«…ho imparato più cose sulla storia del Novecento in due mesi che in dodici anni di scuola. Us ci costringe a essere vittime o carnefici, militari o ribelli, violenti o pacifici. All’inizio ti sembra uno sparatutto come gli altri, sei forte perché hai un fucile ma poi capisci che avere un’arma non è decisivo, che nella vita Tommaso si può scegliere, si deve scegliere.»
Michele Cocchi, Us, Fandango Libri 2020
Sono le parole pronunciate da Luca, alias Hud, verso il protagonista Tommaso, negli ultimi capitoli di Us, l’ultimo romanzo in ordine temporale di Michele Cocchi, pubblicato alla fine dello scorso maggio da Fandango Libri nella collana “Weird Young”.
In un venerdì di inizio ottobre, sul gruppo Facebook di Book Advisor, abbiamo parlato a lungo di questo libro, terzo titolo della collana assieme a Bunny, di Mona Awad, e a Sirley, di Elisa Amoruso. Ma abbiamo anche raccontato dettagliatamente questa collana e le altre novità della casa editrice indipendente, presente nelle librerie da oltre venti anni.
Ci siamo soffermati a lungo su quella che oggi è la letteratura per ragazzi e sul pregiudizio da parte dei lettori forti su storie come quella di Us, capaci, invece, di coinvolgere chiunque. D’altra parte, L’isola del tesoro insegna. In realtà Us è un romanzo che parla sì, direttamente ai ragazzi, ma che sa parlare molto chiaramente anche agli adulti, i quali vogliono cercare di capire il mondo dei giovani. Una lettura che apre mondi sulla realtà dei nuovi videogiochi, ma anche su quelle adolescenze vissute come tempo del ripiegamento e dell’isolamento. Non a caso il protagonista, Tommaso, ha sedici anni e da diciotto mesi non esce di casa: quasi non esce dalle quattro mura della sua stanza.
Tommaso ha scelto per sé una forma di eremitaggio sociale, quella che viene definita la “segregazione dell’hikikomori”. Le problematiche dell’infanzia e dell’adolescenza hanno coinvolto emotivamente tutti i lettori di questo libro nel dibattito. L’autore, del resto, ha una precisa competenza in materia in quanto psicoterapeuta infantile, e già nel suo precedente La casa dei bambini (sempre edito da Fandango e vincitore del Premio “Comisso” 2018), aveva affrontato il difficile momento della crescita e del passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Il fenomeno del ritiro dei giovani dal mondo che li circonda, è uno dei sintomi più drammatici e angoscianti della nostra epoca. Con Michele Cocchi abbiamo visto come questa autoreclusione coinvolga anche in Italia un numero sempre maggiore di giovani, prendendo le dimensioni di una piaga sociale particolarmente incomprensibile e ostinata. Il disagio nell’essere accettati dai coetanei accanto a quello di non soddisfare le aspettative degli adulti, porta verso forme di solitudine psichica, oltre che fisica. Infatti, da un giorno all’altro, in seguito a una malattia psicosomatica, Tommaso interrompe ogni rapporto con gli amici, abbandona il basket, la scuola, le sue passioni e finisce per passare il suo tempo a guardare video di vecchie partite NBA e a giocare ai videogame.
La dipendenza da Internet e l’ossessione per il gioco, si insinuano nella sua vita dopo il ritiro dal mondo, solo in un secondo momento. Quindi non ne sono la causa. Ci siamo interrogati su cosa porti un ragazzo all’isolamento sociale volontario e sul perché decida, dopo una intera giornata in cui galleggia nel torpore più assoluto, di organizzare le sue serate intorno a un gioco, che diventa la sua ossessione e il suo unico appuntamento fisso.
Si chiama proprio Us, questo gioco a squadre composte da tre giocatori ognuna, impegnati in cento campagne in un anno, una al giorno. Vince la squadra che completa le campagne per prima, restando unita. Il gioco propone loro ogni giorno delle missioni “storiche”. Sono missioni che li mettono a dura prova, coinvolgendoli in episodi tragici del nostro Novecento e in posizioni eticamente difficili. Di volta in volta si può essere dalla parte delle vittime o dei carnefici, dalla parte delle Farc in Colombia, dei nazisti in Germania durante la Seconda guerra mondiale, di Mandela nel Sudafrica dell’appartheid, dei serbi nella guerra nella ex Jugoslavia, dalla parte sbagliata nel conflitto arabo-israeliano nel Libano degli anni Ottanta. Ogni giorno devono capire come arrivare alla fine della missione restando uniti nelle scelte. Questo fino alla campagna che più di tutte scuote i loro animi: il massacro di centinaia di monaci copti, fucilati barbaramente dalle truppe coloniali italiane nel 1937 in Etiopia, nel monastero di Debre Libanòs.
Un braccialetto, un avatar e un computer: bastano questi pochi elementi per allontanarsi dalla vita reale del piccolo borgo ligure di Airole, ai confini con la Francia. Bastano per estraniarsi dai suoi rapporti difficili con i genitori o da quello inconsistente col fratello maggiore nerd, Cosimo, così come da quello confidenziale con la sorella Lisa o dal tenero rapporto con il tasso che abita il giardino di casa.
L’avatar di Tommaso si chiama Logan, per un omaggio a Wolverine, supereroe della Marvel. Insieme a lui giocano Rin/Beatrice, una ragazza guerriera con un look da samurai, e il cinico e sprezzante Hud/Luca, che sembra uscito da un videogame sparattutto. Logan, Hud e Rin entrano nella realtà virtuale di Us e vivono le loro avventure come prescrivono le regole del gioco.
I tre non si conoscono, non possono parlare di sé, lo dicono le regole, ma diventano amici. Rin e Logan, per tutta la durata del gioco, cercano di restare quanto più è possibile umani dentro quel mondo virtuale, ponendosi dubbi e problemi. La contrapposizione tra mondo reale e mondo, ricostruito dal videogioco finisce per innescare continue riflessioni sulle azioni da compiere e le scelte da prendere, con delle ripercussioni anche nella vita quotidiana.
Ogni giorno il terzetto si immerge tra i conflitti più sanguinosi proposti dal gioco, dove avranno sempre qualcuno da salvare e qualcuno da eliminare. Però la missione storica finisce per essere parecchio invasiva, ponendo i giocatori di fronte a una umanità che ha veramente vissuto quelle situazioni. Da qui la riflessione sulle scelte da prendere anche all’interno del mondo virtuale. La storia del Novecento diventa quindi azione, costringendo i ragazzi a schierarsi e a gestire le paure, i dubbi e a comprendere come non sempre sia possibile comportarsi da eroi.
La sfida ultima, contenuta nel sorprendente finale, consiste nell’apprendere come rimanere attaccati alla propria dimensione umana. La lenta scoperta offerta dal finale è quella di capire come si diventa realmente esseri umani, imparando ad affrontare il proprio lato oscuro, imparando ad avere il coraggio necessario per operare scelte così come a scegliere di vivere nel mondo. Le scelte coraggiose di Tommaso, sempre nel finale, diventano una forma di solidarietà sociale e civile.
L’andare verso la Francia attraverso i sentieri di montagna fatto con una famiglia di immigrati irregolari, attua in Tommaso come in Hud e Rin o, meglio, in Luca e Beatrice, il loro riscatto, produce la loro rinascita.
Quel gioco, che all’inizio del romanzo era l’ultima risorsa a loro disposizione, l’estremo tentativo di tenere collegato almeno un filo con quanto sta al di fuori, diventa un banco di prova, un restare in rete per poter gestire le relazioni sociali con più controllo e affrontare la vita, abbandonando gli avatar, scegliendo di porsi dalla parte dell’umanità dolente, di aprirsi agli altri.
Quindi, amici lettori, niente spocchia da raffinati cultori della letteratura alta e polverosa. Immergiamoci senza pregiudizi in una lettura che ha la capacità di coinvolgere tutti: ragazzi, giovani e adulti.
Antonello Saiz