Non è la prima volta che Annarita Briganti ci regala biografie di donne diventate vere icone. Lo aveva già fatto con il saggio Alda Merini. L’eroina del caos edito nel 2019 da Cairo e ripete l’esperienza con Coco Chanel -Una donna del nostro tempo-, uscito a gennaio 2021 sempre per Cairo (pagg. 148 euro 15,00). Ci sono vari modi di accostarsi alla scrittura biografica. L’autrice lo fa con la leggerezza, l’eleganza di una ballerina sulle punte che da sola riempie la scena e la meticolosità di un archeologo nel ricomporre ogni tessera di quel mosaico che è la vita. Possiamo imbatterci in pseudo scrittori interessati a mettere in risalto gli aspetti scandalistici, affidandosi alla banalità del pettegolezzo e mirando a un pubblico da gossip, e in quelli che si fermano a una mediocre inconsistenza, testimonianza di un distacco emotivo tra loro e il soggetto descritto.
Con Annarita Briganti non corriamo questi rischi. Dietro al suo lavoro si avverte la ricerca minuziosa di quante più fonti possibili per rendere la scrittura verità e il bisogno di avvicinarsi, tanto da rischiare l’identificazione, al personaggio preso in esame. A lei dobbiamo uno stile scorrevole, una descrizione tesa a denudare senza, per questo, ferire, ma con il solo intento di rendere la persona nella sua interezza. L’autrice non emette giudizi, non incorre nei molti errori commessi da altri nei confronti di una donna come Coco Chanel che ben si prestava a essere osannata e criticata con durezza perché così avanti per una società di inizi ‘900 anche in una città cosmopolita come Parigi. Lei troppo libera e audace per ancorarsi al passato e sempre instancabilmente proiettata verso il futuro. Leggendo, si ha la sensazione che la scrittrice la prenda sottobraccio e con lei s’incammini mentre ci fa il gesto di seguirle. Un invito ad attraversare insieme la storia, quella privata della stilista e quella con la S maiuscola, entrambe ricche di eventi. Siamo con loro nell’orfanotrofio dell’Abbazia di Aubazine dove Coco ha trascorso l’infanzia, tra le suore vestite di nero e di bianco, i due colori che troveremo nelle sue collezioni e che indosserà lei stessa durante la sua lunga vita. Orfana di madre e abbandonata dal padre, costruirà il suo impero passo dopo passo, partendo dal nulla, solo dalla sua forza.
«La gente crede che abbia trovato tutte le porte aperte, ma la verità è che le ho spinte» è una delle sue celebri frasi. Coco, la provinciale che sopravviverà a due guerre mondiali, all’epidemia di Spagnola, alla crisi economica del 1929, si porterà per sempre dentro le ferite dell’anima camuffate dai suoi intramontabili tailleurs, abbellite dai bijoux e dagli accessori di sua creazione, avvolte da scie di profumo Chanel N° 5. Siamo a Parigi nel suo atelier di Rue Cambon 31, studio e abitazione privata. Il luogo dove sono conservati gli amati libri, i leoni, i paraventi cinesi, le sue forbici d’argento, gli oggetti usati nel quotidiano e dove ha lavorato fino all’ultimo. Lei, Mademoiselle Gabrielle Bonheur «Coco» Chanel, contraria al matrimonio borghese, s’innamorerà due sole volte, ma in entrambe, un destino crudele le negherà un’unione felice e duratura. Da allora il suo sorriso non sarà che una linea sottile di labbra. Avrà per amanti uomini e donne, ammiratori, amici, ma insufficienti a sconfiggere la sua solitudine. Per combatterla si trasferirà all’hotel Ritz, lì dove la vita è in continuo movimento e le notti e il sonno verranno affidati alla morfina. Dietro al successo conquistato c’è la sua lotta in favore della libertà assoluta, del riscatto della donna che passa anche dall’indossare abiti non più pesanti, corazze che impediscono i movimenti, ma ridotti all’essenziale, perché è lì la vera eleganza e l’opportunità di sentirsi se stesse, ma troviamo anche il racconto di una vita dedicata al lavoro, motore per risollevarsi e proseguire, sempre e comunque. È facile consigliare la lettura di questo libro, specie in un periodo così ostile, perché diventa medicina e trasfusione di energia, dando la forza di sorridere ogni giorno anche dietro a una mascherina e rendendo più accessibile la fiducia. Un motivo, non da poco, per essere grati all’autrice.
Carla Magnani