L’ultima task force
Fu grazie a un’emergenza improvvisa che finalmente il governo si decise a nominare un altro governo, stavolta di competenti.
– Basta con gli improvvisati,- dicevano. – La competenza deve tornare al centro della politica!
Vennero nominate alcune task force per gestire la crisi annunciate in pompa magna da altisonanti conferenze stampa, organizzate manco a dirlo da una task force dedicata, e in men che non si dica qualsiasi cosa ebbe la sua task force di riferimento.
Non solo per gestire la crisi, che già di suo era complessa e abbracciava molti campi della nazione, dalla sanità ai trasporti, dal lavoro allo sport, ma anche soltanto per riparare una tubatura o scolare un piatto di pasta. In questa corsa all’esperto, dopo quelle nazionali e regionali, si crearono task force anche di città e di quartiere e perfino di condominio se non di pianerottolo. Ormai si viveva in una nuova dittatura della competenza per cui si poteva tranquillamente assistere a scene in cui un marito chiedeva a sua moglie se pioveva e la moglie, guardando il cielo nuvoloso, rispondesse: “Potrebbe ma meglio non sbilanciarsi, aspettiamo l’evidenza scientifica”. Tutti diventavano esperti, c’era una crescita esponenziale di competenze individuali sviluppate e messe in luce dalle varie decine di migliaia di task force approntate dalla mattina alla sera, tanto che c’era un bollettino quotidiano della Protezione Civile che aggiornava sul numero dei nuovi esperti. Nonostante tutto, però, l’emergenza nel paese non si risolveva, e allora si decise di tentare un’ultima carta. Non fu semplice ma alla fine, su sessanta milioni di italiani, se ne trovò uno che candidamente ammise di non saperne niente, dell’emergenza e di tutto il resto. Subito venne organizzata una conferenza stampa in pompa magna e il primo ministro in persona gli disse: “Lei è stato appena nominato responsabile della task force degli incompetenti, vediamo se almeno voi ci capite qualcosa”.
Luca Ricci