“Il coniuge omosessuale”, come lo definisce il critico e ricercatore A. Kaye è il titolo che darei a questo libro se fosse stato scritto nel 2019. Se fosse stato scritto nel 2019 sarebbe un libro sull’omosessualità, ma il fatto che sia stato scritto nel 1889 lo rende il primo libro sull’omosessualità della Storia. Scritto da un’inglese. In America. E già qui abbiamo collezionato qualche stranezza. Se in più aggiungo che l’omosessualità a fine Ottocento veniva definita sodomia, e che sodomia voleva dire carcere, se non morte, allora il contesto in cui questo libro è nato appare ancora più bizzarro.
Matrimonio sotto zero (a cura di Livio Crescenzi, Mattioli 1885), romanzo britannico dallo humor impeccabile, racconta la vita di una giovane sposa e di un marito “inusuale”. A riscoprire questa parte di Storia è un ricercatore Canadese, che porta alla luce questo romanzo di Alan Dale, pseudonimo sotto cui si celava il drammaturgo inglese Alfred J. Cohen. Un uomo arguto, che cosciente o non cosciente, ha dato vita ad un genere, che ancora oggi ha difficoltà ad essere trattato. Non è da sottovalutare come il romanzo scritto da un inglese e ambientato a Londra, venga pubblicato solo negli stati Uniti, dove ebbe un grande successo. Nonostante il tono leggero e ironico, il libro non riuscirà mai a conquistare l’approvazione dei suoi connazionali. A Londra, la condanna a morte per sodomia fu abolita nel 1861 e sostituita nel 1885 da due anni di carcere, pena che subì e di cui cadde vittima anche lo scrittore Oscar Wilde. Possiamo solo immaginare la reazione del pubblico all’epoca.
Con una narrazione in prima persona, sfacciata e ironica, ricca di quel sarcasmo velenoso tutto inglese, la storia parla di una giovane donna, insofferente alle rigide regole dell’etichetta britannica. E fin qui, tutto in regola. Fino a quando non incontra un giovane, Arthur, che la corteggia in una maniera che ai suoi occhi pare molto diversa. Questo ragazzo, però sembra non andare d’accordo con i suoi coetanei di cui frequenta in maniera assidua solo il suo migliore amico, il capitano Dilligton.
Tutta la vicenda ci è narrata con le parole di Elsie, la giovane protagonista, che ci ricorda in tutto e per tutto le donne che popolano la letteratura di Wilde. Si presenta come «una donna piuttosto frivola.», una persona che si autocondanna al giudizio indiscutibile degli altri. La furbizia e l’ingegno di Cohen si manifestano proprio attraverso questo personaggio. Fa spiegare una situazione strana a chi la situazione non l’ha proprio capita. Quello che diverte di Matrimonio sotto zero è che al pubblico di oggi è chiara l’omosessualità di Arthur, come doveva essere chiara al pubblico del 1800, e l’unica che sembra non capirlo è proprio la protagonista.
«Quanto ad Arthur, pure lui zitto e muto come un pesce. Se io ero una sposa alquanto insolita, lui era lo sposo meno convenzionale che si potesse immaginare. Con aria sognante, si limitava a fissare due nuvolette vaporose che veleggiavano sopra la nostra testa. Se fosse stato seduto in una carrozza listata a lutto mentre andava a seppellire un amico, beh, non avrebbe potuto avere un aspetto più funebre. Mi sa che lo sguardo che gli lanciai lo fece tornare in sé.»
Cohen è un maestro nell’allusione, aggira la questione, «una malattia che è utilissima, piacevolmente pericolosa, eppure possibile da sconfiggere. È ovvio: alludo alla febbre cerebrale.», provoca il lettore che ormai cosciente, attende con ansia la rivelazione.
«Supponevo che gli uomini fossero delle creature simpatiche, sensibili, allegre, incommensurabilmente superiori alle ragazze, dotati inoltre di tanti altri privilegi. Potevano sposare chi desideravano e quando volevano – per lo meno era così che credevo allora – e che avessero un potere praticamente illimitato sull’intero creato. Nel segreto del mio cuore, speravo di poter essere scelta il prima possibile, e che qualche bel giovanotto mi portasse via da mia madre per farmi vivere in un modo più tollerabile.»
Ma nella frivolezza e ingenuità di Elsie ci si palesano gli enormi limiti della sua epoca. Lei stessa rifiuta e disprezza le leggi della società che è convinta di non seguire, e allo stesso tempo si definisce una donna che è stata «tirata su come si deve», e che attende il giorno in cui un uomo intenda sposarla per portarla via alla madre soffocante. E’ così determinata nel distaccarsi dalle mode del tempo, impegnata a farsi rispettare dai giovani uomini appena entrati in società, che non si accorge della cosa più banale. Suo marito non è per niente interessato a lei.
Quello che ha fatto Cohen, con ironia brillante, è sorprendere una società sempre fintamente indignata, riuscendo a parlare di persone considerate scabrose, ma in cui, allora come adesso, vi riconosciamo coloro che fanno parte della nostra vita – il vicino l’amico d’infanzia, la collega di lavoro o addirittura noi stessi.