Il dialogo franco-tedesco degli intellettuali.
Il caso Louis-Ferdinand Céline[1]
di Joseph Jurt
Dopo l’incontro tra giovani tedeschi e francesi avvenuto a Sohlberg, nella Foresta Nera, nel 1930, Otto Abetz, il presidente delle Jugendverbände, e Jean Luchaire, editore di Une Generation Rèaliste e direttore del giornale briandistico Notre Temps, fondarono nel 1930 il Sohlbergkreis, che doveva superare le antiche teorie sull’arci-nemico. Questa iniziativa fu nel poi ripresa negli anni Trenta da parte della propaganda nazionalistica. Abetz credeva fermamente di poter ottenere un accordo franco-tedesco anche in queste nuove circostanze, e contribuì in modo essenziale a dare una buona immagine del Terzo Reich in Francia. Anche la filiale della DAAD[2], fondata a Parigi, a partire dal 1934, con la direzione di Karl Epting, fu sempre strumentalizzata dalla propaganda nazionalista. E mentre gli emigranti dell’avanguardia tedesca a Parigi quali Siegfried Krakauer, Walter Benjamin e Gisèle Freund, non trovarono considerazione da parte dell’ambiente culturale francese – di qui ebbe origine la loro tragedia – gli indesiderati agenti della fatta di un Abetz o di un Epting dominavano la scena.
Da parte francese, nel corso degli anni trenta i contatti con la Germania furono fortemente influenzati da intellettuali di estrema destra, che tradizionalmente erano germanofobi. In particolare dopo il 1935, in questi circoli si cercava di rendere più appetibile la Germania nazionalista, poiché era ritenuta una sorta di ariete contro la potenza sovietica. Alcuni scrittori di estrema destra simpatizzavano apertamente con il Nazionalsocialismo, come Brasillach o Drieu La Rochelle, e si fecero accecare dalla estetizzazione del politico, redigendo delle entusiastiche descrizioni della festa di partito della NSDAP a Norimberga. Il caso di Céline fu più complesso. Nel 1932, col suo romanzo Voyage au bout de la nuit, Céline aveva creato una delle più desolanti descrizioni della realtà della prima guerra mondiale, che egli indagava nel suo nuovo – e moderno – aspetto di guerra di massa, in cui l’individuo perde del tutto la propria autonomia, divenendo schiavo di forze irrazionali. Questa rappresentazione è del tutto priva di sciovinismo, ed il patriottismo e l’idea di Francia sono definite come delle mistificazioni. “Dinnanzi alla forza di questa voce, decadono i concetti di eroismo e patriottismo, i dolori e la disperazione si privano di senso, e non rimane nient’altro che una infinita paura della guerra, della morte, a cui egli ci porta, e della vita che lo ha generato”, scrive Isak Grünberg nel dicembre 1932 nella sua recensione sul “Berliner Tageblatt”.[3]Da parte sua, Siegfried Krakauer, nel “Frankfurter Tageblatt”, sottolineò la rappresentazione disillusa e la brutalità impietosa, mentre Walter Benjamin affermò che a Céline, nel Voyage au bout de la nuit, era riuscito rendere la desolazione, la disperazione e la manifesta monotonia, ma non a riconoscere gli antagonismi di classe quali loro caus.[4] Nel 1934, in una recensione sul “Literarischen Welt”, il romanzo, sulla base di una prospettiva nazionalistica, fu oggetto di aspre critiche, quale quintessenza di decadenza e di “degrado spirituale”. L’opera, che avrebbe dovuto essere pubblicata tradotta in tedesco per i tipi della Piper, fu bandita in seguito all’ascesa al potere di Hitler: la censura del Reich ritenne infatti lo scrittore un pericoloso anarchico, un sabotatore della morale.[5]
Céline non fu però soltanto il grande innovatore linguistico-letterario, ma anche l’autore di tre pamphlet antisemiti grondanti ira e odio. Il suo primo pamphlet, Bagatelles pour un massacre, apparve sei mesi dopo edito dalla Zwinger Verlag di Dresda, col titolo d’effetto di Die Judenverschörung im Frankreich [La cospirazione giudaica in Francia, NdT] (1938) in cui il libro era ridotto esclusivamente alla dimensione antisemita. Quando Céline, nel giugno del 1939, nello Stürmer di Julius Streicher fu dipinto come una “voce nel deserto” e il “più grande francese antisemita”, le sue esagitate esternazioni non furono immediatamente sfruttate dalla propaganda nazionalsocialista.[6]
Taluni responsabili culturali ritennero i pamphlet troppo poco “positivi”, come Berhard Payr, direttore del dipartimento di Rosenberg, nel suo libro Phönix oder Asche? Frankreichs geistiges Ringen nach dem Zusammenbruch [Fenice o ceneri? La lotta spirituale della Francia dopo la disfatta] (1942).
[Gli scritti di Céline] per svariati motivi non ci soddisfano. Céline, la cui attività letteraria iniziò col romanzo pacifista-nichilistico Voyage au bout de la nuit, è una personalità assai controversa. In passato aveva esaltato il rifiuto di prestare servizio in guerra. Egli ha messo in discussione quasi tutto ciò che l’umanità ritiene siano valori, e li ha gettati nel fango.
Payr si chiede poi se una figura così “negativa” sia la personalità adatta “a dare un contributo risolutivo nella lotta contro le forze sovrastatali del Giudaismo e della Massoneria?”[7] Karl Epting, di contro, che durante la Guerra era direttore dell’Istituto tedesco a Parigi, espresse un giudizio positivo nei confronti di Céline:
Céline appartiene a quei francesi che sono profondamente legati alle fonti dello spirito europeo. È a noi vicino. La sua critica è rivolta alle circostanze in cui la collaborazione franco-tedesca è sempre stata fallimentare. Perciò egli avrà sempre la nostra attenzione letteraria.[8]
Qui si fa riferimento all’affinità ideologica con quello che Epting aveva definito “il maggiore antisemita francese”. Ma anche Epting espresse le proprie riserve nei confronti del mondo di Céline: “le violente sconfessioni dei tempi presenti difficilmente si possono appaiare a immagini edificanti e profetiche”.[9]
Nel dicembre del 1941 Epting riunì nel suo istituto i due scrittori francesi e tedeschi che egli ammirava più di ogni altro: Céline e Jünger. Tuttavia, tra i due non scoccò la scintilla. Jünger fu atterrito dalla brutale negatività dell’autore di Bagatelle pour un massacre:
[Céline] È sorpreso, urtato di sentire che noi soldati non fuciliamo, non impicchiamo e non sterminiamo gli ebrei; sorpreso che qualcuno, avendo una baionetta a disposizione, non ne faccia un uso illimitato. […] Per me era istruttivo sentirlo parlare per due ore di seguito su questo tono, perché in lui potei comprendere l’immensa forza del nichilismo.[10]
Céline, che nella Parigi occupata era in stretto contatto con i circoli collaborazionisti, senza appartenere ad una organizzazione ufficiale, nel 1944 poté fuggire in Germania grazie all’aiuto di Epting.[11] La sua odissea lungo la Germania apocalittica divenne materia della sua ultima trilogia di romanzi e così anche della sua rinascita letteraria.
Tratto da:
Louis-Ferdinand Céline, Profeta dell’Apocalisse. Scritti, interviste, lettere e testimonianze (a cura di Andrea Lombardi), Bietti 2018.
Note
[1] Da Joseph Jurt, Der deutsche-französische Dialog der Intellektuelen, in Willi Erzgräber, Thomas Kühn e Ursula Schaefer (curr.), Dialogische Strukturen – Dialogic Structures, Tübingen, 1996. Traduzione di Simona Oddo.
[2]Deutscher Akademischer Antausch Dienst; Servizio tedesco di interscambio accademico.
[3] Cit. da Albert Betz, “Céline im Dritten Reich”, in Bock/Meyer-Kalkus/Trebisch, Entre Locarno et Vichy, 715-727.
[4]Da Albert Betz, op. cit., pagg. 716 sgg.
[5]Da Geneviève Guth-Kitts, Céline und Deutschland. Untersuchung eines Missverstaendnisses, Mainz 1976, pag. 207; vedere anche Joseph Jurt, “Céline. Ideologieverdacht oder literarischen Rang? Überlegungen zu Voyage au bout de la nuit”, RZLG VIII, 1-4 (1984): 261-288.
[6]Christiane Sautermeister ha dimostrato che nell’edizione tedesca di Bagatelles pour un massacre, erano stati estrapolati in particolare i brani che potevano risultare utili alla propaganda nazionalsocialista. Le strutture ritmico-stilistiche erano state livellate a favore di un piatto scritto di propaganda. Furono eliminate dichiarazioni contro la decadenza ariana, giudizi positivi su singoli ebrei, paragoni tra lo spirito militare ebraico e quello tedesco, ma anche espressioni poco rispettose su Hitler. A tal proposito, si veda Christine Sautermeister, “La traduction allemande de Bagatelles pour un massacre”.
[7] Bernhard Payr, Phönix oder Asche? Frankreichs geistiges Ringen nach dem Zusammenbruch, Dortmund 1942, 136-137.
[8] Karl Epting, Frankreich im Widerspruch, Hamburg 1943, pag. 64.
[9] Karl Epting, op. cit., pag. 64.
[10] Ernst Jünger, Strahlungen, Tübingen 1949, pag. 63. Tr. it. Irradiazioni. Diario 1941-1945, Parma 1995, pag. 56 (da osservare come in larga misura Céline intendeva “épater le bourgeois” con queste affermazioni, vista la reciproca antipatia tra Jünger e lui, NdC).
[11] Vedi Colin Nettelbeck, “Céline”, in: Kollaboration in Frankreich, Frankfurt 1991, 198-212.