Duro,
Levati il cappello, non vedi che per il resto sei nudo.
A lui piace andare in giro nudo con il cappello in testa. Testa di legno, testa dura, non sei una verdura, un cetriolo, una zucchina, una arancione carotina, sei piuttosto, un manichino in vetrina.
A lui piace farmi ingelosire, mostrare la sua testa pelata, la sua faccia rasata con epilady. Un ignobile ricatto ogni mattina.
Sembro solo io vederlo. Insolente aspetta che io esca dal portone, mi spia dalla vetrina. Sta seduto nudo con quel cappello in testa. E’ ridicolo. Poi esce e mi cammina dietro, come fossi solo io a vederlo. Accelero, accelera, diminuisco il passo, diminuisce il passo, alla fine mi affianca nudo e con il cappello in testa, io sono vestito di tutto punto e non ho voglia di comprarmi un cappello. Il mio sogno è di sbarazzarmi di lui, magari con una bella sberla, oppure mollargli la mia ventiquattrore in faccia. Invece stringo i denti, faccio finta di non sentirlo, mentre lui fischietta le sue marcette militari trionfali. Mi sorride duro per ben due isolati, girato due volte l’angolo è sparito.
A volte mi giro a guardarlo, a volte torno indietro davanti al negozio e me lo trovo, siede nudo, con una mano si tiene la testa, meglio si tiene la falda del cappello, come un gesto di sfida, in realtà gli piace farsi ammirare, sbavare, somatizzare perché non è niente altro che un manichino in vetrina.
Ho una mia teoria in proposito, se faccio finta anche io, come tutti gli altri, di non vederlo, che non esista, alla fine si stancherà di questo stupido gioco. Ho tentato, non mi si può accusare di non aver tentato. Apparentemente non è difficile, non è difficile far finta di non vedere le cose sgradite. C’è chi non vede il barbone afflosciato dentro un androne di un portone; c’è chi non vede sgretolare la propria famiglia dentro un pozzo di bugie; c’è chi non vede la borsa andare giù ed il proprio malumore salire su; ebbene io avrei ben potuto non vedere quel tronfio, muscoloso, calvo uomo, con il suo pisello al vento, vantarsi di quando il mondo marciava spedito, perché c’era lui, si c’era lui altrettanto tronfio, muscoloso falso, calvo uomo, con il suo pisello al vento. Io potevo bene non vedere quel cappello che ogni tanto cambiava per mostrarmi un altro berretto, di ben altre fattezze. Io potevo bene non vedere di come erano tornati sani e salvi al governo e di come si vantavano di aver risolto il problema dell’immondizia di Napoli. Facile basta mettersi d’accordo con la camorra locale e trovare un sistema per spedire, magari in Libia, file interminabili di camion di immondizia nostrana. Tutto si può comprare, soprattutto di questi tempi. Io infine potevo bene non vedere come non c’è giorno senza notte, non c’è sole senza luna, non c’è amore senza lotta ed arrendermi definitivamente all’oblio nel migliore dei casi.
Non mi arresi.
Poi una mattina mi ha fermato. Una mattina di settembre, leggermente umida, una mattina in cui riaprivano le scuole e i nostri bambini si dirigevano con il grembiulino nuovo a far la conoscenza con la nuova, unica, maestra, una mattina in cui si sarebbe deciso il futuro della nostra flotta aerea, dopo giorni di faticose ed instancabili trattative. Mi sentivo particolarmente strano, quella mattina, strana la sensazione con cui mi ero svegliato, strano il caffè preso in piedi in cucina, strana la mia ventiquattrore particolarmente pesante quel giorno, strano il fatto che se pur vestito di tutto punto non mi stavo dirigendo in ufficio, strani anche quegli occhiali da sole, solitamente non li sopporto e poi il tempo era decisamente brutto. Una estate buttata a cercare di capire cosa stesse esattamente succedendo e perché anche un certo tipo di persone cominciavano a dire ha fatto bene, non se ne poteva più, questo è il governo del fare, non c’è opposizione… ed un altro tipo di gente, più simile al mio amico manichino iniziava a sentirsi più tranquilla, sicura, aspettando la prossima mossa che il governo avrebbe fatto, di sicuro una mossa sorprendente, che avrebbe risolto con audacia e determinazione quell’altro problema, e poi ancora un altro. Sembrava quasi che i problemi venissero creati, come uno spettacolo da circo, con tanto di suspence e fiato sospeso, quasi irrimediabilmente impossibile risolverli, e poi il miracolo grandioso.
Stupore e riconoscenza nella popolazione italica tutta.
Poi quella mattina mi ha fermato. La prego signore ho bisogno del suo aiuto, mi ha detto compito.
Resisti ho pensato, non dargli ascolto, tira avanti per la tua strada, non dargli soldi, non dargli attenzione. La prego signore ha continuato, ho un bisogno disperato di ananas…
Gli ho dato ascolto. Adesso gli dico di coprirsi il pisello con il cappello e poi magari possiamo anche parlare. Mi sa leggere nel pensiero perché mellifluo e vergognoso si cala il cappello sul pisello. Mi viene da ridere, ma mi trattengo, camminiamo insieme, io davanti, lui al fianco, un passo indietro, non è facile penso camminare con un cappello messo sul pisello.
…Tozzo
L’uomo del Monte ha detto no e non si trovano più ananas ai mercati generali…
Ci sono andato ?…. Certo che ci sono andato.
Decisamente mi legge nel pensiero. Il mio amico manichino è anche un preveggente, meglio forse lui è semplicemente un populista e quindi legge nel pensiero della gente, sa quello che la gente vuole da lui, quello che la gente vuole sentirsi dire, ancora meglio il mio amico manichino crede di sapere cosa sto pensando ed io glielo lascio credere. Deve aver preso coraggio perché ha trovato l’andatura giusta e prosegue nel suo discorso manicheo circa i mercati generali.
C’erano montagne di banane verdi di bile dieci e lode, …
C’erano le cascine del sole distrutte da una improvvisa tormenta di neve, …
C’erano anche le organizzazioni valfrutta ti da una mano, ho cercato anche con loro, ma l’Uomo del Monte ha detto no e se lui dice no puoi star certo che è no!
Terribile deve essere proprio terribile questo uomo del monte. Intanto siamo passati al tu. Questo vuol dire che si mette al mio pari e questo mi disturba, perché tra me ed il mio amico manichino esiste una distanza tale che non è né facilmente superabile, né tanto meno si può pensare di far finta che non esista, esiste eccome. Decido di passare al tu anche io e di parlare ad alta voce.
E’ inutile con questi manichini fare i garbati e tenere un livello di buona educazione, tenere un livello di conservazione civile e pacificatoria. Questi manichini bisogna trattarli con la stessa eleganza con cui loro trattano noi, questi manichini, soprattutto se in vetrina hanno bisogno di un linguaggio semplice capace di intenderlo, senza inflessioni di ironia, sono manichini ignoranti, ma permalosi, soprattutto quelli in vetrina, e come se non bastasse oltre ad essere ignoranti e permalosi, come tutte le specie semplici, capiscono perfettamente quando stai barando, leggono nel pensiero e non sopportano una tua eventuale superiorità di tipo intellettuale. Per questo rinnegano la cultura e le capacità intellettive, dando vita ad altri manichini tutti muscoli, calvi, con dei crani che risuonano come zucche vuote. Ma andiamo avanti e cimentiamoci in questa conversazione alta ed ad alta voce.
Ma poi sei così sicuro che ti servano proprio ananas? E’ la mia voce, ma è una voce diversa, è bassa, quasi roca, trattengo a stento l’impulso di dargli un pugno su quella bocca fetida che puzza di aglio.
Eh, si signore, mi creda, l’ha detto Gabriela …
Eh beeh, se l’ha detto Gabriella, allora …
Gabriela signore, con una sola elle …
Ma chi bufalo è Gabriella? Anzi scusa Gabriela con una sola …elle
Gabriela è la mia insegnante e terapista della riabilitazione motoria ed è del segno del sagittario e non è del bufalo. Gabriela è tedesca.
E a te i tedeschi piacciono vero?
Sono stato perfetto, immaginatemi, nessun falso stupore nella voce, una voce che rimane roca, ma si alza di un tono, non complice della sua affezione ai tedeschi, ma neppure decisamente contrario nello spirito di buona collaborazione tra i popoli.
Mi segue in palestra, tutti i giorni, da qualche giorno ho un osso gonfio e Gabriela mi ha detto che lei non può farci molto e che se non si sgonfia devo mangiare ananas fresche…
Capisco, ma non hai risposto alla mia domanda amico.
Quella se mi piacciono i tedeschi? Penso di si signore, è gente inquadrata loro, che non ti lascia mai solo direi… Gabriela è una buona fisioterapista, è questo osso che non vuole rientrare. Vede?
E mi mostra il suo osso di plastica, in realtà si è disarticolato il ginocchio dalla parte della gamba. Si è dovuto fermare. Per mera cortesia mi fermo anche io.
E’ una vista insopportabile. Un manichino calvo, con sopra il pisello un cappello e con un pezzo di gamba in mano.
E’ sempre andata così. Non capisco perché gli ho dato ascolto. Dovevo tirare dritto per la mia strada. Credo che ci sia da parte loro una grande invidia nei nostri confronti, e quel malcelato senso di superiorità in realtà altro non è che ignoranza ingorda, altro non è che incapacità di credere in se stessi, quando c’è tutta quella meraviglia a ricordarti che tu non ne sei capace. E allora la voglia di prendersi tutto è unica ed irripetibile.
E’ sempre andata così dai popoli antichi fino ai giorni nostri, ribaltando a volte gli emisferi di competenza. Me la immagino fisicamente, l’invidia dei Romani nei confronti dei Greci, e poi quella dei Barbari nei confronti dei Romani e poi … e poi, me la immagino fisicamente, l’invidia dei Tedeschi nei confronti degli Ebrei, ecco gli Ebrei non invidiano nessun altro popolo, perché loro sono eletti e quindi non c’è nessuna recriminazione, ma si lamentano, caspiterina se si lamentano, d’accordo che hanno di che lamentarsi, ma quando c’è stato da agire ed evitare pubblicamente che un manichino con la croce celtica al collo, con smanie alpinistiche e la capacità di un pagliaccio ridente e sornione, senza nulla togliere ai pagliacci, di salire al colle di Roma ed ammirare la sua conquista, entrare in luoghi consacrati alla cultura e farne mercato del pesce, caspiterina dove erano i saggi e i dotti, dove erano andati a finire quella stirpe che tanto ha patito dalla stirpe del manichino. E perché anche adesso non si fanno sentire.
Ci sono tanti modi di farsi sentire.
Manifestare pacificamente, manifestare arrabbiati, lottare clandestinamente, lottare pubblicamente, soffiare rancore, screditare pubblicamente.
Ci sono tanti modi di farsi sentire ed essere per una volta ascoltati. Gestire il potere economico che si esercita, ma senza sotterfugi e rinunziando a qualcosa. Non ti do il finanziamento, non ti concedo credito, non mangio i tuoi prodotti avariati, ma mi mangio i miei, della mia terra, sottoposti al vaglio del rabbi, non ti concedo spazio, non mi interessa cosa mi offri di tanto succulento, io non ho bisogno di te, sei tu che hai bisogno di me e di quello che rappresento. Quando il potere economico fa questo la gente capisce, ed a volte anche se povera, fa lo stesso, segue l’esempio, forse se è povera è costretta a farlo ma nessuno di loro dirà “eh parli facile tu, hai tanti di quei soldi che puoi fare a meno di loro”, no non lo dirà perché il potere economico avrà rinunciato ad entrare in affari con quell’altro potere, il potere dei manichini e dei pagliacci. Il potere economico, se pur di un gruppo ristretto, avrà denunciato pubblicamente quei balordi senza torcergli un capello. E allora appariranno per quelli che sono, solo manichini in vetrina.
Vede, signore?
Certo che vedo ed allora ti sputo l’osso, perché capisco che anche tu hai visto il mio sguardo e so che ora non posso aspettarmi niente di buono da te. Quindi decido di attaccarti sul tuo stesso piano.
Vedo, vedo che diventi ogni giorno sempre più tozzo, non muovi più un passo senza Gabriela da un elle sola, sei sempre dentro la vetrina seduto, a pensare se hai il muscolo tirato, accertarti di non essere sudato.
No, certo hai solo l’osso gonfio e Gabriela dice che per farlo sgonfiare devi mangiare ananas fresche.
Usa la testa fatti invece una pesca, la pesca è nostrana, tipicamente italiana.
Se ne trovano, se ne trovano, te lo posso assicurare, se prendi un treno e arrivi a Fondi ti tirano pesche alla stazione.
Metti il dito sull’interruttore, la mano sul termostato, il piede sull’acceleratore.
E’ il momento di usare la testa e risparmi energia
e Torrido
E’ una estate torrida questa estate.
Ci sono pesche in abbondanza, invece in Brasile piove.
Cosa c’entra il Brasile?
Continua, non fermarti, l’hai in pugno, hai tutta la sua attenzione, l’attenzione di un manichino in vetrina.
C’entra eccome amico, la tedesca ti vuole spedire in Brasile alla ricerca di ananas. Ma ha uno scopo ben preciso: pelato sei, duro pure, tozzo anche, ti manca solo un addestramento militare tipico, qualche scalata, qualche nozione di chimica e soluzione finale, e sarai il nuovo Uomo del Monte, pensa avrai tutte le ananas che vorrai, ma la tedesca non starà solo lì a guardare e a bearsi della tua felicità, vorrà saldare il conto e sarà un conto salato credimi. Troppo difficile da capire?
Ecco che si gratta, in immenso stupore, la testa pelata, poi un sorriso cattivo affiora da quel volto vuoto.
Mi spieghi meglio signore. Mi sta dicendo che Gabriela mi manovra e si sta prendendo gioco di me?
Adesso lo frego, ecco adesso lo frego.
Beh si credo proprio di si. Ma non pensare che non ti voglia bene, è costretta a farlo, ha bisogno di te, della tua forza, della tua bellezza e del tuo desiderio di migliorare. Ti può mostrare come la sua opera meglio riuscita, sei il suo salvacondotto per entrare nei salotti, nei salotti della buona società.
Ma io non frequento i salotti buoni, frequento solo palestre …
Sei proprio duro, tozzo e torrido! Certo hai ragione, ma i salotti buoni li frequenta lei, sarà lei a portarti nei salotti buoni e mostrarti come il suo prodotto, quando ti avrà plasmato per benino ti mostrerà come si mostra la trota da dieci chili appesa all’amo.
Oppure vuoi questo? Essere duro, tozzo e torrido. E se poi ti mettono giarrettiere e parrucca bionda? Che fai? Accetti? Accetti! Lucido, cosciente del tuo delirio, pronto a immolarti per la causa. Certo, certo, ho capito.
No signore, si fermi, finalmente ho capito. Pensi che proprio Gabriela mi ha chiesto di seguirla, di osservarla, di farle sapere se lei facesse mosse strane. Quali erano le sue abitudini. Mi ha detto che lei è un tipo pericoloso. Così mi sono messo nella vetrina davanti a casa sua. Praticamente l’ho controllato dalla sera alla mattina. E lei non fa quasi nulla di strano.
E che pensi di fare adesso?
Vado da Gabriela e mi ritiro dall’incarico, lei è una brava persona e non merita un trattamento del genere, anche se non ho capito tutto quello che ha detto.
Basta tutto qui?
Eccolo che torna quel sorriso cattivo, lo sguardo si fa torvo, come un uccellaccio del malaugurio deturpa quel viso in un smorfia di stupida invidia.
No, non basta signore, farò in modo che si pentirà, Gabriela intendo, per tutte le volte che mi ha preso in giro…
E come pensi di agire? Incalzo. Mi guarda non lo sa neanche lui. Ci guardiamo poi mi batto una mano sulla coscia e comincio a ridere.
Furbescamente ride pure lui.
Ho una idea. Ascoltami. Gli sussurro all’orecchio una serie di dolci parole, lo infiammano, ride, si schernisce, alla fine accetta.
La mia camicia, la cravatta, il pantalone, un bel paio di occhiali da sole, la mia ventiquattrore pesante. Mi prendo il suo cappello. Torno verso casa e mi metto nella vetrina. Lo vedo arrivare, tutto sommato se la cava.
Gira l’angolo ed entra in un portone prossimo al mio.
Passano alcuni minuti poi l’esplosione fa tremare anche la mia vetrina.
Ci sono una infinità di colori, spruzzate di colore colano dalle pareti dell’edificio. Gabriela dormiva ignara presumo. Lui aveva le sue chiavi di casa. Ha fatto solo attenzione a non far troppo rumore, salendo le scale.
Torno a casa anche io, mentre in strada una moltitudine di gente comincia a fare capannello, non mi sono mai sognato di fare il rivoluzionario, né di fare l’eroe ed immolarmi per la causa, non mi sono mai sognato di essere nel giusto e tutti gli altri nel torto, ma nemmeno il contrario.
Dalle pareti della casa di Gabriella colavano colori, sono sceso anche io in strada, vestito di tutto punto e anche io puntato il naso all’insù, come tutti gli altri, sono arrivati, polizia, giornalisti e fotografi.
Del mio amico non si è saputo più nulla, pare che sia deflagrato insieme a tutte le bombolette di colore.
Le strisce di colore colanti dicevano: Via gli stranieri tedeschi dai nostri quartieri. Mangia patate di merda lo volete capire o no che voi in Italia non potete stare?
Certo la forma italiana non era perfetta, non c’era nemmeno la rima, e vista così la scritta colante non sembrava neanche tanto offensiva.
Comunque pare che nessuno si sia fatto male, ma da quel giorno le cose sono cambiate e non di poco.
Gabriela con una elle sola se ne è andata. E’ andata ospite dalla sorella in Svizzera, pare che da quelle parti siano meno xenofobi di noi.
Gli altri stranieri rimasti in città si mostrano meno arroganti, diciamo che se ne stanno al loro posto per il momento.
In tutto lo Stato c’è stata una sommossa silenziosa a botte di bombolette spray e di colori colanti dagli edifici. Sono state attaccate anche le palestre dove si formavano le nuove generazioni di manichini, non se ne vedono più tanti in giro.
Sparite le croci celtiche appese al collo come Marie della misericordia.
La cucina kosher va molto di moda e in tanti se ne vanno a comprare carne controllata e dalle notizie dei telegiornali, pare che siano diminuite le allergie nei bambini.
Non siamo più sicuri e meno spaventati di prima, ma qualcuno comincia a sorridere ed ad apprezzare le nostre città colorate, colorate di tutti i colori che la natura ha voluto.
Ci sarà pure un motivo di tanti colori.
Maria Caterina Prezioso
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Maria Caterina Prezioso è nata a Roma nel 1961.
Il 4 agosto del 1974 era sul treno Italicus Roma-Brennero, nel 1984 si laurea in scienze politiche, nel 1994 incontra la danza e il suo sorriso, nel 2004 scopre che il romanzo di George Orwell, “1984” (scritto nel 1948) il titolo è stato ottenuto invertendo le ultime due cifre dell’anno della stesura, nel marzo 2014 per la rivista Satisfiction esce un suo racconto inedito in ricordo di Lucio Dalla.
Autrice di poesia, teatro, narrativa:
Poesia: Nelle rughe del muro (Ibiskos 1991).
Racconti brevi: Il gioco n. 33 (il Ventaglio 1993).
Drammaturgia: La risposta di Leonardo teatro-danza (coautrice Giuliana Majocchi)-(il Segnale 1996);
La stanza – la festa dei Tuareg (Titivillus 2004).
Narrativa: Il Colpo (peQuod 2008) racconti;
Cronache binarie (EDE 2011- ebook EDE 2013 – cartaceo)
Blu Cavolfiore (Golena edizioni 2013)
Ha collaborato con il settimanale Avvenimenti, le riviste di cultura e cultura teatrale Exlibris, Primafila.
Attualmente collabora con le riviste Satisfiction e Read-Mi Italia.
Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati su riviste specializzate (Storie, Omero, In-Edito, TutteStorie, EllinSelae); nel 2013 sono usciti due suoi racconti nel progetto Antology Vol. 1 di Tap Town di Six Rules (Fino rigo, 14 anni dopo e Pesciolina dotta)