Esce nelle sale il 17 febbraio, dopo esser passato fuori concorso al festival di Venezia e al Bari International Film Festival, “Ennio” il documentario che Giuseppe Tornatore dedica al compositore con cui ha lavorato per più di vent’anni e che ha composto per i suoi film dodici colonne sonore.
Una carriera ripercorsa in termini cronologici attraverso un collage di interviste e materiali di repertorio, il cui filo conduttore sono proprio le parole del maestro, inframmezzate da quelle di tanti registi/attori con cui ha lavorato (Bertolucci, Eastwood, lo stesso Tornatore – che si inserisce tra gli altri, Tarantino, O. Stone…) così come di compositori di soundtracks come Hans Zimmer o John Williams e a fare il punto svolgendo la narrazione (che non ha voice over) il suo biografo, Alessandro De Rosa, giovane compositore allievo di un ex compagno di studi di conservatorio di Morricone, Boris Porena, unico intervistato (se si escludono i materiali di repertorio dove appare Petrassi) tra i compositori di cosiddetta musica ‘colta’.
Morricone, nato nel 1928 figlio di un orchestrale suonatore di tromba voleva fare il medico… “ma mio padre mi impose a 3 anni di studiare la tromba e poi non potei fare più nient’altro.”
Un figlio del proletariato al prestigioso conservatorio Santa Cecilia di Roma che per giunta viene instradato allo studio della composizione, inaspettatamente, vista la sua classe sociale, ma l’allievo era troppo dotato.
Studiosissimo, diventa un grande esperto di musica rinascimentale e barocca, Frescobaldi, Monteverdi, Pierluigi da Palestrina… e analizza notte e giorno la dodecafonia.
Ma si velano gli occhi di Morricone quando ricorda le (altre) notti passate a “guadagnarsi il pane” suonando la tromba nelle orchestrine, “strumento che ho finito per odiare”, ed è effettivamente strano un compositore che viene dallo studio della tromba, e non da un più prestigioso pianoforte, o magari da un violino, come Rustichelli, Trovajoli, Piccioni, Rota….
(seppur Morricone sia ottimo pianista, e un diploma di composizione richieda lo studio del piano.)
Ma appaiono poco gli altri compositori italiani di colonne sonore coevi o vicini a Morricone, forse per evidenziarne l’originalità.
Dopo essere uscito con votazioni altissime dal Santa Cecilia, sotto la guida di Goffredo Petrassi, il maestro entrerà in Rai, raccomandato a sua insaputa dalla moglie – “perché dal conservatorio nessuno si fece più sentire” (nonostante le promesse, fra le lacrime, dello stesso Petrassi) e darà il via a quel che è a mio parere il suo contributo più bello e originale alla musica, la sua carriera di arrangiatore per ‘canzonette’, termine che sembra impietoso ma ne evidenzia invece le qualità.
Il film mostra bene la rivoluzionarietà degli arrangiamenti morriconiani (di tanti brani di Morandi, Mina, Paoli, E. Vianello, G. Meccia, J. Fontana…) che inseriscono dissonanze, acuti, sparuti triangoli, assoli stonati, ritmi percussivi bollenti, tripudi sinfonici, variazioni su temi di Frescobaldi, Bach, Mozart… per la prima volta nella canzone italiana.
Tutte le intuizioni morriconiane sono già presenti lì, nei suoi meravigliosi arrangiamenti giovanili.
Il film si inoltra poi nella più lunga e notoria carriera di Morricone nella “musica applicata alle immagini” e qui Tornatore fa davvero fatica a scegliere cosa inserire tra le 523 colonne sonore composte, e il taglio del film finisce per risentirne.
Ma alcuni episodi, che danno la chiave con cui interpretare l’ironia morriconiana, sono davvero buffi, uno su tutti la sua relazione con Brian De Palma sul set de “Gli Intoccabili” (la relazione coi registi statunitensi che lo adorano non sembra mai delle più felici):
Per la composizione della colonna sonora de “Gli Intoccabili”, Morricone gli presentò dodici temi, dicendogli “Vanno tutti bene, ma ti prego non scegliere il numero 6, il numero 6 proprio non lo sopporto”… e cosa andò a scegliere De Palma?
Non conosceremo mai l’altro Morricone. Quello che piaceva a “Ennio”…
Forse questa citazione enuclea al meglio lo spirito che Tornatore vuol far emergere di come Morricone abbia percepito la sua musica: molto spesso un’incomprensione, anche con se stesso. “Un problema”.
Ricorda per esempio che a un certo punto farà scegliere le musiche da inviare alla moglie, “io non ero capace di capirle.” E anche, gravemente: “le melodie sono state già tutte scritte” e “io odiavo la melodia” che invece – dice Bertolucci – “gli sgorgava”… più velocemente di quanto un altro scriverebbe un appunto diaristico.
Ogni decennio Morricone si riprometteva di smettere con le colonne sonore, ma poi ogni decennio rimandava: avrebbe voluto dedicare più tempo alla “musica d’arte” non a quella “applicata”: che coltivava col suo gruppo di improvvisazione Nuova Consonanza che aveva formato quando studiava a Darmstadt insieme ai più grandi compositori dell’avanguardia musicale mondiale.
E se Morricone soffriva di non aver alla fine fatto parte di questa avanguardia per inseguire la melodia tanto odiata e che tutti gli chiedevano, non sembra – evidenzia il film – per vizio psicologico o senso di inferiorità di chi appartiene al canone “basso” – ma proprio per un dovere verso la Musica, quella con la M grande.
“La pagina bianca è un problema” dice Morricone serio: “se per un film, dodici compositori comporrebbero dodici colonne sonore diverse, capisci quanto sia difficile scriverne una?”
Tornatore ha impiegato sette anni per completare quest’opera, che ha in effetti un certo sapore monumentale, e ora dopo altrettanti anni, è tornato alla fiction, con un progetto ancora ‘top secret’ che sarà prodotto e girato interamente all’estero, e uscirà probabilmente nel 2023.
Da amico personale del compositore, ha cercato di mascherare il suo trasporto (e la sua presenza) eppure il film risulta un’opera personale.
Però alla fine, non mi è ancora chiaro, maestro, meglio Mozart, o Beethoven?
…..
Forse non lo sapremo mai.
Silvia Lumaca
ENNIO di Giuseppe Tornatore (2021)
Soggetto, sceneggiatura, regia di Giuseppe Tornatore, musiche di Ennio Morricone, fotografia Fabio Zamarion, Giancarlo Leggeri, montaggio Massimo Quaglia e Annalisa Schillaci, suono Gilberto Martinelli, Fabio Venturi. Una coproduzione Italia-Belgio-Cina-Giappone, prodotto da Gianni Russo e Gabriele Costa per piano B Produzioni Srl. Distribuzione internazionale Block 2 Distribution. Distribuzione italiana Lucky Red in collaborazione con timvision.