Mi sento come se non riuscissi a muovermi.
Credo di essere una copia di me stesso, non l’originale.
Ho perso un sacco di interessi. Il 14 Maggio vado a fare la puntura. Una parte del mio cervello spera sia letale.
Dio ti ama, dicono. Ne dubito. E mi infastidiscono anche gli atei.
E quelli della mia bassa categoria, gli agnostici. Almeno i cretini si buttano, hanno coraggio.
Leggono a voce alta parole che farebbero a botte, nel sistema, ma non lo fanno
con questa’ società di passaggio, che sembra eterna.
Il 22 è stato il primo anno senza di lei.
La mattina mi sveglio e per riflesso condizionato cerco di capire se nell’altra stanza c’è lei, che magari ha acceso la televisione. Mi accorgo subito che la sua televisione non è accesa, non c’è piu’.
Questo isolamento, questa congiura dello stato ci sta minando anche i ricordi, i sentieri nascosti, la felicità provata per pochi attimi che tenevamo nel paniere
della camminata e ora è sparito. Spariti gli odori del passato, e quelli del presente.
In ginocchio sulle rocce, lontano dal me che ero fino a qualche anno fa, mi muovo
verso l’immeritato oblio.
Nel sonno così leggero, carta da pacchi complicata, con la quale prima o poi
cucirò con delle corde gli ultimi vestiti, cado finalmente in un avallamento
onirico, dove persino l’oro falso pulsa come un cuore schiacciato da un passante.
Sogno colpi di stato militari, mi sveglio e non sento nulla. Ho il presentimento di essere morto sfigurato. La strada è vuota. Il treno che non prendo parte in orario.
Non sto facendo nulla ma nella notte lavoro nel pugilato di strada, chiuso nel mio letto.
Faccio di versi da faina, colpisco a caso nel buio, a volte con i palmi delle mani aperte.
Devo essere giudicato al mattino, il combattimento coi miei fantasmi finisce sempre ai punti, mai un KO, mai un abbandono.L’alba si profila come il ring della produzione.
Non sono mai scappato da niente e da nessuno, per una sorta di onore inoculato. Sono stato allevato da un ex soldato tedesco della seconda guerra, in famiglia c’erano anche ufficiali, chissà che fine avevano fatto, il marito della cugina di mio padre era un colonnello della Luftwaffe, dopo la guerra riprese il suo lavoro di prima, se non sbaglio.
La mattinata si apre, come fosse una serranda. Fuori il solito giardino, curato,
la cui manutenzione ci costa cara. Lo farei saltare in aria per abbassare le spese condominiali, che mi soffocano. Una specie di povertà borghese, dove tutto sembra normale ma comprare qualcosa di nuovo che non sia del cibo è diventato quasi impossibile.
Mia madre mi allacciava le scarpette con i due buchi sopra, blu, erano le scarpe estive. Comprava una focaccetta rotonda vicino alla scuola, 50 lire, la mia merenda. Erano le quattro e mezza, l’orario più dolce, anche ora, che nessuno viene a prendermi da nessuna parte; a quell’ora ritorno per pochi minuti una copia ingigantita di quel bambino, sento per pochi secondi la primavera, prima che l’effetto di quel ricordo ancora così vivo si sfilacci in un sonno da sveglio, da animale.
Una volta lei tardo’ nel venirmi a prendere al doposcuola, avevo sette anni, scoppiai in lacrime, avevo temuto non venisse più.
Invece aveva fatto solo tardi, una sola volta.
Ora hai fatto tardi di nuovo, una sola volta.
Il ritardo supererà il sempre e forse tornerà indietro.