Novembre, Milano, interno:
la navigata giornalista musicale Clio Rizzi è sola in casa. Niente di male, direte voi, se non fosse che è il giorno del suo compleanno e che la sua vita, privata e lavorativa, sembra essere andata completamente a rotoli. Guardando oltre il vetro appannato da una pioggia sottile ma incessante, la donna vede di fronte a sé una lastra dura e grigia al posto del cielo e il senso d’oppressione interiore dato dagli inevitabili bilanci che si è soliti fare nei genetliaci, assume una pesantezza ancor più definita, anzi, definitiva. Niente ha più sapore, neanche il bicchiere di Jack Daniel’s che ogni tot porta alle labbra per ridare un po’ di corpo ai pensieri.
Poi, una telefonata. Una di quelle che non vengono contemplate neanche nelle fantasie più estreme da chi scrive del mondo a sette note: la persona che interloquisce, infatti, è Mick D. Dunn, alias D.D., la più iconica e inafferrabile rockstar del pianeta. Dopo averla convinta di essere proprio lui, senza ulteriori giri di parole, la invita a preparare in fretta e in furia qualche bagaglio e fiondarsi subito in aeroporto, dove un volo notturno la porterà in Finlandia, il luogo che il bassista-cantante americano ha scelto come eremo dopo aver abbandonato i palcoscenici e il successo. Clio, nonostante l’indefinitezza della proposta ricevuta, prende la strada di Malpensa e trova a riceverla una strana e schizzata hostess, Hilppa, che, si scoprirà poco dopo, è la compagna di vita di Dunn. Una volta sbarcata in terra finnica e giunta all’interno dell’avveniristico igloo nel quale il musicista si è rinchiuso, la protagonista avrà finalmente modo di comprendere il perché di quella telefonata, trovandosi altresì costretta ad affrontare un conturbante viaggio nella sua psiche. Come andrà a finire?
Romanzo lisergico e visionario, “Novembre” di Teresa Verde e Massimiliano Mistri (Entropia, prima edizione 2016, seconda edizione 2018, pp. 210, € 15), si sostanzia innanzitutto in una tensione stilistica ben definita, quella cioè che spinge i due autori a pestare sull’acceleratore della parola per farne materia pirica: fin dai primissimi capitoli, infatti, alle necessità descrittive e di plotting, si sovrappone un livello emotivo, anzi, di turbamento emotivo, che trasforma i periodi in fiammate guizzanti, in improvvise lingue di fuoco atte ad aumentare la “temperatura” del narrato provocando una graduale deflagrazione di taglio quasi espressionista, che vuole tenere il lettore sempre sulla corda, scottarlo il più possibile. Una scelta che risulta particolarmente felice perché non mostra nulla dell’esercitazione di penna fine a se stessa, ma si connette invece con la caratteristica più connotante e profonda dell’argomento trattato, il rock duro, preso nella sua essenza più vera e selvaggia anche attraverso questo periodare agitato che tanto ricorda i feedback e la furia del genere. Rock duro che Verde e Mistri devono conoscere tra l’altro assai bene, perché tra i vari compagni d’arme del riuscitissimo Mick D. Dunn, troviamo non soltanto personaggi di fama planetaria come Nikki Sixx, Ozzy Osbourne o Iggy Pop, ma anche autentici antieroi di nicchia come Stiv Bators e il leggendario Johnny Thunders. Quel che ne consegue, è un’organicità di fondo sorprendente, soprattutto se si considera che i piani della storia raccontata sono due e spesso si interconnettono nel loro fluire indipendente senza alcun avvertimento, con continue digressioni sul passato di Clio Rizzi che, lungi dal pregiudicare la godibilità dello svolgimento nella sua interezza, creano una sorta di cortocircuito lirico e tambureggiante. Con lo scorrere delle pagine, i due scrittori ci conducono nel cuore del personale inferno vissuto dalla protagonista, le cui reazioni di fronte ad alcuni avvenimenti raccontati, acquistano gradualmente una sorta di seconda prospettiva interpretativa che fa pensare a certi film di David Lynch più che ad altre opere su carta, pur mantenendo una sua essenza tutta letteraria.
Decisamente consigliato, non solo a chi vive la musica con irriducibile trasporto, ma a tutti coloro che chiedono ad un libro un’esperienza di carne e sangue senza troppi sotterfugi.