Abbi Fede e’ solo morte.
L’altra mattina mentre ascoltavo Cohen ho chiesto ad alta voce di avere un Tempio per poterlo venerare. Non è una questione di ossessione. Dipende da quanto la musica sia stata salvezza nella propria vita. Non ho una fede, ogni tanto sono “costretta” per il ben pensare della gente ad entrare in Chiesa, mi appoggio sempre con una spalla a qualche colonna, poi mi viene da guardare quell’uomo in croce, e ci parlo. Glielo dico sempre che “mi dispiace non avere fede, mi dispiace , ma guarda intorno che hai fatto”. Guardo la croce, penso ai chiodi, al dolore. Mi dispiace non avere fede. Mi dispiace proprio. Davanti al dolore poi mi piacerebbe inginocchiarmi.Ma dentro a quei luoghi non ho più niente, mi dispiace e basta, mi dispiace anche per me. Ho solo rispetto ed entro lì come se non fosse casa mia. Non volto le spalle mai alla croce. Eppure quando avevo all’incirca sei anni , mi inginocchiavo sempre sul balcone di casa, la sera guardando una stella ( chissà perché poi nella mia testa pensavo che Gesù fosse una cosa che brillava, che dava luce) e recitavo queste parole che mia nonna mi faceva ripetere sempre e che a me piacevano “Gesù, Giuseppe e Maria siate la Salvezza dell’anima mia”. La salvezza dell’anima mi piaceva, come concetto intendo. Chissà allora che pensavo cosa fosse l’anima…con gli anni non sono cambiate tante cose, anche se inginocchiarsi per amore e devozione ha un senso ben diverso rispetto a quando ci si inginocchia per dolore . La gioia non è mai equiparalabile alla disperazione – E il dolore di chi sta per terra è sempre misurato dalla perdita della gioia. La mia fede invece è stata al contrario, più ho avuto gioia più mi sono inginocchiata. Ma questo è discorso a parte, prima della venuta di Leonard Cohen. Non né scriverò più, sarà l’ultima volta perché se dovesse fare un nuovo album non potrei recensirlo. E’ come per un cristiano devoto scrivere di Padre Pio e dei suoi miracoli. Non lo so, non credo sia più il caso. E’diventato talmente intimo come argomento che non ho paura a considerarlo la mia fede. Non ci scherzo più ormai. Gli devo attimi di purificazione interiore, gli devo momenti di gioia raggiunti con un tunnel di dolore che sembravano senza fine. Gli devo la salvezza della mia anima, gli devo ora anni che non ricordavo di aver vissuto e cicatrici che non avevano nessun senso a trenta anni. Gli devo un raggiungimento mentale di pace con me stessa che a parole nemmeno riesco a spiegare. Gli devo un senso della scrittura altissimo, la cura . Gli devo i miei momenti di rabbia offuscati da quelli lucidi.La mia tristezza gli devo e i miei malumori oltrepassati dalle sue melodie. Ecco perché L. Cohen mi dà la gioia. Gli devo lo stacco finale dalla cosa giusta a quello che sarà sbagliato. La rinascita e anche nel buio , nell’oscurità delle sue parole io trovo e sento solo luce. E’ uno star male fisico, ma è una male/gioia fisica che mi attraversa. Più o meno come quando si fa l’amore con la persona amata. L’anno scorso al concerto dalla gioia mi sarei anche buttata dagli spalti ( e sono seria). Quasi che avessi visto e sentito tutto della vita. Ho avuto i crampi allo stomaco dalla felicità: era Amore, quello è amore per me e non l’ho avevo mai provato prima . Esiste sempre qualcosa di superiore a noi, e se Cohen è il mio tramite verso qualcosa io sono contenta. Non so cosa ci sia dopo, ma non ho paura. Si, torno ad inginocchiarmi davanti alle sue parole. Per cui l’ultimo omaggio è il racconto in ginocchio, una preghiera, una scrittura a mani giunte , un racconto esterno dell’ultimo dolore attraverso Morte di un casanova,libro di poesie, di distacco, di violenza, di amore e pace. E dove poggio la mano sinistra sopra la copertina a sorta di conforto. E’ stato come passare una intera giornata davanti allo specchio e togliersi tutta la pelle e vedere che quello che c’è sotto ci piace di più di quello che in realtà lasciamo apparire solo per paura. E’ passata una giornata in cui davanti allo specchio credevo di non avere più un peso, tanto era il dolore.
I fatti narrati non sono reali, rimangono fedeli il dolore, le cicatrici e ovviamente le parole a confortare dolore di L. Cohen. Sto mettendo insieme tutti i frammenti del libro che ho fatto a pezzi.
” Lo aveva conosciuto di bianco. Ed era tutta armonia. Gli appariva come un angelo e aveva i modi di fare di un angelo. Non che lei sapesse cosa fossero gli angeli. Ma di sicuro era qualcosa di leggero, che non aveva peso e che nel toccarla sarebbe stato solo uno sfiorarsi. Ed era lì la bellezza. Era lì la serenità. Non si sarebbe mai staccata da lui. Finalmente poteva essere debole ” .
L. Cohen – ( Evita gli svolazzi. Non avere paura di essere debole. Non vergognarti di essere stanca. Sei bella quando sei stanca. Sembra che sia in grado di andare avanti per sempre. Adesso vieni tra le mie braccia. Tu sei l’immagine della mia bellezza ).
“Aveva sul corpo cicatrici. Una sul braccio sinistro, sulla gamba sinistra e l’altra in fronte. Ma non aveva vissuto i dolori. Non si era concessa lacrime. Davanti a lui invece le cicatrici ricominciavano a prendere colore, come se la vita le stesse donando una seconda opportunità. Se non riconosci il dolore non riconosci la gioia. Piano piano rivedeva il sangue, piano piano aveva anche voglia di piangere. Quello che non le era stato concesso davanti a lui ebbe la sensazione di potere. Tutto il passato in mezzora : una volta cadde e trattenne lacrime per non dare pensiero a casa, quando invece era volata in mezzo alla strada e aveva un buco nel ginocchio. La seconda volta una lama ( che doveva togliergli il gesso) gli passo il braccio e il dolore fu talmente tanto che non ebbe modo di provarlo.E invece dentro impazziva, ma non trovò altro modo che il silenzio per raggiungere il dolore più acuto.Un’altra volta sempre allo stesso braccio tolse il gesso dieci giorni prima. Il suo braccio rimase immobile per un giorno.La sensazione di non averlo più fu terrificante. La cicatrice in fronte invece era di una rincorsa a quattro anni verso un palo del balcone : cadde a terra e dopo ricorda solo i punti. Quando lui se ne andrà saranno tutte le cicatrici finalmente vive, a ridare dolore “
L.C. (Mi lussi la spalla mentre chino il capo in preghiera. Assisto alla distruzione di un papavero color malva in piena fioritura…Venerami qui, dice il Signore due anni dopo. Il mio mondo è uno solo . ..Tu non dovresti stare qui. Non dovresti cercarmi . Questo è il lato povero del silenzio. Questo è il rumore bianco di un elettrodomestico abbandonato. Questa è la prigionia ).
“Ma era completamente disabituata alla serenità, mentre lui sorrideva. Le ore passate con lui erano la sensazione di calpestare il mondo. Lui non lo sa, ma lei si terrà in tasca quel sorriso. Intorno al cerchio perfetto che non era un cerchio. Tutto le passava accanto, anche i rumori delle auto erano allora lo sfondo di una perfezione destinata a non durare. Era estate.Ma non era un’estate qualunque. Era tutta l’estate di tutte le estati passate. Lei aveva il desiderio di tutte le notti ma possedeva la rabbia facile di chi credeva di non avere niente da perdere,perse tutto invece”
L.C. (Alla fine ho trovato la donna che cercavo. E’ estate. E’ l’estate che aspettavo…Se non fosse per la paura di perderla non ho di che lamentarmi. Non mi è stata negata la misura della bellezza…bellezza e amore mi sono state concesse sotto forma di donna)
“Teneva l’amore in un pugno di rabbia. Non voleva ma era più forte di lei. Amava di lui anche la camminata storta ma mai lo accolse col sorriso , sempre sottolineando il difetto, per quel modo poco aggraziato di essere debole. Però lei lo prendeva per le spalle per toccarlo, sperava che il gesto fosse superiore alle parole . E invece no, non si può amare qualcosa o qualcuno solo con un abbraccio. Bisogna scandirle bene le parole, e non addirittura cambiarne il senso per poter arrivare a quel preciso significato. Partire dal male per arrivare al bene. Perché non riusciva a partire dal bene per rimanere al bene? Eppure , in quel momento ,quando lo vedeva arrivare verso di lei , lei lo venerava. In quel momento si sarebbe anche inginocchiata per ringraziare qualcuno di quanto fosse bella quella sensazione del suo venire verso di lei “
L.C. ( Adagio e amaramente ho sposato il suo amore…adagio sono venuto da lei. Adagio e con rancore sono venuto al suo letto.Sono venuto alla sua tavola per fame e per abitudine sono venuto a farmi nutrire. ..adagio mi sono inginocchiato. E adesso siamo feriti così a fondo e con tale perfezzione che nessuno può più farci del male tranne la morte in persona. E per tutto il sogno della Morte io mi muovo con le sue labbra.Il sogno è una notte ma eterno il bacio)
” Più si avvicinava a lei, più le cicatrici ritornavano al sangue. Ma era contenta di sapere cosa fosse il dolore. Finalmente sì. Ma da quei baci e dal quel sorriso doveva scappare, era la stessa sensazione imposta dentro a sé come quelle lacrime che non dovevano uscire. Iniziò così un monologo fra due persone che non avevano nulla da dirsi ormai ma che si incontravano senza una ragione definita, e in mezzo stava la rabbia. Lei era la rabbia, quella violenta , lei sapeva benissimo che così se ne sarebbe andato .La prima volta che se ne andò il buco al ginocchio ricominciò ad aprirsi e la ferita a rivivere. Lei piano piano invece moriva “.
L.C. (Tu sei un morto che mi scrive una lettera. Hai vicino gli occhiali da sole sul tavolo quadrato ….ciò che vuoi dire è che sei morto di speranza, morto di primavera, morto del colibrì sfocato,morto del desiderio di brillare di nuovo nei dettagli del passato …e sei legato alla tua morte della speranza di scivolare via da sotto la tua morte e poi di alzarti e brandire una cicatrice nel palmo della mano come un invito alla prossima ordalia) .
“Disintegrava tutto. Lo aveva davanti e se lo era lasciato scappare. Non era andato via. Lui era scappato. Ed ogni giorno come fosse quel giorno ridarebbe venti anni indietro della sua vita, per di non mostrargli le sue braccia conserte e abbracciarlo. E invece no, tutta la vita in quel gesto immobile. Quel giorno fu la stessa sensazione di aver perso l’uso del braccio sinistro. Iniziò a crollare, la “casa” che aveva costruito era talmente forte che nemmeno lui era riuscito ad abbattere le mura. Le fessure sì però, da qualche parte qualche crepa era nata e lei aveva sperato fino alla fine che quella luce entrasse”
L.C.(C’è uno stato d’animo in cui Beethoven è troppo rumoroso, e Bach troppo saggio, e il silenzio troppo perfetto per un cuore sporco come quello che mi batte in petto, ma mi consolo con il motivo cigolante dell’organetto che suona invano colei che inseguo giorno e notte per un capriccio d’amore e con le speranza di un giocatore d’azzardo.Le lacrime stanno arrivando ma il kleenex è troppo a portata di mano per farne una grande occasione. Leggo e rileggo il brano, compiaciuto che il poeta si sia impegnato tanto a non toccarmi. Se solo io avessi toccato lei con la stessa delicatezza, forse adesso non sarei seduto qui).
“Lui scapperà dalla vita di lei all’incirca due settimana fa o forse anche prima. Tornando a casa lei ogni giorno si ripete sempre “che cosa ho fatto” e se avesse più coraggio si toglierebbe la sua immagine dallo specchio. L’altra mattina camminava per strada e ad un tratto pensando a le parole di lui si era toccata un ginocchio, aveva fatto le scale di corsa e invece di tenere tutto dentro era crollata. Ripensando ai suoi abbracci, alle sue mani , alla sua pazienza e a tutta la dolcezza di quei giorni decise di tenere il gesso tutti i 30 giorni, dopo il braccio sarebbe tornato come nuovo. Lui le aveva ridato vita dove non c’era , attraverso il dolore passato di lei. Ha perso la sua parte migliore dentro di lui. Ecco perché tutta questa rabbia. E abbraccia un cuscino alla ricerca di un profumo che guardando intorno non sente più- Ogni tanto dove le capita, forte , sbuffa e butta fuori aria pensando a lui …è come se lo volesse togliere dal proprio corpo. Perchè lui è dentro. Stamane mentre lavava i piatti ha visto la cicatrice di quella lama…da quando lui non c’è lei ricorda finalmente quel dolore silenzioso. E da quando sa che non riuscirà a vederlo la sensazione è la stessa di quando aveva quattro anni: iniziò una voluta folle corsa verso un palo di ferro, perse conoscenza. Non ricorda nulla, era come morta dicevano. Ora dopo tanti anni si ricorda della morte , della vita dopo che davanti a lei era solo il suo sorriso “
L.C. (Non vedrò mai più un volto così negli amanti che verranno, non vedrò mai più braccia così nella lotta o nell’amore . E le sue virtù bruciavano nel sacrificio del fumo, lei prese su di sé ciò che l’amore perdeva… Stava davanti a me enorme come il guardiano di un porto . Come avevo potuto pensare di dominarla? con una mano di cromo e un’immensa sigaretta Gauloise mi consigliò di arrendermi e di venerarla, cosa che feci per dieci anni. Cominciò così l’osceno silenzio della mia carriera di casanova”.
Leonard Cohen è mettersi in ginocchio, il mio tramite fra il dolore e altro, mentre la mia scrivania è piena di figure di San Cataldo vescovo, San Rocco “eris in peste patronus ” . Beata Vergine del Carmelo,S. Antonio da Padova . Un foglio con su scritto “Rosario alle S.Piaghe di N.S. Gesù Cristo ” e poi una strana cartolina “Lettera a Padre Pio sulla tomba” destinatario Convento Frati Minori Cappuccini Santuario “Santa Maria delle Grazie” 71013 San Giovanni Rotondo ( Foggia) : per il pellegrino. Scrivo al piano di sopra, in soffitta, fra vecchie cose ma è evidente che non ci si può nascondere per sempre e che Padre Pio voglia la sua rivincita.
Ps : Un ringraziamento particolare va a Giancarlo De Cataldo, che di Leonard Cohen cura le edizioni italiane e che ho avuto la fortuna di riempire di domande . Ho avuto il piacere immenso di intervistarlo tempo fa e mi rimarrà per sempre impressa la luce che aveva per Cohen negli occhi. Lo ringrazio delle dediche sui libri anche le sue parole mi hanno aiutata. E a te che sei stato tutta la mia bellezza.