La storia di questo libro risale al lontano 1946, quando Ann Petry entra a far parte del panorama letterario newyorkese con il suo libro La strada che arriva in libreria questo febbraio per Mondadori. Scrittrice e giornalista, riuscì a vendere migliaia di copie del suo libro, in una società, quella degli anni cinquanta, in cui tutt’ora ci domandiamo cosa la donna potesse ottenere. E ho dimenticato di dire che era afroamericana?
Il libro della Petry è così importante non solo per una questione di memoria ma perchè è il libro che ogni studente di letteratura vorrebbe leggere. La strada si colloca in uno scenario completamente diverso da quello in cui ci hanno abituato i grandi autori afroamericani, in una Harlem che sì era il centro di una nuova e brulicante cultura Nera, ma rimaneva ancora per la maggior parte un centro di povertà, malavita e razzismo. La Petry riesce nell’intento di pubblicare un romanzo d’azione con una trama viva e intrigante facendo anche, e soprattutto, un potente lavoro di critica sociale.
La protagonista de La strada è Lutie Johnson, una donna afroamericana, conservatrice, e madre di un bambino di otto anni, il cui sogno di vivere una vita felice viene infranto dal tradimento del marito, dal lavoro sfiancante come cameriera e dal razzismo di un’intera comunità. Nonostante questo, lei crede nel sogno americano, e nel duro lavoro. Ma Lutie, è nera e questo può fare la differenza, soprattutto nel 1946.
L’immagine conflittuale di Lutie si scontra con la difficoltà della situazione della stessa Strada. La Petry fece un operazione complessa con questo libro, padroneggiando il genere thriller in una commedia popolare come pochi hanno saputo fare prima. I personaggi, violenti e crudi prendono ispirazione dalla novella criminale, il proprietario del nightclub, il musicista, ma anche le stesse donne, da cui Lutie non trova nessuna solidarietà o conforto, se non, una possibilità di guadagnare con la prostituzione.
Immerso in un commentario sociale dei più vari, La strada indaga sulla disperata natura della miseria umana, eliminando gli stereotipi e ricreando un panorama realistico. E’ un libro sulle persone e sui loro problemi quotidiani, in un ambiente che rende la quotidianità un inferno.
In particolare quello a cui la Petry fa riferimento è la figura della domestica, la Black Mama, che nella visione idilliaca della cittadina americana è l’impiegata felice che si prende cura delle case dei ricchi e dei suoi figli. Come domestica Lutie si rende conto del duro prezzo che deve pagare per fare quella vita. Tra cui abbandonare la propria famiglia e il suo stesso figlio.
In questo senso la Petry era una visionaria rispetto ai suoi tempi, se pensiamo che questo concetto non è del tutto distante dalla nostra realtà. Non è da pensare infatti che le badanti dei nostri anziani facciano un lavoro molto diverso da quello che queste donne facevano allora, come tutti coloro che per necessita sono costretti a lavori disumanizzanti e svuotati di qualunque dignità.
La consolazione per Lutie non risiede neanche totalmente in suo figlio Bub, nell’intrigo di personaggi e conflitti che è La strada non c’è spazio per i buoni sentimenti. E’ una storia dark e disturbante ma contraddittoria, come è l’esperienza umana, immersa nel dolore e nella speranza. Come questa imprescindibile e non ignorabile prosa.
Esther Fantuzzi