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ESTRATTO Barbara Tomasino, Groupie

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Sono l’avvocato del diavolo. Noi abbiamo le nostre adoratrici che vengono chiamate ‘groupie’. Ragazze che offrono i loro corpi alle rockstar, come si offrirebbe un sacrificio a un dio.

                                                                                                                                                                          Frank Zappa

 

Come un sacrificio – sì, forse è questo – al dio del rock (al pantheon) che sguinzaglia la sua voce per le strade dell’America e, da lì, si sgola per quelle del resto del mondo. I set approntati, i più famosi, sono quelli di Frisco (dove si incontrano Janis Joplin e Grace Slick); Los Angeles (con i Doors e i Led Zeppelin al Whisky a Go Go); e New York, attraversata da un fermento musicale (da Bob Dylan a Jimi Hendrix), artistico (Andy Wharol) e letterario (Ferlinghetti, Allen Ginsberg e la Beat Generation).

Cavalcando a tempo di rock i Sessanta e i Settanta le groupie aprivano le gabbie della loro condizione e, ancora giovanissime, si mettevano al servizio delle band, infilandosi nei letti dei vocalist, dei chitarristi o dei batteristi (ma anche dei loro manager o degli addetti ai lavori pur di arrivare tra quelle lenzuola), facendone uscire canzoni e ribellioni a ritmo di stordimenti, botte e libertà sfrenata e gaudente. Le groupie erano anche muse e icone di un fenomeno di costume, dettavano moda con i loro look e la spavalderia di un modo rivoluzionario di intendere la passione estrema per la musica. Ricevevano in cambio sofferenza e splendore: una discesa agli inferi, per alcune; la rinascita dietro l’angolo, per le poche fortunate.

Per i cinquant’anni di Woodstock la casa editrice Odoya riporta in libreria la ristampa, riveduta e ampliata, della splendida panoramica sul rock di Barbara Tomasino. La giornalista ci porta per direttissima nel mondo ormai perduto delle band che hanno infiammato la scena musicale e il cuore delle ragazze pronte a tutto pur di immolarsi e immortalarsi. Bambine seducenti e dallo sguardo malinconico, imprenditrici del sesso e della loro fortuna, ragazze a perdere, come recita il sottotitolo (Groupie, Odoya, 2019, euro 22). “In questa dismisura c’è tutto il fascino anche tragico di un’epoca ormai mitologica”, spiega Andrea Di Consoli nella prefazione. “Un alone di immortalità che diventa un concerto di anime accese sul palco, mentre già le luci si smorzano nel buio dei camerini”: così Gian Paolo Serino che, nella quarta di copertina, comprende bene il viaggio della “rossa” del giornalismo musicale, Barbara Tomasino: un viaggio appassionato e nostalgico tra le pieghe di un’epoca eccessiva vissuta a pieni polmoni da quelle sfegatate e amorevoli ragazze di cui traccia in carrellata i destini: da Pamela Des Barres a Marianne Faithfull, da Pennie Lane a Cherry Vanilla. La loro storia, la loro fede, continua tra le pagine del libro.

Imperdibile punto di vista per i cultori di un’epoca indimenticabile che ci suona ancora nelle orecchie e nel sangue.

                                                                                                                                                                                                   Rossella Pretto

Qui sotto le pagine dedicate a Pennie Lane

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Il film di Cameron Crowe, Almost Famous, uscito nel 2000, ripercorre attraverso vivide immagini e una colonna sonora d’eccezione “il rantolo finale” del rock and roll vissuto da un giornalista in erba – ovvero il regista all’età di quindici anni – e da un gruppo di fan patite di musica e di vestiti stravaganti. La protagonista si fa chiamare Penny Lane, sorride amabilmente e guida una cricca di ragazze esuberanti alla volta dell’empireo del rock. In realtà, anche il personaggio di Penny Lane – interpretato dalla bravissima Kate Hudson – si basa su di una storia vera, quella di una giovane ragazza dell’Oregon che amava la musica con passione indescrivibile e che, insieme all’inesperto Crowe, intraprese un lungo viaggio su di un bus scalcinato solo per stare vicina ai suoi idoli.

Pennie Trumbull nasce a Portland, Oregon, nel 1956 e durante gli anni dell’adolescenza si avvicina sempre più all’ambiente musicale andando ai concerti e idolatrando le star che con le loro canzoni “parlano dritto al suo cuore”. Si unisce allora ad altre cinque ragazze – diverse per estrazione sociale, ma uguali nel sentire una passione spropositata per il rock – e con loro forma una congrega di groupie dedite completamente alla causa: le Flying Garter Girls, ovvero le “Ragazze dalle Giarrettiere Volanti’. Tutto ha inizio nel 1972, quando le Flying si fanno conoscere come “The Ultimate in Entertainment for Entertainers”. Le magnifiche cinque preferiscono farsi chiamare “band-aids” piuttosto che groupie – termine che presuppone una connotazione negativa – in quanto l’espressione “aiuta-complessi” rende appieno lo spirito che anima le ragazze, ovvero sostenere – moralmente e fisicamente – i gruppi per dimostrare la propria gratitudine e devozione. Ognuna di loro si è trovata un soprannome accattivante (Marvelous Meg, Sexy Sandy, The Real Camille e Caroline Can Can, nomi “rétro” che sapevano di nostalgia per i tempi del grande show del boulevard bohémien, quelli della Goulue e di Lautrec) e sfoggia uno stile eccessivo e diverso dalle altre; ma Pennie Lane è assolutamente speciale, un punto di riferimento per tutte, e riesce a essere dolce e sensuale in maniera irresistibile.

«Sebbene lei abbia incontrato e amato uomini che facevano parte della leggenda del rock, le sue reali intenzioni nel conoscere quelle persone non erano il matrimonio, i soldi o un riconoscimento personale. Lo ha fatto semplicemente perché la loro musica la toccava in un modo in cui nient’altro sarebbe riuscito. La sua ragione era pura e semplice. Forse è per questo che è riuscita a incontrare e a stare in contatto con le persone che ammirava». Cameron conosce Pennie a San Diego – la città natale del regista – e insieme a lei segue il tour di una band di medio livello per conto della prestigiosa rivista Rolling Stone: Pennie è radiosa, intelligente, sensibile e il giovane reporter se ne innamora, anche se il loro rapporto si limita a una breve e intensa amicizia. La vita sentimentale di Pennie è sempre stata tenuta in gran riserbo, in quanto la giovane groupie viveva le sue relazioni come qualcosa di intimo e coinvolgente, e non come scoop da pubblicizzare, e per questo è difficile stabilire quali siano state le rockstar divenute sue amanti (una possibile ipotesi è che Pennie abbia quantomeno conosciuto le band con cui viaggiava Crowe all’epoca: Eagles, Allman Brothers Band, Led Zeppelin, Lynyrd Skynyrd ecc.). «Forse è stata un’intuizione difensiva, ma non è mai riuscita a scacciare una vocina sottile nella sua testa che la metteva in guardia… “Questo non è reale”. Comunque si è lasciata andare alle lussurie del jet-set e ha corso il rischio. Alcune volte si è dovuta aggrappare al suo cuore con entrambe le mani… ma alla fin fine, sapeva che quella era la cosa giusta da fare». La realtà che vivono le Flying Garter non è quella che conosciamo nella quotidianità, è una realtà fatta di grandi passioni e cocenti delusioni, di droghe e di alcol, di abiti colorati e di stadi pieni di gente urlante, di fidanzate incazzose che reclamano la “proprietà” e di desolate stanze d’albergo che ospitano corpi fluttuanti sotto l’eccesso del Quaalude – anche se la vera Pennie Lane giura di non essere mai andata in overdose. Ma ne è valsa sempre la pena.

Bev Bevan – come riporta Gary Herman – ricorda un curioso incontro fatto una sera con le mitiche Flying Garter Girls: «Erano le 09:30 di sera e il gruppo si era ritirato nel locale [un Holiday Inn a Salem, N.d.A.] dopo aver aperto il concerto dei Wishbone Ash. A parte i membri del gruppo, un barista che moriva dalla noia, e un trio al pianoforte che eseguiva una selezione di brani, il bar era deserto. A un certo punto entrano con passo deciso quattro ragazze, sfoggiando vistosi fronzoli da bordello. Sembrano molto sicure di sé Quella che mostra di essere a capo del gruppo, Pennie (“La sosia di Mae West da giovane”, sostiene Bev), fa le presentazioni: “Ci chiamiamo le ragazze della giarrettiera volante, e se ci tieni a saperlo, amore mio, dirigo la migliore accademia di sesso orale da questa parte delle Montagne Rocciose”».

Dopo tre anni vissuti a tempo di rock, Pennie decide di abbandonare la vita da groupie per dedicarsi a qualcosa di più solido e costruttivo per il suo futuro, ritorna a Portland e si iscrive al college per continuare gli studi interrotti: «Aveva realizzato che dopo tutto era stata una semplice spettatrice dalle linee laterali. Aveva visto, ascoltato e imparato una grande lezione dalle rockstar divenute celebri che erano state sue amanti… ed anche dai loro manager, dagli addetti discografici, dai promoter, dai tecnici, dalla gente in giro e anche dagli autisti […] Era arrivato il tempo di scrivere un nuovo capitolo della sua vita. Dopo tutto, era il 1974». Dopo aver frequentato diversi master e aver ottenuto un diploma mba, Pennie dunque si dedica alla sua prima compagnia con sede a San Diego, The Marketing Director, e grazie al successo dell’impresa sposta i suoi affari nella nativa Portland allargando gli interessi della compagnia fino al Messico e all’Arabia Saudita. La Pennie Lane, llc è un’organizzazione che racchiude diversi interessi (tra cui un vigneto, un centro conferenze e una fattoria di bestiame) e Pennie è molto fiera del lavoro svolto in questi anni, anche se le delusioni in campo sentimentale non mancano mai e l’unione decennale con un uomo che sembrava quello giusto finisce tristemente nelle aule di un tribunale. «Nell’anno 2000, ricevette una telefonata. Qualcuno si ricordava di lei. Ironia della sorte, non si trattava di una rockstar, ma di uno scrittore […] Lui era un uomo che amava la musica tanto quanto Pennie e, cosa ancora più importante, era stato in grado di capire cosa significhi essere un fan. I due erano davvero giovani quando si conobbero nel 1973, ed erano stati buoni amici per un breve lasso di tempo. Non si sono più visti in questi ventisette anni». Crowe rintraccia la “vecchia compagna di scorribande” e le comunica che sta girando un film che parlerà di lei, di lui, di quel periodo magico che è stato l’inizio degli anni Settanta, quando ancora si credeva tutto possibile e un fatiscente bus polveroso veniva chiamato “casa”: «I critici cinematografici hanno detto che questo genere di vita non è mai esistita nel music business, invece era così […] nel 1973 […] era il post-Woodstock e il pre-Punk. Gli uomini amavano le donne e le donne amavano gli uomini. Era l’ultima decade di innocenza nel rock and roll». Osservando alcune scene girate con l’attrice che impersona Penny – Kate Hudson – la vera Pennie resta perplessa dalla scelta del regista: «Non mi somiglia e non si comporta come me» afferma sulle prime l’ex groupie, «Ma Cameron mi disse, “Aspetta un po’, lei può illuminare una stanza”. Così ho visto il film e ho detto, “Whoa!” Lei era precisa a me in così tante piccole cose, nel suo manierismo. Non posso credere che Cameron abbia ricordato così tante cose. Ha messo della roba in quel film che solo io e lui potevamo conoscere».

Dopo l’uscita di Almost Famous, Pennie Lane torna alla ribalta dopo più di vent’anni di assenza: i giornalisti la assalgono per riuscire a carpire segreti sul suo passato, le tv la invitano ai talk show e le radio le dedicano dei programmi, adesso tutti vogliono conoscere le “verità nascoste” della groupie che ha ispirato un così poetico omaggio alla musica e ai suoi miti. Ma Pennie non ha nessuna intenzione di fare scandalo con le sue relazioni private e ritorna nel music business con l’intento di costruire qualcosa di buono per le band emergenti bisognose di un appoggio, e non con l’intenzione di dare alle stampe l’ennesima biografia condita di dettagli scabrosi e imbarazzanti. Mrs. Trumbull viene invitata a Seattle per una conferenza sul rock sponsorizzata dal Rockgirl magazine e lì incontra una giovane cantante di nome Storm, leader di una rock band di San Francisco: «Ho il mio radar da groupie […] all’improvviso ho percepito che qualcuno stava dietro di me, e ho sentito la stessa cosa che ho provato quando ho visto per la prima volta Mick Jagger». Mentre Pennie si impegna con tutte le sue forze per dare spazio alle giovani promesse, ex groupie e addetti ai lavori la reclamano per tutto il paese considerandola un’autorità in fatto di musica e business. Il suo sogno nel cassetto è aprire una casa di riposo per groupie e musicisti che lottano con problemi personali gravi e non hanno un posto sicuro e accogliente dove rifugiarsi, e intanto, eccitata dal rinnovato interesse suscitato dal film per quelle povere ragazze che troppo presto vengono dimenticate, l’ex groupie si dà da fare nella sua amata Portland, tra un concerto rock e una riunione d’affari.

La dolce Pennie, ringraziando sinceramente Crowe per l’affettuoso ricordo, un giorno ha detto: «Non c’è niente che io possa fare in più di quello che ha fatto Cameron… Io appaio come un angelo in questo film». E per chiunque ricordi il disarmante sorriso di Kate-Penny, la grazia dei suoi gesti, questo non può che essere vero. Crowe ha composto una poesia straordinaria fatta di sguardi, note, colori, vibrazioni avvolgendo i suoi personaggi in una realtà sospesa tra le pieghe di un sogno ad occhi aperti e spazzando via le “brutture” a cui la “Babilonia del rock” ci ha abituato. Penny danza scalza, in una sala vuota coperta di petali rosa, i boccoli biondi si agitano leggermente e le sue mani dipingono l’aria immobile, gli occhi socchiusi aiutano la mente a riprodurre quei magici suoni persi chissà dove: «Se nel mondo reale qualcuno mi dicesse…», continua a ripetere all’inesperto giornalista, ma Pennie/y nel mondo reale non esiste.

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