Tornare a sessant’anni ai propri dieci anni, alla scoperta del vocabolario dell’esistenza, a quello stupore, a quella rabbia che non sono svaniti nel nulla, che hanno lasciato un segno e a volte una consapevolezza. Quella consapevolezza che fa dire: «Oggi so che quell’amore pulcino conteneva tutti gli addii seguenti». Erri De Luca nel suo nuovo e forse più intimo romanzo, I pesci non chiudono gli occhi, compie un viaggio nella memoria, come ha fatto in molti suoi libri, da Tu, mio a Montedidio, ma concentrandosi su un’età precisa, i dieci anni, che non sono più infanzia, ma neppure adolescenza piena e dove si sente l’ansia della crescita, quando il corpo resta indietro di statura e la testa si precipita avanti. Lo scrittore napoletano torna a un’estate sull’isola dove è stato bambino, alla spiaggia dove ha conosciuto l’amore e la bellezza del verbo mantenere. «È cominciato dalla mano, la prima volta che me l’hai tenuta. Mantenere è il mio verbo preferito» racconta il protagonista della storia. E in questo viaggio a ritroso c’è l’amore per la scrittura, la magia del cinema, il rapporto con i pescatori, con una ragazzina del Nord che si dichiara scrittrice e chissà oggi cos’è diventata. C’è la «dote giocoliera necessaria alle parole» imparata dall’enigmistica. Dalle spiagge di un’isola del Sud si va anche nelle piazze in cui per «la centralità del sentimento di giustizia» racconta l’autore «cominciammo a buscare colpi». Belle le pagine dedicate al cinema italiano del dopoguerra che hanno chiamato «con approssimazione Neorealismo, ma era visionario». Profondo il dialogo con la madre che è anche al centro del primo cortometraggio, Di là dal vetro di cui De Luca è autore e con cui ha debuttato come attore per il grande schermo con Isa Danieli nel ruolo di sua madre. Presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia, il corto esce in dvd a 2 euro insieme a I pesci non chiudono gli occhi.