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Geminello Alvi. La necessità degli apocalittici

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Al di là del famoso strale sgarbiano, allorquando lo storico dell’arte e opinionista inveì contro il malcapitato interlocutore di allora che non sapeva chi fosse Geminello Alvi, possiamo dire che questo esperto economista, bancario svizzero, editorialista economico su principali testate italiane ed europee nonché consigliere presso il Ministero del Tesoro, si discosta parecchio da quella che è la cosiddetta “scuola classica dell’economia”.

Non nuovo a fatiche letterarie che si discostino dall’ambito economico (cito qui, La Confederazione italiana. Diario di vita tripartita, 2013; Eccentrici, 2015), Alvi da anni studia l’Apocalisse giovannea, redatta dall’apostolo tra l’isola di Patmos e la cittadina di Efeso indicativamente tra il 90 e il 100 dopo Cristo.

Pur sviscerando con notevole perizia filologica capitoli e versetti dello scritto neotestamentario, preferisce decisamente lasciare il più dello spazio agli “apocalittici”, cioè a coloro i quali affrontarono lo scritto sulla Rivelazione ultima.

L’autore dà come l’impressione di muovere da un detto di Andrej Tarkovskij, regista cinematografico e intellettuale dissidente russo di fede ortodossa: “L’Apocalisse è forse la più grande creazione poetica che sia mai esistita sulla terra. Essa è, in ultima analisi, un racconto del nostro destino”. Quindi, una considerazione del testo giovanneo non solo lungo la direttrice strettamente religiosa.

Infatti, se nel numero degli apocalittici pensate di trovare solamente teologi, cattolici, ortodossi o protestanti che siano, ebbene rimarrete delusi.

Oltre a teologi e mistici “di confine” fra le tre confessioni citate, come Pierre Teilhard de Chardin e Urs von Balthasar, teologi-romanzieri come Sergej Bulgakov e teologi-matematici come Pavel Florenskij, trovano spazio teosofi e antroposofi (in primis Rudolph Steiner), esoteristi e occultisti tra i quali i famosi Meyrink e Schuré, il misconosciuto “teorico e pratico del violino” Peter Davidson e altri ancora.

Inoltre troviamo lo psicanalista Carl Gustav Jung, il filologo classico Franz Boll e personaggi considerabili assai lontani dall’apocalittica “occidentale”, come il mistico indiano Sri Aurobindo e come Giacinto Scelsi, amico di suo zio e nume tutelare della musica d’avanguardia cosiddetta microtonale.

L’indice dei nomi consta di sette pagine fitte (e vi trova spazio anche Walt Disney).

L’autore risulta quindi concorde con le proposizioni di ogni apocalittico che ha ritenuto degno di inserire tra le pagine del suo lavoro? Due lettere bastano per la risposta: no!

La prosa d’altri tempi di Alvi, che non è però mero esercizio di stile, funge da collante fra il sentire intimo di tutti questi apocalittici: non sono forse “le loro esistenze […] commento dell’Apocalisse migliore di ogni altro mai scritto”? Quindi perché aggiungere?

Com’è sempre stata sua abitudine, Alvi è conoscitore a tutto tondo degli argomenti di cui va trattando. Dunque dimostra anche una notevole dimestichezza nella disamina di quei testi veterotestamentari considerati anticipatori del libro della Rivelazione: i Libri Profetici di Daniele, Ezechiele, Isaia e Zaccaria e, in seconda battuta, l’Esodo e il Libro dei Salmi.

Non limitandosi ai testi ortodossi, attinge a piene mani anche dalle apocalissi cosiddette gnostiche e dai Libri apocalittici di Enoch, il testo apocrifo misterioso per antonomasia poiché non accolto nel canone biblico cristiano (eccezion fatta per la Chiesa Copta, per cui è conosciuto come Enoch etiopico) e nemmeno in quello della Tanakh (la Bibbia ebraica).

Tale scelta di inserire nel “canone” di partenza del proprio saggio anche testi apocrifi, indica l’apertura di Alvi alle più disparate derivazioni della Sapienza.

In apertura l’autore rivela che la stesura del testo ha occupato buona parte dei suoi ultimi anni, quindi giudica più che normale una lettura prolungata nel tempo. Insomma, questo non è un saggio di cui si può leggere qualche pagina la sera prima di coricarsi. È da affrontare rigorosamente a tavolino per entrare direttamente all’interno.

C’è una sola osservazione da muovere al saggio: non sempre è presente la traduzione o almeno la delineazione del significato generale dei numerosi passi del Libro. Sono riportati in greco antico, cosa che può far recedere dalla lettura chi non abbia una conoscenza perlomeno scolastica della lingua.

Per tutti gli altri, meglio avere accanto un dizionario di Greco.

Alberto De Marchi

Recensione al libro La necessità degli apocalittici di Geminello Alvi, Marsilio Editori 2021, pagg. 460, € 30,00

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