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Musica tra deserto, oceano e modernità. Intervista a Hiperico

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foto credit Francesco Cabras

Hiperico, citando Pessoa, è un musicista pazzo, un cantautore che pensa ancora di poter risolvere romanticamente i problemi della società attraverso la musica, la poesia. Le parole. Hiperico non riesce a credere che la musica e l’arte non possano più raggiungere il cuore della gente; che non è vero che non ascoltiamo più neanche noi stessi, troppo presi dalle ombre e dalle paura del complicarsi ancor di più questa già tanto complicata vita. C’è speranza, c’è energia, si intravedono possibilità.

Musicista attivo da fine anni Novanta, quando a Roma si rideva ancora a crepapelle degli scivoloni sui sanpietrini umidi della sera, Hiperico è tornato recentemente dalle oceaniche isole Canarie a dirci qualcosa. Il canto in fondo non è che un abito che si sceglie di vestire per abbracciare chi non è più abituato a farsi abbracciare dal dire.

Ma ho parlato già troppo, non dicendo nulla, o forse l’ho detto?

Iniziamo.

Benvenuto su Satisfiction e grazie della tua disponibilità. Prima di tutto volevo chiederti come mai hai acconsentito a rilasciare un’intervista su una rivista di critica letteraria come la nostra, o per meglio dire – secondo te – cosa accomuna la letteratura, la poesia nell’accezione più ampia del termine, e l’espressione musicale, oggi? Quanto è rimasto della grande tradizionale cantautorale italiana nel panorama musicale italiano?

Buongiorno e grazie a voi per l’invito.

Sono convinto che letteratura e musica, ma anche la pittura (in tutte le sue espressioni), il teatro, il cinema, etc. debbano collaborare nell’urgenza di offrire spunti di riflessione, sempre più necessari e utili, soprattutto ai più giovani.

Tutte le arti dovrebbero cercare un indirizzo “comune” – e so che non è per niente facile! – , un linguaggio, per cercare di accompagnarli sulla via che si srotola loro davanti, che stimoli le loro capacità critiche… che permetta loro di usare la propria splendida e irripetibile testa senza passare attraverso inutili e dannose scorciatoie e slogan mentali; per ragionare sul mondo senza filtri e sovrastrutture.

Non sto dicendo che, oggi, non ci sia collaborazione tra le arti, ma, purtroppo, non in misura significativa tanto da incidere, da fare la differenza; a mio avviso, la collaborazione scarseggia anche all’interno delle singole arti, divise tra “nicchie” in competizione. Esistono alcuni sottoboschi in cui questo accade, invisibili ai più, e molto lontani dai riflettori. Nella stragrande maggioranza dei casi (con le dovute preziose eccezioni) vige la regola dell’inversamente proporzionale: maggiore è la popolarità, minore il contenuto. Questo io vedo in ambito musicale.

Rispondendo sul Cantautorato… ne è rimasto ancora. Per ascoltarlo bisogna solo oltrepassare quella patina superficiale del mercato e scavare un po’… ma il bello resiste sempre!

Parlaci di te e del tuo ultimo progetto musicale “Nove”.

“Nove” è il mio secondo album, maturato durante i nove anni in cui mi sono allontanato dall’ambiente musicale italiano. 

foto credit Francesco Cabras

Gran parte di questo periodo l’ho vissuto a Fuerteventura insieme alla mia compagna Mira, bassista e compositrice, e ai nostri due figli. Il più piccolo è nato a Puerto del Rosario, la capital de la isla. Il più grande ha frequentato le elementari a Corralejo. 

Tornando al progetto: l’album è composto da nove brani ispirati dalle esperienze, dalle percezioni, dalle emozioni, dalle incazzature, dalla gioia e dalle riflessioni su questo nostro “presente”.

Chi è Hiperico?

Hiperico sono io, Enrico Pezza, piacevolmente trasformato dall’incontro con altre culture, dal vento dell’oceano, dalla potenza dei vulcani e da un rafforzato amore per la vita. El hiperico in italiano è l’iperico, anche detta erba di San Giovanni, usato fin dall’antichità come antidepressivo naturale.

E perché proprio Hiperico?

Perché una sera dopo un nostro energico concerto  a “El Infierno”, un locale molto vivo di Corallejo, il pubblico si scatenò talmente tanto che il proprietario venne da me e sovreccitato urlò ” ¿qui eres tu? ¿hiperico o que?”.

Da quel momento, musicalmente ho deciso di chiamarmi Hiperico.

Hai composto la maggior parte dei pezzi di “Nove” a Fuerteventura. Ci racconti qualcosa dell’atmosfera artistica che si respira sull’isola? 

C’è molta libertà artistica, poche sovrastrutture, tantissimo scambio e contaminazione. Ci sono musicisti provenienti da ogni angolo di mondo, alcuni si fermano per pochi giorni, altri restano a lungo. Per esempio una volta ho avuto il piacere di incontrare e jammare con un musicista-liutaio spagnolo che, insieme alla sua compagna, attraccò con la sua barca a vela. Facevano il giro del mondo in 80 chitarre! Lui doveva progettare e costruire una chitarra per ogni porto in cui arrivavano, due porti all’anno per quarant’anni di vento in poppa! Una coppia veramente meravigliosa!

Perché proprio Fuerteventura?

Fuerteventura mi ha stregato fin dal primo momento, non so spiegarlo razionalmente… mi sono sentito a casa subito.

Un brano che mi è piaciuto particolarmente è “Mi sono perso”. Qual è il messaggio alla base? 

Il messaggio è rivolto a me stesso ed è servito a chiarirmi le idee ed a uscire fuori da uno stato confusionale. Nel momento in cui l’ho composta non sapevo più se la scelta di fare il cantautore fosse ancora giusta per me. La canzone è venuta fuori di getto e il perdersi di cui parlo è da considerarsi nella sua accezione più positiva: una volta perso, beato, pieno tra le onde di questo universo, tornare indietro è impossibile: impossibile tornare ad accontentarsi di qualcosa che, se da una parte avrebbe potuto darmi più “sicurezze”, dall’altra mi avrebbe certamente spento. Questa sensazione vale un po’ per tutti, credo.

Chi ha collaborato al progetto e come? Dicci di più. 

Oltre a Mira, che ha partecipato alla scrittura e alla composizione dei brani, quindi parte integrante del progetto, i collaboratori sono stati Sante Rutigliano e Cesare Petulicchio (Bud Spencer Blues Explosion): miei grandi amici di vecchia data. Con loro per diversi anni ho condiviso prove, palchi e sogni, specialmente prima di partire per le Canarie. Cesare ha pensato alle batterie e Sante ha curato la produzione artistica. Sono pienamente soddisfatto e trovo che il loro lavoro sia stato magnifico. Anzi colgo l’occasione per ringraziarli sinceramente.

Il video del secondo singolo “Stare senza” è opera del regista Francesco Cabras, girato niente meno che nel deserto dell’Iran. Di cosa parli in questo brano? 

Hiperico: Francesco è stato bravissimo a cogliere e a “dare corpo” al concetto espresso nel brano. Così come aveva già fatto con il primo singolo “Ci libereremo”. Ma a questa domanda vorrei che rispondesse Mira visto che l’ispirazione prima di questa canzone è stata sua.

Mira: Grazie! La canzone è nata durante l’estate precedente al nostro trasferimento a Fuerte. Abbiamo fatto un giro di perlustrazione durante il quale ho scoperto di aspettare un figlio. La nausea, lo sballottamento ormonale non mi hanno permesso di vivere al meglio quel periodo lontano da tutto e da tutti. Mi sono fidata di Enrico accettando questa nuova avventura come un salto nel vuoto e ho cominciato a scrivere “Stare senza”, cercando di trovare il coraggio di mettere al mondo un figlio in un ospedale lontano, che non conoscevo, e poi i medici che parlavano un’altra lingua… insomma ero lontana 4000km da casa… ero un po’ spaventata. “Stare senza” quindi racconta questo processo individuale di autoanalisi e di autocritica. È un tentativo di combattere le proprie paure, quelle che impediscono una messa a fuoco eliminando ciò che, nel profondo, non ha ragione di esistere e che ci impedisce di diventare quel che siamo.

10. Tra i nove pezzi che compongono il disco spicca anche “il mercato”, in cui tu dici sarcasticamente “che bel divertimento tutto il tempo a rincorrere se stessi”. Cosa sta succedendo secondo te oggi?

Vedi, a mio avviso, specialmente a causa di questi media spettacolarizzati, si fa di tutto affinché la gente manchi, in tutto o in parte, di consapevolezza e di capacità critica circa quel che accade intorno a noi, quotidianamente. Ecco allora che il “mercato” subentra a pseudo-colmare, temporaneamente e illusoriamente, i nostri profondissimi vuoti, creando mostri. Parafrasando Bauman: da bisogno primario a desiderio, poi da desiderio a capriccio. E poi? Aiuto.

11. A proposito di libri. Cosa leggi? Quali sono gli autori che maggiormente hanno influenzato il tuo percorso artistico?

In questo momento sto leggendo “Come funziona la musica” di David Byrne e mi sta appassionando moltissimo. Tra i tanti autori che mi hanno aiutato a crescere, i più importanti senza dubbio sono: Gogol, Dick, Fante, Pasolini, Orwell, Calvino, Hemingway, Chomsky, Hesse, Rodari e molti altri ancora.

12. Il tuo libro preferito? Quello che sicuramente consiglieresti di leggere.

Sicuramente l’opera incompiuta capolavoro di Gogol ” Le anime morte”.

– E tu Mira?

Mi piace molto Philip Roth, la sua “Pastorale americana”. Nessuno riesce a farmi immedesimare in tutti i protagonisti come fa lui. E poi Erich Fromm, Chomsky, Dick, Aldo Rossi, Franco Purini, Goliarda Sapienza, Prigogine, Zerocalcare, Carrère…

13. Tra le altre cose sei un surfista. Quanto c’è di questa passione nella tua vita di tutti i giorni? 

Purtroppo qui a Roma ben poco… provo a divertirmi con lo skate long, ma è complicato praticare per via delle poche piste ciclabili presenti a Roma. I livelli di stress degli automobilisti sono molto alti e poi con tutte queste buche non è proprio il massimo della sicurezza.

Rimane costante la voglia di tornare a vivere l’oceano, l’energia delle onde… ma per fortuna grazie alla musica e alla mia famiglia, riesco a vivere bene ovunque, anche a Roma… chissà, un domani torneremo sull’oceano! Mai dire mai! (ride)

14. L’ultima domanda: nuovi progetti?

Abbiamo tantissime idee e stiamo già lavorando su alcuni nuovi progetti di cui ora è prematuro parlare. Ci stiamo concentrando sul preparare i live. Intendiamo portare “Nove” in giro per l’Italia quanto prima.

Francesco De Luca

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