Vladimir Nabokov è un autore geniale che, nonostante all’estero sia considerato uno dei maestri della letteratura contemporanea, nel nostro paese solo negli ultimi anni, grazie al lavoro dell’editore Adelphi, sta tornando nelle librerie. Soffre, insomma, della stessa sindrome dei Marlene Kuntz, gruppo rock tra i più raffinati d’Italia e d’Europa, che purtroppo non ha il successo che merita. Lontani dalla televisione, dai riflettori della musica “buonista” italiana, i Marlene Kuntz lavorano da anni con credibilità, passione, originalità, qualità che hanno permesso al gruppo di diventare un punto di riferimento per le numerosissime band del panorama musicale underground italiano. In esclusiva per Satisfiction.me Cristiano Godano, frontman del gruppo, s’improvvisa critico letterario e recensisce lo stesso autore russo.
DANIELE RUBATTI
Un giorno mi capitò di essere ospite di un incontro pubblico insieme a un valente critico cinematografico torinese. A un certo punto nominai Vladimir Nabokov, e lui nell’intervento successivo colse l’occasione per definirlo, con vago e automatico intento liquidatore, un classico. In verità mi sembra un modo emblematico di avere a che fare, qui in Italia, con lo scrittore russo. Posto che assumo ciò che disse il mio ottimo interlocutore come l’elemento paradigmatico di quanto sto per ammettere fra poco, immaginando che non lo riguardi, dalle nostre parti Nabokov è più che altro colui che scrisse la famigerata Lolita: bella opera di sicuro valore letterario, ma famosa soprattutto per l’argomento scabroso. (E relegata in un passato che, invero, non è così lontano da noi, poiché venne data alle stampe negli anni cinquanta). Invece fu il prolifico autore di decine di romanzi più decine e decine di racconti e quant’altro, tutti di elevatissimo livello (per me immenso), scritti all’insegna di un credo estetico che, ho il sospetto, non è nelle corde del mood italico. “Parla, ricordo”, l’autobiografia che riscrisse in seconda versione negli anni sessanta e uscita (era ora!) per Adelphi nel 2010, è un libro che contiene, ovviamente, la qualità eccelsa della sua prosa, ma senza gli “ingombri” della sua arte, che, per farla molto breve, rendono i suoi lavori un labirinto fascinoso di livelli di lettura intersecantisi fra loro senza mai dare la sensazione di star leggendo qualcosa di “utile”, come l’acquisizione delle “verità” e delle “rivelazioni” tipiche di quella che lui chiamava “la letteratura delle idee”. L’arte per l’arte, in parole ancora più sintetiche. Siccome mi dispiaccio di questo dato di fatto cerco sempre di favorire in chi si imbatte in mie parole, posto ve ne sia l’occasione, e senza timore di risultare noioso, l’eventualità di fargli venir voglia di scardinare questo pregiudizio “lolitesco” e andare alla scoperta di un autore che, secondo me, scrive in maniera divina (anche in versione tradotta la sensazione di grandezza permane). In America e in molti paesi europei è messo alla stessa stregua di Joyce, Proust, Beckett, Kafka, ma in Italia questa percezione non c’è, e dunque Nabokov rimane un autore molto poco letto. Chi ha voglia, fra coloro che non hanno mai approfondito, provi a verificare queste mie affermazioni leggendosi questo lavoro favoloso. Ne potrebbe rimanere incantato ed essere invogliato a entrare, finalmente, nei suoi impagabili labirinti.
Cristiano Godano