Il capitale vince tutte le volte che ti persuade che non esiste. Tutte le volte che pensi di essere tu a volere, tu a desiderare, tutte le volte che verrai posseduto dagli oggetti che credi urlino al mondo chi sei.
Ogni aspirazione si deforma e il desiderio diventa così sfrenato, ripetitivo, da svuotarsi di significato, smette di generare godimento e diventa ossessione.
Quando Francesco Dezio, diciassette anni fa, esordiva con il romanzo Nicola Rubino è entrato in fabbrica, era ancora possibile codificare il mondo del lavoro con schemi agevoli, granitici, persino confortanti. Il dualismo padrone/operaio era ancora intatto, come nelle pagine de L’uomo a una dimensione di Marcuse.
Diciassette anni dopo è cambiata ogni cosa. Al desiderio che rimane intatto, si aggiunge una sfrenata aspirazione, la convinzione che basta volere fortemente qualcosa per meritarlo, che tutto sia a portata di mano, un modello che i social media hanno contribuito fortemente a rendere zuccheroso, cariato e doloroso.
A generare plus valore non è più una merce, per quanto inutile, per quanto insulsa, ma comunque fisica, piuttosto l’immagine, il concetto di possesso è la merce, il way of life è il prodotto.
Ciò che si è chiamati a vendere è un modello di esistenza fatta di successo, di felicità, di tramonti esotici con il bicchiere in mano. Divertirsi è il lavoro, perpetuare un godimento così aperto, svogliato, mostrato da risultare pornografico è la fatica avvilente.
Per questo motivo, Francesco Dezio è tornato con un romanzo nuovo, dal titolo La Meccanica del Divano, edito dalle Edizioni Ensemble.
Analizzare questo processo è difficile e come ogni scrittore, Dezio costruisce una storia per mostrarci quello che intende dire.
Nuccio e Michele sono due ragazzi di periferia. Vivono a Infernominore. Non hanno molta voglia di lavorare, ma sognano una vita fantastica, di successo. Sognano e si avviliscono, si arrabbiano perché sentono sfuggirgli quella ricchezza che sono convinti si nasconda dietro il coraggio e una buona idea.
Cominciano a lavorare per il boss dei divani Natalino Manucci, l’uomo che ha creato un impero dal niente.
In Nuccio e Michele cresce il germe dell’aspirazione, il baco corrosivo del desiderio più sfrenato, diventare terzisti di Mannucci per essere come lui.
L’universo di Dezio si complica, si dilata. Per raccontare il mondo di Nuccio e Michele, lo scrittore chiama in causa una schiera di personaggi solo apparentemente indefiniti, ma ingombranti e ossessionanti. Gli Influencer, gli Spin Doctor, i C.E.O., la rivista di tendenza e poi il Mercato. Tutti hanno una voce propria, un’individualità.
Sono i fantasmi che ammorbano le notti dei protagonisti, che suggeriscono soluzioni, dettano regole, segnaletiche luminose da seguire senza fare domande se si vuole arrivare alla strada del successo. E in questo disastro liquido, senza punti di riferimento, non esistono vincitori.
Strutturata come una tragedia classica, con tanto di coro, eroi e grandi imprese, La meccanica del Divano colora un arcobaleno di vittime, prostrate davanti ad un drago con troppe teste, affamato, stitico e avaro, che mastica un eterno presente che, dimentico del passato, non si cura del futuro.
Dezio racconta tutto in forma ironica, con uno stile inconfondibile. Mischia dialetto pugliese, gergo da social e pubblicità da rivista patinata.
È un libro interessante, che si legge in fretta ma che non viene dimenticato altrettanto in fretta.
Per come è stato pensato, strutturato, è unico nel suo genere. Anche solo per questo, merita attenzione.
Pierangelo Consoli
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La meccanica del divano, Edizioni Ensemble, 2021, pp.288, euro 15