“Più ti avvicini a un individuo, più assomiglia a un quadro impressionista, o a un muro scorticato dal tempo e dalle intemperie: diventa insomma un coagulo di macchie insensate, di grumi, di tracce indecifrabili.”
Emanuele Trevi torna in libreria dopo Sogni e favole, libro del 2019 edito da Ponte alle grazie, vincitore del premio Viareggio, e lo fa con un libretto breve e denso. Due vite, edito da Neri Pozza, è il racconto affettuoso e a tratti struggente di un’amicizia, quella dello stesso Trevi con un uomo, Rocco Carbone, e una donna, Pia Pera. Entrambi scrittori, tra loro diversissimi, entrambi capaci di lasciare un segno profondo nella vita di chi racconta. E in effetti, a ben guardare, Due vitenon è tanto – o almeno: non solo – il resoconto di due esistenze, quanto piuttosto il resoconto di come quelle due esistenze si siano intrecciate ad una terza.
Carbone era un amico generoso, intenso, capace di prendersela per poco, sempre alla ricerca di attenzioni, di testimonianze d’affetto. I due si conoscono a Roma, in un momento in cui Carbone viveva una curiosa identificazione letteraria con Ciccio Ingravallo, il protagonista del Pasticciacciodi Gadda, libro amato e studiato, ma che diventa anche qualcosa di più, in qualche modo una chiave d’accesso a Roma. Per tutta la vita Carbone fu perseguitato da una profonda infelicità, lo stesso Trevi si chiede «ma come definire ciò di cui soffriva Rocco?». Anche lo scrivere romanzi, viene vissuto come una sorta di penitenza. E la carriera letteraria di Carbone sarà portatrice di altra infelicità, perché non si sentirà ripagato del successo e della considerazione che sentiva invece di meritare. Proprio il carattere difficile e impetuoso di Carbone causerà un distaccamento tra lui e l’autore, una separazione che verrà in parte ricomposta all’uscita de L’apparizione, la sua ultima opera, la più importante. Non sarà un riavvicinamento totale, forse più un rammendo, ma sarà abbastanza perché i due restino vicini fino alla fine.
Nonostante la già accennata diversità di carattere, un destino di insoddisfazione simile accomuna il ritratto di Rocco Carbone a quello di Pia Pera. Trevi la conosce a Frosinone, durante un convegno su Tommaso Landolfi, e immediatamente ne riconoscerà la dolcezza, la brillantezza, l’impeto curioso che la porta a una continua mobilità. Da allora, i tre amici incroceranno più volte le loro strade, e Pia Pera sarà quella che spesso si spenderà per far sì che gli altri due non si perdano in litigate. Dicevo, anche il suo (in modo diverso) un destino di insoddisfazione. Da una parte per un susseguirsi di disavventure amorose, l’incontro con i diversi «vermi» che ne segnano la vita sentimentale; dall’altra la ferita per il suo progetto più ambizioso, quel Diario di Lo, riscrittura di Lolita dal punto di vista della ninfetta, che sarà al centro di polemiche e di una battaglia legale negli Stati Uniti.
Alla fine, entrambi, Rocco e Pia, se ne andranno troppo presto. Per una tragica fatalità uno, dopo una lunga malattia l’altra. Due vite è quindi un girovagare nei ricordi, quasi, volendo, una storia di fantasmi. La materia del racconto assume toni più intimi e personali rispetto al precedente Sogni e favole. Qui l’autore chiude conti, dà voce anche ai rimorsi, ma non cede mai a facile sentimentalismo.
Trevi salta da una vita all’altra, con apparente, svagata casualità, lasciando e riprendendo continuamente il filo della narrazione. Trattandosi di due scrittori, alla rievocazione dei fatti si mischiano anche meravigliose considerazioni di critica letteraria. Quella di Due vite è una scrittura semplice, non c’è parola sprecata, evoca figure ed emozioni con pochi, felicissimi tratti. Dà addirittura una sensazione di facilità, quasi che a Trevi ci sia voluto poco a raccontare e raccontarsi questa materia che invece viene da immaginare difficile, dolorosa. Le parole più belle, in proposito, le offre proprio lui, e non c’è, mi pare, nulla da aggiungere: “Ne deduco che la scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti, e consiglio a chiunque abbia nostalgia di qualcuno di fare lo stesso: non pensarlo ma scriverne, accorgendosi ben presto che il morto è attirato dalla scrittura, trova sempre un suo modo inaspettato per affiorare nelle parole che scriviamo di lui, e si manifesta di sua propria volontà, non siamo noi che pensiamo a lui, è proprio lui una buona volta.”
Edoardo Zambelli
Recensione al libro Due vite di Emanuele Trevi, Neri Pozza, 2020, pagg. 128, euro 12,50.