Questo è un volume pregiato. Dalla rilegatura alla copertina rigida, dalle illustrazioni all’impaginazione, tutto grida: sono una piccola perla. E di piccole perle si parla anche nella storia, essenziale carteggio tra le sorelle Atlantica e Mediterranea. Centottanta milioni di anni di esperienza la prima, cinque la seconda, le due distese d’acqua riflettono sul senso dell’esistenza, sull’universo e la convivenza con le creature del mondo, mentre intessono un delicato piano: riunirsi una volta per tutte.
Lo squarcio creato dalle terre emerse ha infatti reso le distese d’acqua disgiunte: un dramma al quale le sorelle del mare, faticosamente entrate in contatto tra loro attraverso alcune missive, vogliono porre rimedio. Così escogitano una serie di stratagemmi, in un tempo che al lettore pare lentissimo ma non ha paragoni con la vita delle sorelle. Per prima cosa creano gli esseri viventi, facendo emergere gli animali dalle acque, così da avere dei veicoli attraverso cui comunicare. Ogni creatura, infatti, è un ricettacolo di acqua, come tali sono messaggeri inconsapevoli e fonti di conoscenza: le acque leggono le memorie di animali, piante e persone, orientandosi così rispetto a ciò che accade sulla Terra.
I brevi e densi episodi affrontano con apparente leggerezza concetti come il dolore, la rinascita, la maternità e il futuro sia attraverso gli occhi delle persone a cui i mari attingono, nella forma di immagini, pensieri e opere d’arte, sia attraverso i propri ricordi. Tra questi ce n’è uno, fortissimo, dedicato a Icaro: Mediterranea si rifiuta di dimenticarlo, sovvertendo così un immaginario antico che vede il mare indifferente al suo dolore.
Altro ricordo, vago ma conciso, è lo squarcio generato dalle terre emerse, in un passaggio che lascia intravvedere un femminile aggredito e prevaricato proprio dei temi ecofemministi cari all’autrice danese Siri Ranva Hjelm Jacobsen.
La connessione delle “creature” con l’acqua – qui interpretata come la vita stessa – è ripresa nelle viscerali illustrazioni della disegnatrice Dorte Naomi: il suo bianco e nero, evocando le illusioni ottiche di Escher, gioca a fondere ciò che è elemento umano e ciò che è naturale, caotico, non diversamente dalla sovrapposizione e contrapposizione di idee delle due protagoniste della storia.
Le voci narranti, che polarizzano la Terra in una visione da un lato esistenziale e dall’altro emotiva, non sono che due anime di uno stesso mare, una giovane e l’altra saggia.
La scrittrice, nata nel 1980 nella Danimarca continentale da genitori originari delle isole Faroe, realizza in sole novantasei pagine una sorta di poema in prosa dal gusto mitologico – in Italia attraverso la parola asciutta e precisa di Maria Valeria D’Avino – e allo stesso tempo moderno: difficile non riconoscere quegli umani stipati nei “baccelli” che attraversano disperati Mediterranea e in uno soffio le giacciono sul fondo. Doloroso inoltre leggere l’incipit: «Mi riempiono ogni giorno di cose estranee e inanimate, me le ficcano dentro».
L’abuso del mondo naturale e marino si accosta così a un occhio compassionevole e confuso rivolto alle vittime del cambiamento climatico, i migranti e gli alberi, così come gli animali («Dove si poseranno gli uccelli?»).
Giulia Giaume
Recensione al libro Lettere tra due mari di Siri Ranva Hjelm Jacobsen, trad. Maria Valeria D’avino, Ill. Dorte Naomi, Iperborea 2021, pagg. 96, € 14,00