Avete presente la storia del tizio perso nell’esercizio di una monotona quotidianità, che incontra un personaggio strambo e, dopo averlo seguito, si ritrova immerso in un mondo nuovo, pieno di assurde avventure che lo restituiranno diverso e più forte al contesto di partenza?
È uno schema talmente abusato che potrebbe persino avere un nome, e al quale non si sottrae Dietland di Sarai Walker, edito da Mondadori e tradotto da Gianni Pannofino. Il romanzo tratta di due donne. Una si chiama Plum, ha trent’anni, ha un serio problema di obesità e vive evitando il mondo che la circonda. L’altra si chiama Alicia, ha la stessa età, è magra e ha una vita fantastica.
Plum lavora come ghostwriter in una rivista per adolescenti in crisi e odia il suo lavoro. Alicia invece, è una giornalista seria, piena di talento, che affronta il mondo, firma i suoi articoli con il suo vero nome e ama il suo lavoro.
Plum e Alicia sono la stessa persona, ovvero Alicia è il sogno di Plum, quello per cui sarebbe persino disposta a morire.
Il modo che Plum ha individuato per ricongiungersi con Alicia è un rischioso intervento di riduzione dello stomaco, più altri costosi interventi di chirurgia estetica per ridurre la pelle in eccesso.
Attraverso la storia di Plum/Alicia, Sarai Walker ci offre un’analisi spesso anche lucida della realtà americana, del falso mito della bellezza a tutti i costi e di quanto sia importante imparare a volersi bene.
Il romanzo non manca di spunti interessanti, caustiche analisi e scene ben scritte, il problema sono i riferimenti. Fight Club e Alice nel paese delle meraviglie sono così presenti da soffocare tutto il resto.
Ogni soluzione che la Walker decide di adottare è già stata utilizzata nei testi di riferimento. Il percorso di autoaccettazione di Plum, per esempio, avviene grazie a una ragazza stramba, che veste in maniera bizzarra di nome Leeta, che fa irruzione nella sua vita fino a sconvolgerla. Leeta appare come un rifacimento del Bianconiglio, o di quel Tyler Durden, alter ego di Jack in Fight Club. Leeta farà parte di un’organizzazione segreta e violenta che punta allo smascheramento sociale e al suo esasperato maschilismo. L’operazione “Jennifer” è molto simile a l’operazione “Mayhem” presente nel più celebre romanzo di Palahniuk. Allo stesso modo la Calliope House appare come la versione di lusso della casa di Paper Street, e il New Baptist Plan proposto ad Alicia/Plum, con le sue regole, i suoi compiti/riti di passaggio, assomigliano troppo al decalogo di Tyler e ai suoi compiti della settimana. Manca solo che la prima e la seconda regola siano identiche…
Potrei andare avanti a lungo e sarebbe stucchevole. Il punto è che le potenzialità di questo testo restano soffocate da questi asfissianti richiami. Inoltre Fight club, ma anche la stessa favola di Carroll, nella loro brevità sono libri enormi, che non smettono di far riflettere, mentre la lunghezza di Dietland è la sua fragilità. Troppi personaggi, troppe trame collaterali.
Molto presto si ha la sensazione di assistere allo spettacolo di un vecchio mago. Anche se i suoi trucchi sono eseguiti con sapienza e cura, fin dall’inizio lo spettatore sa che la donna nella scatola verrà segata e ricomposta; che dal cappello uscirà una colomba e che la carta scelta dal mazzo lui la saprà riconoscere. Sebbene sia un bravo mago, i suoi trucchi sono troppo noti perché possano emozionare.
Una volta, un giornalista chiese a Bolaño come gli fosse venuto in mente di scrivere La letteratura nazista in America. Lui rispose che aveva letto La sinagoga degli iconoclasti di Wilcock e Storia universale dell’infamia di Borges. Gli erano piaciuti e aveva voluto provare. Il risultato – era pronto a riconoscere – era il libro peggiore dei tre. Ecco, Sarai Walker potrebbe dire lo stesso con Fight Club di Palahniuk e Alice nel paese delle meraviglie di Carroll e con un’adeguata dose di sincerità potrebbe anche concludere allo stesso modo.
Pierangelo Consoli
Recensione al libro Dietland di Sarai Walker, Mondadori, traduzione di Gianni Pannofino, pagg. 375, euro 19.