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Per Roberto Calasso

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Proprio stanotte ho terminato di leggere il suo “Bobi”: «Primavoltità, invece, era una parola che Bazlen aveva inventato e usava. Significava il legame fra qualcosa che era successo e chi gli dava un nome. Se questo avveniva subito, il suo carattere abrupto e irripetibile gli conferiva una qualità ulteriore, una forza d’urto che poi si sarebbe dissipata. Tutto il primo Novecento era stato un seguito di primavoltità. E questo valeva per Dada come per l’Oriente. Quando In Germania. presso Diederichs e Insel cominciarono a essere pubblicati alcuni libri capitali, che andavano ben oltre i confini dell’Occidente, inclusi i classici taoisti, i primi lettori avevano diritto a richiamarsi alla primavoltità. Quei testi non erano già stati premasticati nelle università. Parlavano di mondi che sino allora non erano entrati nella circolazione delle letture correnti. E introducevano parole in vasta parte enigmatiche. Che cos’era il Tao, Che cos’era il Wu wei? Al contrario quando si avviò Adelphi non c’era nulla da scoprire, tutto da riscoprire. Con l’aggiunta di qualcosa di nuovo, Bazlen sperava. Ma fu deluso.»

Qui sopra Roberto Calasso a Pyrgos quando aveva diciannove anni.

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