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TABULA RASA

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È probabile che Danila Comastri Montanari non si sarebbe mai aspettata di arrivare a celebrare ben ventun anni di presenza in libreria del suo senatore Publio Aurelio Stazio, protagonista sino a oggi di ben quindici romanzi (se non abbiamo sbagliato il conto). Eppure, sin da quando nel 1991 il suo speciale investigatore aveva preso vita conquistandosi il prestigioso Premio Tedeschi, i lettori gli avevano subito tributato un generoso affetto trasformando il Giallo Mondadori n. 2161 in cui apparve la sua prima avventura intitolata Mors Tua in un romanzo di culto. L’avvenente senatore romano è poi cresciuto nel tempo affinando non solo le sue doti di detective, ma anche quelle di amatore e bon vivant («se devo scrivere le storie di un eroe voglio che sia bello da innamorarmene» mi ha sempre confessato Danila). In Tabula rasa non lo troviamo così affatto invecchiato, né affranto dal mondo che lo circonda, ma Publio Aurelio Stazio ci appare come un uomo politico indaffarato, colto e intelligente, costretto a spostarsi in missione ad Alessandria d’Egitto su richiesta dell’imperatore Claudio che lo costringerà a stringere rapporti diplomatici segreti con gli imbelli Parti. E proprio mentre Publio cerca di ristorarsi nella sua villa sul delta del Nilo gli toccherà seguire una nuova pista criminale, a causa del ritrovamento del cadavere di una giovane donna, probabilmente adepta del culto della dea gatto Bastet. Ci vorrà molta astuzia per Publio Aurelio per non cadere nelle trappole che misteriosi nemici sembrano tendergli e per non essere totalmente circuito dalle arti amatorie della bella Candida, moglie del viceprefetto dell’Egitto. E Danila Comastri Montanari riesce ancora una volta a divertirsi accompagnando i suoi lettori alla scoperta dei segreti del I secolo d.C., mescolando suspense, humour ed erudizione.

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