Che stupenda giornata! Ho trascorso l’intera mattina disteso sull’erba, davanti alla mia casa, sotto l’enorme platano che la protegge e la ricopre completamente con la sua ombra. Amo questo paese e amo viverci perché qui ho le mie radici… questo accadeva quattro giorni fa, ma oggi non sto tanto bene… ho un po’ di febbre da qualche giorno; mi sento sofferente, o piuttosto mi sento triste... tu sai bene della mia malattia contratta in gioventù… però mi chiedo: da dove provengono quegli influssi misteriosi che cambiano in scoramento il nostro buonumore e la nostra serenità in angoscia? Si direbbe che l’aria, l’aria invisibile, sia piena di inconoscibili Forze, di cui subiamo la misteriosa vicinanza come se fossimo ipnotizzati, è forse la forma delle nuvole, o il colore del giorno, il colore delle cose, così mutevole, che, attraversando i miei occhi ha sconvolto il mio pensiero? Tu mi hai raccontato che quando il reale ci appare per quello che è, senza la mediazione del linguaggio, allora il mondo sembra finire e io ho continuamente la sensazione spaventosa di un pericolo incombente, il timore di una disgrazia che viene o della morte che si avvicina, il presentimento che è senza dubbio l’attacco di un male ancora sconosciuto, che germina nel sangue e nella carne… il medico mi ha imposto di fare delle docce e bere bromuro di potassio… ma la situazione non è migliorata: i miei vecchi incubi ritornano. Stanotte, ho sentito qualcuno piegato su di me e che, con la bocca sulla mia, beveva la mia vita dalle mie labbra… Sì, la succhiava nella mia gola, come avrebbe fatto una sanguisuga… mi sono svegliato, talmente distrutto, rotto, annientato, da non potermi più muovere… sono convinto che un essere malvagio e invisibile sia apparso nella mia vita e tu dici, ma non mi convinci, che l’angoscia dell’incubo sia il godimento dell’Altro, quasi che io fossi l’oggetto di godimento che l’Altro domanda… Ah! chi comprenderà la mia angoscia orribile? Chi comprenderà l’emozione di un uomo, sano di spirito, ben desto, pieno di senno, che guarda spaventato, attraverso il vetro di una caraffa, un poco d’acqua scomparsa mentre lui dormiva! Tu sai bene e mi comprendi: ma dimmi: da dove viene questa presenza, che nel cuore della notte, come un fantasma o un revenant mi distrugge l’esistenza? Non solo… ho visto distintamente, molto vicino a me, il gambo di una di queste rose piegarsi, come se un mano invisibile l’avesse ritorto, poi spezzarsi, come se la stessa mano l’avesse colto! Cosa sono queste suggestioni? Tu parli di me come fossi un mesmerizzato, agito dalla forza oscura del desiderio… questa forza occulta mi intorpidiva, mi bloccava, mi impediva di andare più lontano, mi richiamava indietro… hai detto che è impossibile sfuggirle, perché è una forza interna, una pulsione interiore che sconvolge la mia visione della realtà oggettiva. È dentro di me… eppure io non posso più volere; ma qualcuno vuole per me; e io obbedisco… sono assediato dallo sguardo dell’Altro che mi abita e da una Legge che mi separa da me… non ho più potere su di me, non sono che uno spettatore schiavo e terrorizzato di tutte le cose che faccio. Desidero uscire. Non posso. Lui non vuole; e io rimango, smarrito, nella poltrona in cui mi tiene seduto… è questo corpo pulsionale, come dici tu, questo godimento dell’Altro da cui non riesco a smarcarmi… come un bimbo che non riesce a staccarsi dal seno che lo sta allattando e piange di terrore all’idea di esserne staccato… Ma colui che mi governa, chi è, quest’invisibile? quest’inconoscibile, questo vagabondo di una razza soprannaturale? Cosa vuole da me? è l’irruzione del mio stesso desiderio che come un fiume mi trascina via… è questo oggetto, intimo e straniero allo stesso tempo, che mi angoscia… anzi io stesso divento questo oggetto in balia del desiderio dell’Altro? Mesmer l’aveva indovinato e i medici, già da dieci anni, hanno scoperto, in modo preciso, la natura della sua potenza prima che l’avesse esercitata lui stesso. Costoro hanno giocato con l’arma del nuovo Signore, il dominio di una misteriosa volontà sull’anima umana divenuta schiava.… questo oggetto, lo chiami oggetto piccolo (a), ma per me ha un altro nome… ma non so nominarlo: Lui è venuto, il… il… come si chiama… mi sembra che mi gridi il suo nome, ma io non lo sento… il… sì… lui lo grida… io ascolto… non posso… ripete… l’Horla… ho sentito… l’Horla… è lui… l’Horla… è venuto! ma non lo so capire, perché, tu dici, che il nostro corpo biologico è imbrigliato nella gabbia del Linguaggio, ma il colpo pulsionale, questo oggetto piccolo (a) sfugge al controllo di ogni ragione e di ogni linguaggio, è invisibile, l’avete mai visto, e potete vederlo? Tuttavia, esiste. Ma io so che è lui, l’Horla, che mi possiede, che mi fa pensare queste follie! Lui è in me, diventa la mia anima; lo ucciderò! Le tue parole non riescono a farmi uscire da questo incubo, e tu hai ragione a dire che questo desiderio io non posso padroneggiarlo, piuttosto è lui che mi muove, come fosse alle mie spalle e infatti, ascolta: un giorno facevo finta di scrivere, per ingannarlo, poiché anche lui mi spiava; e subito, mi accorsi, fui certo che lui leggeva al di sopra della mia spalla, che lui era là, che sfiorava il mio orecchio… è come dici tu: l’oggetto che provoca il desiderio non mi sta mai di fronte… e ciò è sconvolgente come quello che accadde ieri, mentre ero di fronte allo specchio: Ebbene?… ci si vedeva come in pieno giorno, ma non mi vidi nel mio specchio! Quest’ultimo era vuoto, chiaro, profondo, pieno di luce! La mia immagine non vi stava sopra… la mia sparizione definiva proprio la presenza di Horla, che tu chiami oggetto piccolo (a), corpo pulsionale, lui, il cui corpo invisibile aveva divorato il mio riflesso…. Quanto ebbi paura! Poi ecco che d’improvviso cominciai a scorgermi entro una nebulosità… come la fine di un’eclisse… una sorta di trasparenza opaca, che si schiariva a poco a poco… l’avevo visto! Me ne è rimasto uno spavento che mi fa ancora rabbrividire… hai detto che poteva definirsi come una macchia nera… un residuo del desiderio che non può essere assimilato dal simbolico… è questo il punto: il reale esplode e il Linguaggio non riesce a contenerlo… il fantasma, il rapporto che io ho con l’oggetto del mio desiderio, vacilla ed ecco l’allucinazione, l’immagine dentro di me che si proietta anarchica, senza legge e così via… ma queste parole non valsero nulla e l’unica cosa che potei decidere, fu di dare fuoco alla casa con Lui dentro: presi nel salone, sotto la mia camera, le mie due lampade e rovesciai tutto l’olio sul tappeto, sui mobili, dappertutto; poi vi misi fuoco, e mi salvai… andando a nascondermi in fondo al giardino, in un boschetto di lauri e adesso era un rogo in cui bruciavano degli uomini, e dove anche lui bruciava, Lui, Lui, il mio prigioniero, l’Essere nuovo, il nuovo padrone, l’Horla! Quale liberazione… per poco… e subito il dubbio atroce: e se non fosse morto?… forse solo il tempo ha presa sull’Essere invisibile e Temibile. Fantasma tu dici… ma io dico che tutta la paura dell’uomo viene da lei! Dopo l’uomo, l’Horla… No… no… s
enza alcun dubbio, senza alcun dubbio… Lui non è morto… E allora… allora… bisogna dunque che io mi uccida!… E l’avrei fatto se non mi avessi fatto capire che quel che fa più paura è scoprire di essere noi l’oggetto del desiderio, questo oggetto che è in noi e pure non è noi… come l’hai chiamata? Ah sì… separtizione: dentro di noi siamo separati fin dalla nascita… il nostro corpo viene mortificato, separato dal godimento che lo abita… ma questo provoca un residuo di godimento che il Linguaggio non potrà mortificare… e comme il est profond, ce mystère de l’Invisible! Nous ne le pouvons sonder avec nos sens misérables, avec nos yeux qui ne savent apercevoir ni le trop petit, ni le trop grand, ni le trop près, ni le trop loin, ni les habitants d’une étoile, ni les habitants d’une goutte d’eau… noi siamo questo Invisibile che prima o poi svanirà… ma desidero scriverne perché questo non accada…