Nick Drake, nel periodo buio che si chiuse con la sua misteriosa morte e successiva scalata dell’olimpo del rock, sognava che il diavolo veniva a riprendersi tutto, compresa l’ispirazione per scrivere grandi canzoni. Drake era un fanatico di Robert Johnson, primo bluesman ad aver barattato la sua anima col diavolo in cambio di un talento sopraffino, ma anche di maudits come Baudelaire e Rimbaud, che in visita all’inferno ci andavano regolarmente.
Qualche anno prima, tuttavia, Mick Jagger aveva già dimostrato, scrivendo un pezzo come Sympathy for the devil (ispirato a Il Maestro e Margherita di Bulgakov) – trasformato da Keith Richards in un samba-rock irresistibile – che non era più necessario stipulare alcun patto col maligno, perché lui è già qui, fa parte di noi. E anche se siamo portati a pensare che il suo influsso, in numerosi frangenti della nostra storia, abbia determinato catastrofi e sofferenze del tutto evitabili, io credo che gli si debba dare l’opportunità di farsi ascoltare. D’altra parte, senza di lui non saremmo qui, non saremmo proprio nati e a contarsi le dita nel paradiso terrestre – posto noiosissimo – ci sarebbero ancora Adamo ed Eva, pronti a distogliere lo sguardo ogniqualvolta un albero di mele richiedesse la loro attenzione.
Per fortuna Eva, che era un po’ più sveglia di Adamo, cedette alla tentazione del diavolo-serpente disobbedendo all’autorità di Dio e permettendo agli esseri umani suoi discendenti di entrare a conoscenza del bene e del male, proprio come il capo, o anche semplicemente della possibilità di conoscere e della consapevolezza della loro libertà di scegliere.
In pratica, il morso del frutto proibito ci rese vivi, al netto di tutta la sofferenza che la vita comporta, e quindi liberi.
Non è peregrino dunque considerare il diavolo come l’inventore della filosofia, Lucifero, il portatore di luce che squarcia il buio dell’ignoranza e dell’oppressione. E parlo di filosofia e non di semplice conoscenza, perché di questa la filosofia ne è la ricerca incessante. La conoscenza assoluta concessa da Mefistofele a Faust è mortifera proprio come l’Eden, mentre è l’amore, il gusto del conoscere, ciò che ci rende liberi di essere noi stessi e formarci nella nostra libertà. L’arma principale della filosofia è il dubbio, che mette in discussione lo stato delle cose fino a farci optare per la disobbedienza, arte rischiosa ma unica custode della libertà (di essere, vivere, pensare), ciò che di più importante abbiamo. L’arte di disobbedire, lascito luciferino, è dunque necessaria per vivere e per tenerci il più lontano possibile dall’ebetudine edenica trasformatasi dopo la caduta sulla Terra in oppressione organizzata, un altro modo per non pensare e lasciarsi vivere e sfruttare – non proprio una vita degna d’essere vissuta.
Quindi, ascoltate Jagger o Socrate, e andate a parlare col vostro dáimōn per cercare di realizzare in questa breve vita l’eudaimonia, la felicità, fine stesso dell’esistenza per Aristotele. Fatelo a colpi di disobbedienza, e non ve ne pentirete – potrete anche tenervi stretta la vostra anima se volete, il diavolo non se ne farebbe nulla.
[Il diavolo spiffera tutti i suoi segreti in un libro che porta il mio nome, ma solo perché non aveva voglia di vedersi la casa invasa di giornalisti, lasciando tutto l’onere al sottoscritto. Si intitola L’arte di disobbedire raccontata dal diavolo. A pubblicarlo nel 2020, è stato Colonnese Editore.]
Stefano Scrima