Non è da tutti scrivere un libro in cui il narratore stesso è un libro, come non è da tutti parlare di pisciare, perdere liquidi corporei, morire in modi patetici e comportarsi per la maggior parte del tempo in maniera estremamente imbarazzante. In questo sta la forza di Piscio sull’acqua di Rachel B. Glaser, psichedelico e avveniristico, a tratti psicotico. E’ un libro elettrico e, per sua natura, incredibilmente presuntuoso. Tuttavia, mentre il suo esordio negli USA è già stato segnante nel 2010, la Glaser arriva solo quest’anno in Italia grazie a Carbonio Editore.
Una delle differenze che contraddistingue la versione americana è la copertina che, al contrario di quella italiana, vede figurarsi l’Incredulità di San Tommaso. Come San Tommaso anche il lettore ha bisogno di toccare con mano per credere, rimane incerto ma affascinato, e proprio come Cristo, la Glaser ci chiede di fidarci del suo linguaggio narrativo, che coglie a tal punto il mito del reale da risultare irreale, incerto. La sua volontà di lasciarci senza guida in un primo momento spiazza chi legge, ma le permette di arrivare a un livello ontologico nello studio del linguaggio. Come altri prima di lei lancia una vera e propria sfida al lettore, che viene catturato nel tentativo di racchiudere il mondo all’interno di quello che è possibile esprimere attraverso la lingua, i cui limiti affermava Ludwig Wittgenstein, padre della filosofia del linguaggio, “sono i limiti del mio mondo”.
La Glaser coglie a piene mani dai suoi precursori, rendendo percepibile l’influsso della letteratura postmoderna così come, da vera esperta, manipola la narrazione come più le piace. Descrive la corporeità e la sessualità immergendola nella cultura pop, nella stravaganza, e descrivendo quell’ avversione parodistica nei confronti del mondo che spesso si trasforma in parodia di se stessa. La struttura del romanzo consente un veloce cambio narrativo, così la voce si modifica non solo di racconto in racconto ma anche all’interno dello stesso testo, permettendo all’autrice di modellare passato e presente ribadendo con costanza l’assurdo della vita di tutti i giorni, e dei personaggi che la popolano: Dying gets everyone feeling alive. If you don’t distribute the energies right, a family loses money to gambling, affection to television, togetherness to private mulling. C’è una qualità nella prosa della Glaser che è in qualche modo specchio della poesia. Priva di un eccessivo uso di avverbi e aggettivi, la velocità narrativa che crea sintetizza in poche frasi un’ intera storia. Per poi tornarci sopra e macinarla, aprirla in due, discernerla insieme al lettore, che se ne sta fuori e guarda dal buco della serratura, un po’stranito ma estasiato con quella curiosità tipica dei bambini.
È un libro che nella sua velocità non può fare a meno di una certa ironia Louisa fu forse una lesbica, o un’intellettuale, e che si aggroviglia in una serie di frasi dall’enorme potenziale lirico, Le persone famose trovano il tempo di morire o Gli scienziati stanno ancora tentando di rendere il dolore meno doloroso. Perché in fondo le tematiche della Glaser sono quelle di sempre, l’amore, la morte, il dolore, la frustrazione, e l’impotenza di fronte alle cose rotte. Raccomandando al lettore di non aspettarsi una spiegazione, perché non ci sarà. Non dare nulla per scontato e non assumere niente perché “così va la vita” (Kurt Vonnegut Mattatoio n.5). Una corsa sfrenata di riferimenti in una spirale narrativa in cui la prima e la terza persona si confondono, ma in cui lo stile narrativo è perfetto. Ci sono tutti i colori e i cambi necessari a renderla una lettura accattivante, seducente, che ha tutti i presupposti per incollare il lettore alla sedia, il cui unico rischio è quello di concludersi in un fastidioso senso d’incompiutezza. Dall’ incipit disorientante, conquista il lettore già dalle prime righe, creando un mondo che però finisce per perdersi nella sua stessa articolazione intellettuale. Quello che si percepisce nel nichilismo della Glaser è un meraviglioso elogio all’inconcludenza.