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Machiavellico questo fantasy: George R.R. Martin spiega la politica

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“Al gioco dei troni o si vince o si muore. Non esiste una terra di nessuno”. Queste sono le parole che la regina Cersei dice a Ed Stark durante una conversazione ad Approdo del Re, in “A Game of Thrones”, la saga di George R. R. Martin (Mondadori).
La scena è un qualsiasi Medioevo che rimbalza nel nostro immaginario: le isole libere del commercio, il profondo Sud con la pelle scura, le terre dei fiumi e l’alto giardino, la melma metropolitana di Approdo del re. C’è il grande Nord della gente d’onore e la barriera che difende la civiltà dai bruti e dagli estranei ed è lì dove comincia la leggenda e il confine delle nostre paure.
Martin ci riporta in un’era pre-shakesperiana, la sua storia finisce dove comincia l’inverno del nostro scontento del Riccardo III, solo che qui i Lancaster si chiamano Lannister e gli Stark prendono il posto degli York, ma la guerra che si combatte è più vasta delle due rose. È la guerra eterna per il potere e a combatterle vengono tutte le genti del mondo. La saga dei troni ha trovato nuova popolarità grazie allo sceneggiato prodotto dalla Hbo e trasmesso in Italia da Sky.
Ma al di là di questo conferma che il sale del fantasy non sono i draghi e gli elfi, ma la scienza del potere.
Se non si avesse paura di essere accusati di lesa maestà si potrebbe dire che “Il Principe” di Niccolò Machiavelli è nella sua essenza un’opera fantasy. Non ci sono draghi ed elfi, Firenze non ha una dimensione nordica, ma ci sono regni da conquistare e buoni consigli per chi s’”ingaglioffa” nella guerra dei troni.
(Vittorio Macioce, Il Giornale.it, 3-1-2012)

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