“Il consenso” di Vanessa Springora (La nave di Teseo, 2021 pp.179 € 18.00) è un libro spietato, una crudele e raffinata confessione, prepotentemente riconosciuta come una perversa considerazione delle relazioni umane. Il rapporto che la protagonista intreccia con il suo persecutore è un legame fatale, un inarrestabile inganno confuso nella compiacenza dell’approvazione, un permesso alle intenzioni più incontrollabili, in attesa di essere instaurate. L’autrice infrange il modello imperfetto dei sentimenti e travolge il rovesciamento della complementarietà degli affetti nascosti dietro il velo delle scelte convenzionali e della riservatezza. La protagonista conosce la spudoratezza di ogni elemento originario fondato sull’immedesimazione degli stati d’animo del suo predatore, confondendo l’aspetto più viscerale della propria coscienza. La consapevolezza della brutalità si esprime attraverso la ferocia descrittiva, la violenza disumana delle parole racchiude la libertà corrotta delle intese e la morale, perduta nella ragione indecente e scandalosa della storia narrata, si nutre di un linguaggio inesorabile e tagliente, conforme alla necessità carnale e al coinvolgimento dei sensi. “Il consenso” propone l’evoluzione della protagonista verso la maturazione e l’età adulta tramite la prova orribile dell’infanzia tradita, indifesa, lacerando nelle pagine l’efferata accusa. L’esecutore della condanna si accanisce tormentando la sua preda, inibito e frustrato costantemente dalle sue ricorrenti devianze sessuali, raggirando i motivi dell’inquieta insaziabilità, della oppressa infelicità. Il vincolo d’amore e di ossessione incarna l’angosciante e distruttiva ostinazione tra vittima e carnefice, costringe la solitudine isolando la relazione in un incubo in cui domina l’impossibilità della redenzione, soggiogando la seducente vanità degli istinti. La rivendicazione del desiderio manipola la conformità di intenti e di sensazioni e regola il compromesso nell’ispirazione delle inibizioni consolidando la vertigine dell’anima e logorando la durezza della ragionevolezza. “Il consenso” è una parabola negativa che racchiude in sé la maturità sessuale e l’ingenuità innocente della giovinezza. I protagonisti speculari proseguono il loro cammino eversivo verso l’estremo sentiero dell’autopunizione. La comprensione del male è un atto di accusa della scrittrice, il riscatto della sua confessione nobilita la coscienza inaridita dalla permanenza patologica della dipendenza. L’espiazione attuata da Vanessa Springoria coincide con la denuncia di vendetta, incastrando il colpevole del danno tra le pagine di un romanzo che non può ripetere il passato ma che sopravvive alla disillusione, all’irresistibile lusinga di ogni convinzione, all’indefinita malvagità del potere maschile. L’atteggiamento nichilistico pronunciato con rabbia e implacabile freddezza ammette l’irrimediabile miseria della natura umana lasciando alla discrezione il tentativo di concedere fiducia alla profondità di se stessi con il seguente monito: “Bada a non scomparire nella personalità di un altro, uomo o donna che sia” Francis Scott Fitzgerald