Le alternative non esistevano se ti chiamavi Tommaso Labranca. Esisteva l’alternativa di evitarlo, svi(t)arlo o almeno provarci, sino a quando non ti travolgeva con la sua parlantina. In realtà era lui a sfidarti senza notarti e la tua presenza volgeva al termine in pochi istanti. Ma se ti assorbiva nella sua dimensione eri già parte del tutto, senza l’esigenza di (so)stare nel suo universo.
Tommaso mi manca – mi dilungo brevemente ma devo, anche se rispetto alla moltitudine dei suoi colleghi lo conoscevo poco. Entrai subito in sintonia e poi, con le pubblicazioni Progetto Elvira. Dissezionando Il vedovo (della collana Miyagawa) e Il sussurro dell’acqua. H2O (entrambi 2014), non seppi resistere al desiderio di passare qualche secondo, minuto, ora in sua presenza. Anche la rubrica su “FilmTV” era qualcosa di geniale nel suo piccolo (2008-2012). Tenne una presentazione al casello daziario di Porta Volta, e quelle sue dediche “a Samuel” oggi mi fanno riflettere su quanto conoscesse il Vero Me senza troppe chiacchiere.
Rileggerlo oggi mi infastidisce, perché lui era avantissimo quando io ero ancora indietrissimo, e oggi gli avrei letto negli occhi quello che lui tentava di comunicare al mondo intero con i suoi panegirici goliardi taglienti dalla nonchalance acuta e ingegnosa. Oggi lo si direbbe “una persona fuori dagli schemi” quando, in realtà, lui è sempre stato negli schemi, al gioco, spostando le griglie e i filamenti della fragile rete dell’intrattenimento senza disturbare troppo il mainstream superficiale.
Un “manipolattore”, un filantropo della parola, il genio della lampada che tiene accesa l’abat–jour nell’angolino giusto. Autore televisivo, scrittore, editore. Nel prendersi sul serio si prendeva in giro, nella provocazione scuoteva, lasciando interdetti (sapete, quel classico refrain disorientante: «Ah è vero, però, boh non so che dire»). Se dal basso della nostra auto celebrazione da critica saputella ci fossimo realmente specchiati, mentre Tommaso si allontanava sempre più dal conformismo, ci saremmo collocati dalla testa ai piedi dentro un secchio, senza accorgerci di essere già crollati nel fondo del pozzo.
Nell’inessenziale, lui trovava un tesoro. Nel bianco e nero, la colorazione postuma della cromia. Nell’esistenza anni 2000, una forte dissonanza con l’ambiente circostante, come se la disgregazione di massa lo stesse stringendo per portarselo via. Claudio Giunta assembla con eleganza romanzata l’intricato mondo Labranca con recuperi di rarità disperse nell’etere e interviste da escatologia contemporanea, amplifica e stratifica l’immagine sindonica di una presenza che ha lasciato il segno.
Autore di fama, prima con lo scritto Andy Warhol era un coatto. Vivere e capire il Trash e poi con la realizzazione del programma televisivo Anima mia con Claudio Baglioni, Fabio Fazio e Orietta Berti, Tommaso saltellava nell’invisibile e campava col visibile, un grillo parlante tra campi di miele e ali acide grigiastre in perenne mutazione. I libri su Skin, Michael Jackson? La cultura del Trash? Chi era Labranca per poter concepire delle analisi così lucidamente pop e poi inimicarsi i devoti del pop da pattumiera Trash? Mentre, ai tempi, ci si chiedeva se taluni individui amassero mascherarsi per poi comparire dal nulla menando fendenti nell’aria (e far parlare di sé), lui poteva permettersi la distinzione dalla finzione scenica di massa allestendo un teatrino dal forte spessore culturale umidiccio.
Nella spazzatura cerebrale, nello scarto organico, lasciava che brulicasse splendore per poi dissezionarne la patina luccicante. La pelle di serpente dei molti bruciava sotto l’infinito sole dell’effimero. Rileggo Il sussurro dell’acqua. H2O e mi viene un brivido: «Questa versione in A3 tirata in soli 60 esemplari numerati e autografati dall’autore è volutamente illeggibile. Si ispira a un “gioco” fatto da Aldo Vitali che in un numero del quotidiano La Voce (fondato e diretto da Indro Montanelli per soli 13 mesi tra il 1994 e il 1995) pubblicò su una sola paginata e in caratteri piccolissimi un intero romanzo di Pasquale Panella». Le alternative esistono.
Samuel Chamey
Recensione al libro Le alternative non esistono. La vita e le opere diTommaso Labranca di Claudio Giunta, Il Mulino, 2020, pagg. 251, euro 23