I ragazzi e le ragazze fanno attenzione a molte cose, si soffermano, non solamente su degli oggetti intorno a loro, ma anche nei nostri occhi, nei nostri sguardi. Memorizzano ciò che diciamo e vorrebbero essere di aiuto quando ne abbiamo bisogno. Non ce ne rendiamo conto ma ci accompagnano in molti posti. Non scelgono di farlo ma sono più attenti di noi. Come lo so? Come voi sono stato dapprima un bambino e poi un ragazzino e me lo ricordo!
Ora, se una bufera , se un vento alzatosi da chissà dove, mi avesse portato, come ad Ernesto, il protagonista di “Nuvole zero, felicità ventitré”, un cianometro in un astuccio di legno, è certo che sarei corso da mio padre e lui avrebbe saputo dirmi subito di cosa si trattasse.
Sarei stato emozionato ed attento e, una volta capito come usarlo, avrei cerchiato quella parte di cielo che se ne sta ancora lì dietro casa, quell’azzurro così intenso sotto il quale giocammo un’infinità di partite di pallone e che adesso non aspetta altro che riascoltare le urla ed i giochi a nascondere.
“ Il cielo è come un animale che respira e cambia e non si ferma mai” scrive Stefano Tofani, il cielo sta sopra i grandi e sopra i giovani, sopra i cambiamenti e le delusioni, sopra l’amore e le separazioni, anche quelle dei genitori. Il cielo sta sopra la magia e le avventure, sopra le faccende quotidiane, la paura e poi il coraggio, sta lì a guardia silenziosa di una valigia sotterrata in una pineta trovata per caso.
“Nella valigia c’era un librino ingiallito e puzzolente, con alcune pagine strappate. Scritto in un italiano antico, strano , che non si capiva….insieme al libro c’erano due statuette di legno, vecchie, scheggiate : una raffigurava un bambino ( aveva il pisello) e l’altra una bambina( non aveva il pisello)….” e una piccola chiave arrugginita e poi, da sopra quella valigia, la delusione e il mistero, le voci eccitate e la complicità di tre amici, di tre perdenti.
Sta in questo libro, in questa corsa che Ernesto , la Maura e il Cardello faranno in quell’estate senza compiti per le vacanze, l’estate tra la quinta elementare e la prima media, l’estate che vivemmo tutti, quel tempo così magico in cui per qualche ragione accade qualcosa che ci segnerà per sempre.
Stefano Tofani usa il linguaggio semplice ed intelligente dei ragazzi, pieno di cose, di parole inventate, sgangherate ed uniche, di frasi che arrivano subito, che colpiscono come un bacio e che, a volte, ci fanno ridere. Sono i nostri figli e le nostre figlie che parlano e cercano di farcela, sotto quelle mistiche tonalità di azzurro e le irrequiete nuvole che danzano per chi è disposto ad alzare lo sguardo per osservarle.
Edoardo M. Rizzoli