Non avete mai letto un libro come Tutti i giorni, di Terézia Mora. Il romanzo, tradotto da Margherita Carbonaro per Keller editore, è all’apparenza una storia di formazione: il giovane Abel Nema, dalla nazionalità ignota ma presumibilmente balcanica, si trova apolide poco dopo la maturità. Treni, piedi, taxi: ogni mezzo lo trasporta attraverso l’Europa, e lui – meno che ventenne – inizia un viaggio discontinuo e confuso, costellato di eventi che lo cambiano e lo trascinano senza che lui opponga resistenza.
Un viaggio che non termina mai. Perché la mancanza di un Paese di appartenenza, che è anche un luogo dell’anima, è incolmabile e incomunicabile. Da qui, l’eterna solitudine che lo attanaglia, compensata solo in apparenza dallo straordinario talento linguistico del protagonista: l’uomo parla dieci lingue.
Un matrimonio bizzarro, che contiene in sé il dono di una mente affine, incontri erotici e delicatissimi, tournée attraverso il continente: tutto quello che gli accade non fa che renderlo sempre più migrante, alieno a sé stesso e al mondo intero. Non si immagini però un dramma deprimente e massiccio. Lieve come l’aria, coinvolge e fa sorridere con un’ironia sottile e grossolana al tempo stesso. Fa letteralmente ridere, e piangere, ma non si sofferma mai troppo su una sola emozione: anche il lettore è sempre in viaggio.
Terézia Mora però non esplora solamente il concetto di appartenenza, che travolge un giovane ragazzo di etnia rom e una vichinga indomita come un bambino con l’occhio di vetro e il suo nonno autore di romanzi d’avventura, l’autrice crea una storia complessa e ricca, ricchissima di spunti filosofici ed esistenziali. Una storia che è amore, dolore, scoperta, che contiene il mondo intero e lo narra con una potenza e una efficacia inaudita. La maestria della traduttrice si fonde alla penna dell’autrice in un testo leggiadro e portentoso. Il lettore vive nella testa dei personaggi, respira e condivide i loro pensieri, e lo fa avanti e indietro nel tempo, cambiando continuamente prospettiva. La lettura è impegnativa, ma ogni singola parola ricompensa chi abbia la forza di sostenerne il portato e abbracciarne la poesia.
Così Tutti i giorni realizza quello che promette nel titolo: conduce attraverso tutti i giorni della vita di Abel Nema e la sua magnetica attrazione per tutto ciò che è perso e apparentemente fallito e scartato dalla società, ma che in realtà le dà la vita stessa. Terézia Mora sospinge il lettore attraverso gli anni, per poi tornare indietro e fermarsi per decine di pagine su pochi, preziosissimi istanti, senza mai perdere il filo degli eventi che risultano sempre e inevitabilmente interconnessi. Eppure, non conosciamo il nostro protagonista fin quasi alla fine del romanzo. Gli ultimi, folgoranti capitoli sconvolgono, non tanto con la forza della rivelazione quanto con la totale capacità di scandagliare l’esistente e capire profondamente l’umano. L’unico vero amore, l’abbandono, il destino e Dio, tutto questo trova un senso e una risoluzione solo nella forma di fulmen in clausola. La storia, solo apparentemente circolare e infinita, è racchiusa da un finale perfetto e indimenticabile.
Giulia Giaume
Recensione al libro Tutti i giorni, di Terézia Mora, Keller 2020, traduzione dal tedesco di Margherita Carbonaro, pagg. 495, € 19,50