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Claudia Sugliano. La mia Russia

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La postfazione di Antonio Moresco su Il sentiero per Walden di Michael Sims (leggi anche questa recensione di Carla Tolomeo) mi ha portato alla lettura di La mia Russia, un libro che raccoglie una serie di articoli e saggi scritto da Claudia Sugliano, grande slavista e conoscitrice dell’anima russa.

Articoli scritti dal 1988 al 2017, dalla perestrojka a oggi, che investono vita, società, arte, letteratura di questo paese sconfinato, così lontano dall’America ma nello stesso tempo così vicino, simile nell’inesorabile evoluzione, nonostante i sogni di Tolstoj e Dostoevskij.

La Russia che ci viene mostrata è ancora quella citata da Joseph Roth e Carlo Levi, vista come un viaggio iniziatico attraverso misteri reali o apparenti; in verità è il fascino di questa terra sconfinata, delle sue campagne un tempo abitate dalle “anime morte”, delle isbe (tipica abitazione rurale russa, ndr) ma anche delle sue città dalle mille cupole, di Mosca e San Pietroburgo, capitali politiche e culturali, dove sono conservate le case dei grandi scrittori, magari epurati negli anni bui della cortina di ferro.

Sugliano ci conduce a Mosca nei grandi magazzini GUM, ma anche in via Arbat, la più antica strada della città, di cui si ha notizia dal 1493, sopravvissuta a due grandi incendi, sulla quale avanzava la guardia creata dal Ivan il Terribile per combattere i Boiardi. Tutta la storia di Mosca si svolge intorno all’Arbat, diventato quartiere di lusso e rifatto nell’Ottocento. Il Museo Puškin e il tesoro di Schliemann, il ricordo della poetessa Marina Cvetaeva figlia del fondatore del Museo, morta suicida ai tempi terribili delle purghe staliniane.

Articolo dopo articolo l’autrice esprime la sua profonda conoscenza della storia, della cultura russa attraverso gli incontri con i personaggi contemporanei che esprimono la svolta etica e culturale: Michail Chemiakin artista poliedrico, Boris Zaborov, ma anche il vecchio Pavel Filonov, artista delle avanguardie russe per molto tempo dimenticato perché censurato dal Soviet.

Sugliano scrive con uno sguardo rivolto al passato sempre “presente”, mantenendo vivo il ricordo di vicende non ancora sopite, come la deportazione dei piccoli artisti ebrei, la persecuzione degli artisti, l’oblio e la riscoperta.

Cita Kuz’ma Petrov-Vodkin e il suo ritratto di Anna Achmatova, le piccole sculture di Natal’ja Dan’ko, gli ineguagliati ritratti femminili di Karl Brjullov, testimoni di un’epoca finita, e per contrasto la scultura di Elizaveta Tripolskaja, assolutamente sovietica nello stile e nel racconto.

Ho avuto il piacere di essere chiamata a lavorare nella famosa Manifattura Imperiale di Porcellana a San Pietroburgo, dove queste ceramiche sono state prodotte insieme a mostruosi bellissimi vasi con il ritratto di Stalin e a servizi da tè disegnati e firmati da Kazimir Malevic. Credo che l’esperienza di lavorare in una fabbrica ex imperiale, ex sovietica e nuovamente imperiale sia davvero di grande rilievo.

Sugliano parla degli avori siberiani, dei vassoi in lacca dipinta, delle ceramiche degli zar, delle uova di Fabergé, delle fotografie di Lvov, e dei babbi Natale collezionati in Italia da un estroso Pietro Figura, artista anche lui.

Una grande antologia tra passato e presente arricchita da molte immagini inedite e da splendide fotografie di Giovanna Dal Magro che l’ha seguita di tanto in tanto nei suoi suoi viaggi, nei suoi incontri, dove Sugliano coglie e trasmette tutte le sensazioni legate a questo grande paese e alle sue molte infinite mutevoli espressioni di vita. Un libro indimenticabile.

Recensione di Carla Tolomeo

Photo credits: Giovanna dal Magro

Recensione al libro La mia Russia. Viaggi, incontri, cultura e tradizioni russe di Claudia Sugliano, a cura di Claudia Sugliano con l’apporto della Columbia Turismo di Roma.

 

 

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