Definito “Re del noir scozzese” dallo stesso James Ellroy finalmente torna in Italia Ian Rankin con il romanzo Una canzone per tempi bui, per i tipi di Rizzoli, con la traduzione di Alberto Pezzotta. L’ex ispettore John Rebus (il nome è tutto un programma deduttivo) si gode il meritato riposo nella sua nuova abitazione, ma il telefono squilla. È sua figlia Samantha. La ragazza è disperata e piangendo confessa al padre le sue paure, il compagno Keith non torna a casa da due giorni e si sono perse le sue tracce. Ma nel paesino dimenticato da Dio di Naver, sperduto chissà dove in terra di Scozia, le voci girano velocemente e tutti sanno che la relazione tra Samantha e Keith era una storia di legami tossici e disfunzionali. John Rebus molla tutto e si incammina verso un percorso nefasto di verità putrescenti e grottesche, un prezzo alto da pagare per conquistarsi definitivamente l’amore della figlia e per dimostrare a tutti che il suo fiuto investigativo è più brillante che mai. Ian Rankin con una spettacolare caratterizzazione dei personaggi e uno stile affilato confeziona un noir di potenza emotiva che ritrae alla perfezione le angosce del nostro tempo.
Cristiano Saccoccia
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Siobhan Clarke entrò nell’appartamento vuoto. O meglio svuotato: era come se ne fosse stata risucchiata la vita. Il corridoio era pieno di scatoloni. In cucina le ante degli armadietti erano aperte, così come la porta che dava sulle scale. Nella camera da letto la finestra era stata spalancata per cambiare aria. Ovviamente le stanze sembravano più grandi, senza i mobili e John Rebus che vi si aggirava inquieto. Dal soffitto penzolavano nude lampadine. Quasi tutti i tappeti e le tende erano stati portati via. Il giorno prima aveva passato l’aspirapolvere in ogni angolo della casa. Adesso si fermò a controllare i pacchi, su ciascuno dei quali aveva scritto il contenuto: libri; dischi; documenti personali; fascicoli. Questi ultimi riempivano una camera intera: decine e decine di dossier sui casi, risolti e non, sui quali aveva lavorato Rebus, più altri di cui si era interessato e che erano serviti a occupare il suo tempo mentre era in pensione.
Clarke udì rumore di passi sulle scale. Uno dei traslocatori le rivolse un sorriso e un cenno di saluto mentre portava via uno scatolone. Lei lo seguì, passando accanto al suo collega. «Abbiamo quasi finito» annunciò lui, sbuffando. Era madido di sudore, e Clarke sperò che si sentisse bene. Dimostrava tra i cinquanta e i sessant’anni, e aveva qualche chilo di troppo. Le case di Edimburgo potevano essere letali. Neanche a lei sarebbe dispiaciuto evitare di fare due piani di scale a piedi tutti i giorni. Un pezzo di cartone ripiegato in due, strappato probabilmente da uno scatolone, teneva aperto il portone dell’edificio. Il primo traslocatore, che sfoggiava braccia tatuate, aveva raggiunto il marciapiede e girato a sinistra, passando con non poca fatica attraverso il cancello di fianco. Un tratto lastricato, che in un lontano passato doveva essere stato un giardinetto, conduceva alla porta spalancata di un appartamento situato al piano terra. «In soggiorno?» «In soggiorno» confermò Clarke. Quando entrarono, Rebus dava loro le spalle. Era di fronte a una fila di nuove biblioteche comprate all’ikea il weekend precedente. La gita e le successive diatribe nel corso del montaggio dei mobili avevano messo a dura prova l’amicizia tra Rebus e Clarke più di qualunque caso cui avessero lavorato insieme all’Investigativa. «Altri libri?» chiese Rebus girandosi. «Altri libri.»