “Let us Compare Mythologies” 1956. Però perdonate non si può diventare Wikipedia, e magari oltre ad elencare i titoli come si fa come l’elenco delle spesa, sarebbe bello capire perché L. Cohen viene vissuto come una sorta di divinità e sarebbe ancora più importante iniziare a pensare a questo 79 come uno degli scrittori più “belli” del nostro Secolo. Ci si innamora sempre nella vita di qualcosa o di qualcuno lo stesso Cohen ha per divinità Federico Garcia Lorca, pensate la figlia di Cohen si chiama Lorca … Dello scrittore spagnolo Cohen apprenderà la sofferenza e il distacco, il dolore e la solitudine andando oltre il tutto. Ed è vera la citazione di Roberto Benigni quando nel film “la tigre e la neve” dice che per fare poesia una sola cosa è necessaria, ovvero “tutto”. La poesia in questione è ” Pequeno vals vienés” di Federico Lorca _”Take this waltz” di Leonard Cohen. In Cohen c’è il passaggio o la continuazione dal tutto al resto, per questo più volte tendo a sottolineare il concetto di perfezione. Dovesse capitare di leggerla prima quella di Lorca e poi di sentirla quella di Cohen. Per come è stata tradotta, per quanta musicalità sofferenza e estensione verso l’infinito ci sia in quella canzone è come avere davanti agli occhi un panorama bellissimo, il mare (la poesia di F. Lorca) ma che ancora non aveva la linea dell’orizzonte, beh quella è stata data a questa poesia da Cohen…la sua voce, la musica (perché qui musicalmente è veramente estensione di anima completa) sono quella linea perfetta di orizzonte ed è tutto bellezza. La poesia in questione è ” Pequeno vals vienés” _”Take this waltz”. Come scrittore Cohen è tutto, come cantante è perfezione. E’ unione (poesia) e distacco(musica) insieme. E’ viaggio sospeso in orizzontale, è lo spirito carico di bellezza che lo porta lontano dal freddo Canada verso il sole del Mediterraneo. Mediterraneo a cui Leonard Cohen sarà sempre legato. Si trasferirà a Hydra, isola “magica” della Grecia, perfetta per i silenzi, i rumori solitari del mare, e di quelle foto che ritraggono Cohen su terrazzi a fissare l’oltre. La cultura ellenica farà di Cohen uno scrittore tanto appassionato, tanto ardente nel bruciare quanto malinconico e distaccato nel rimettersi il cuore in petto. Se come cantante Cohen potrebbe risultare ai molti lento e sacro,(che sarebbe già tanto) come scrittore andrebbe studiato e portato nelle scuole per questa sacralità che dona ad ogni parola anche la più squallida. Per quel senso di tempo e spazio e di ricerca infinita verso quella perfezione spirituale che un ebreo compie durante la sua vita: “il libro del desiderio” raccoglie attimi sconfortanti di felicità, sconfortanti perché la felicità non dura mai in eterno e si è sempre impreparati e quando ci si accorge di averla è oramai passata.
Passiamo ad un’altra raccolta di poesie, “Parassiti del Paradiso”, uscita nel 1966 e presentato in Italia nel 2011. Ma questo lasso di tempo vale sempre la pena per le poesie di Cohen, qui potreste trovate e trovate quell’amore romantico che muore e risorge ad ogni tramonto, quella passione che dura per sempre nella testa ma che il corpo non ha più motivo di portare avanti. La scrittura di Leonard Cohen è il rapporto con se stessi. Quella solitudine perfetta che ti apre gli occhi davanti alla forza della parola. E’ come avere la sensazione della morte o del paradiso in ogni caso sempre si arriva da qualche parte, e sempre da soli. Onestamente nonostante abbia fatto uso di qualsiasi tipo di sostanza, di aver sofferto e soffrire di depressione nei suoi libri compare talmente tanta bellezza e tanta ricerca che la frase di una sua canzone “Anthem” lo fa diventare una lente di ingrandimento su tutto “C’E’ UNA CREPA IN OGNI COSA MA E’ DA Lì CHE ENTRA LA LUCE”. “Il gioco preferito” è un libro , è come un bacio, sfuggente, ingannevole, eterno ma destinato a finire. Il romanzo “Beautiful losers” di morte, di vita e amore. Che sembrerebbero tematiche banali, ma potreste mai pensare che l’amore è tutto tranne che sofferenza? E qui si collega il Cohen scrittore al Cohen cantante “True love leaves no traces”.
Non esiste l’amore perfetto, ma la perfezione nell’amore sì. Non ci sono incidenti, non ci sono ferite, se è amore. Non è vero che per amare bisogna essere in due, si forse numericamente, ma quelle due persone diventato una cosa sola. E Cohen nelle sue poesie, nei suoi romanzi ha ricercato talmente tanto l’amore da esserne diventato libero. Per quanti amori straordinari, ordinari, cattolici e profani abbia potuto incontrare, vivere, scrivere non c’è traccia in lui della perdita ma solo del distacco. Troppo dolore e l’andare via. Lui arriva alla perfezione, perché non troverete mai un cantante o uno scrittore che descrive il passaggio dalla sofferenza alla gioia con la stessa facilità con cui si toglie e si indossa un cappello. Come quando ti innamori e vivi in funzione di quell’amore. Ma leggendo Cohen capisci che se l’amore ti rende libero, la solitudine ti rende forte. E non vuol dire che queste due cose non debbano stare insieme, anzi. Trovare la perfezione in se stessi è trovare la bellezza negli altri. In Cohen è tutto un trasformarsi in una bellezza eterna senza andare lontano. E non si è mai accontentato di quello che intorno poteva sembrare regolare, “In my secret life” narra di mentire e barare, di sorridere quando è arrabbiato. Ma di sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Che nessuno si interessa se le persone vivono o muoiono, che qualcuno ti farà riflettere sul fatto che è tutto bianco o tutto nero. Beh “nella sua vita segreta” non è tutto così semplice e nonostante il suo cuore sia affollato è ghiaccio e freddo. Una cosa di Cohen scrittore è che riesci a comprendere che il momento migliore, la perfezione che ognuno di noi cerca, spiritualmente parlando , non ha il nome di felicità ma è un insieme di tunnel bui dove diventerai claustrofobico , avrai panico e sentirai il dolore. Ma quel dolore è il mezzo per comprendere la luce anche quando ti diranno di tenere gli occhi chiusi. Che sia concessa ultima cosa: mi pare tanto strano che le persone non riconoscano più la bellezza.