L’amore non apprezzo, e altre questioni scontate è il nuovo lavoro di Arsenio Bravuomo pubblicato nel 2021 dalle edizioni Neo nella collana Intimate con la prefazione di Guido Catalano. Il libro è diviso in sette sezioni ognuna contenente sette pezzi, come li chiama l’autore, tranne le ultime due (Pezzo bonus e volevo dire grazie a). A proposito del mimo, Gianni Celati una volta scrisse che non è destinato a concludersi in un libro, e i pezzi di Arsenio sono in effetti dei pretesti, quasi un canovaccio per uno spettacolo live, una rappresentazione orale dello scritto: nella poesie di questo libro il corpo, come appunto quello del mimo, è un significante fondamentale. L’autore, non a caso, è uno dei maggiori rappresentanti della scena slam torinese e in questa ottica, del poetry slam, dovrebbe leggersi questa raccolta di pezzi. Nel poetry slam è fondamentale il dialogo con il pubblico, con chi ascolta, la voce la fa da padrone ma pure l’orecchio ha la sua parte in quanto, caratteristica di questo libro, è l’ascolto del mondo. Dietro l’apparente linearità dello scritto, c’è una profondità di superficie che affronta il tema del reale, del corpo, dell’affetto e dell’amore come conquista e abbandono. Non manca il lavoro sulla lingua, il gioco del doppio senso, le sfumature sonore del comico, la riprese dei lessemi inglesi nelle forme della negazione. Il corpo che si fa voce, e il significante che diventa esso stesso significato e senso, rendono questo libro un’ipnotica cavalcata nelle luci e delle ombre della città, e si avvertono le frequenze, i battiti, il sudore, la carne della parola quando diventa tensione quotidiana a creare ponti, legami, con l’altro presente, per quanto, nella lettura di queste pagine, inevitabilmente distante, assente.
Gianluca Garrapa
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«L’amore non apprezzo, e altre questioni scontate.» Il titolo è già in parte una sorta di programma per quanto riguarda lo stile e la lingua dei tuoi pezzi. Quali sono le altre questioni scontate e che rapporto ha la tua poesia con il gioco linguistico?
Qui il gioco è sulla parola “scontate”, che assume il doppio connotato di banale ma anche di “in sconto”, a poco prezzo, in offerta speciale. la mia poetica gioca sulla banalità, sulla quotidianità, sulla vita apparentemente insignificante. non sono però un grande fan dei giochi di parole, anche se a volte ha senso usarli. con parsimonia.
«questo libro è dedicato a chi legge» è la dedica, volutamente paradossale, subito dopo la prefazione di Guido Catalano, e prima della sezione pezzi stracciàti (venite gente) che apre il libro. In apparenza sembrerebbe tautologico dedicare un libro a chi legge, in realtà, i pezzi che hai scritto sono testi per quello che dovrebbe essere lo spettacolo orale della parola scritta. Che rapporto c’è tra pagina scritta e palcoscenico, come cambia il senso della parola?
Mi sono accorto abbastanza subito che c’è un modo di scrivere per la pagina e uno per il palco. la poesia sulla pagina è rivolta a un lettore per volta, che può guardare il testo, scorrerlo in tutte le direzioni, apprezzare la lunghezza o la brevità dei versi, le indentazioni (io le uso abbondantemente), gli espedienti grafici, eccetera. la poesia da recitare davanti a un pubblico è diretta a tante persone che devono essere attentissime e disposte ad ascoltare come viene usata la voce, l’intonazione, il ritmo di lettura, eccetera. in fin dei conti quando reciti in pubblico devi ricordare che lì è buona la prima. la gente se non capisce non può tornare indietro e rileggere, cosa che può fare sulla pagina. quando scrivi devi risolvere problemi. in questi due casi problemi diversi, quindi le poesie sono diverse. dopodiché io scrivo come mi viene, non c’è niente di premeditato. è che a forza di fare poetry slam e spettacoli dal vivo, il mio stile di scrittura è evoluto naturalmente verso l’oralità. ma non lo faccio apposta. non l’ho fatto apposta. giuro. ho trovato una voce e la uso più che posso, con tutti gli stilemi e gli espedienti grammaticali che mi son inventato nel tempo.
« l’amore al tempo di facebook è la tortura cinese
una guantanamo delle parole»: il tono del tuo libro è comico e come si sa dietro ogni comico, autore, attore o personaggio che sia, c’è un’esperienza di vita non molto facile, la comicità è forse proprio reazione alla sofferenza. Soprattutto è necessario, per questo tipo di scrittura, mettere da parte la boria dell’io, il narciso che alberga in noi. Come è cambiata la poesia ora ai tempi ipertrofici e velocissimi dei social (che di social hanno poi davvero poco)?
Ai tempi dei social sono esplosi gli instant poets. quelli delle frasette di un verso o due, che stanno dentro la cornice di un’immagine di instagram. va benissimo, a me non danno fastidio. semplicemente non mi interessano. sono alla fine produttori di aforismi. a volte vengono anche bene. non faccio nomi perché non vorrei non offendere qualcuno. ripeto, a me quella roba non interessa, anche se a volte ci trovi per caso qualcosa di originale. in ogni caso sono meteore, mi sembra, come tutto in questi tempi ipertrofici. poi sicuramente mi sbaglio. non son tanto bravo a vedere le tendenze. io cerco di scrivere le cose più belle che mi vengono. poi, boh. sulla faccenda del comico, ecco, anche lì, non lo faccio apposta. è che mi vien così.
« cerca di entrare in tutte le mutande in cui inciampi
scopazza
sii uomaiola e petrosina
coltiva le amicizie
fai un testamento
anzi fanne due o tre
così chi resta poi può scegliere»: scrivi in consigli per la figlia, nella sezione pezzi esorbitanti (roba di lusso). Nella scrittura senza veli e dissacrante della tua raccolta, ci sono momenti di… raccoglimento, cataloghi, elenchi di scatole, di situazioni, un ritmo veloce, martellante che però non lesina dei consigli, delle direzioni: cosa ti verrebbe da dire alle nuove generazioni in fatto di poesia, e in fatto di desiderio?
Tutto il libro era nato come raccolta di poesie a lista. poi lavorando con l’editore abbiamo scelto di differenziare la faccenda. qualcosa è rimasto. alle nuove generazioni non ho proprio idea di cosa dire tranne: non fate come le generazioni precedenti. trovate la vostra strada, ribellatevi come negli anni sessanta. create una frattura. andate a sbattere contro il nostro muro con il vostro naso. non fatevi fregare. sbagliate con stile. io mi sento di fare parte di una generazione che adulta non lo è diventata mai. ma forse sono solo io. Probabilmente le giovani generazioni hanno loro da insegnare a me sul sesso. no, non è vero. eheheh. il porno online e gratis ha cambiato tutto, ovviamente. è come imparare l’astronomia guardando guerre stellari, ha detto qualcuno. io, sul sesso, come si evince dai miei pezzi, cerco solo di fare un lavoro a levare tabù. bon.
« è che se incontrassi bob dylan
sarebbe di sicuro in un bagno di teatro,
di folla e tutto,
giusto prima dell’esibizione
ma sarebbe un cesso di bagno
sarebbe»: quali sono stati i tuoi riferimenti non solo poetici, ma pure musicali e cinematografici, che ti hanno in qualche modo guidato nella composizione di questi pezzi?
Premesso che ho cominciato a scrivere poesie grazie a Pasquale Panella, che ha scritto i testi delle canzoni di Battisti dopo Mogol, i miei padri letterari sono Bukowski (ovviamente, ma più per i romanzi e i racconti che per le poesie) (no dai, anche per certe poesie) e Thomas Bernhard. nella musica sicuramente Dylan e Waits, ma li ho scoperti tardissimo, a quarant’anni. il cinema lo consumo avidamente e ho visto un po’ di tutto ma non mi sento un grande critico cinematografico. posso dire che il mio film preferito è “Lost in translation”. forse è un film molto poetico. forse mi piace l’idea della tensione sessuale irrisolta. forse mi piace il giappone. forse mi piace Sofia Coppola.
« scrivo
al di sotto di questo lampione
che non aiuta
ma aiuta
a chiarirmi idee e pensieri
anche se non vedo quel che scrivo
sarà il negroni numero sei
sarà la presbiopia
sarà quel che sarà»:
nella prima strofa di scrivo nella notte, nella sezione pezzi da black friday (night), c’è una certa immagine del poeta o dello scrittore nel suo atto creativo. Ci racconti come è nata questa raccolta?
L’ho accennato prima: doveva essere una raccolta di pezzi a lista, elenchi, anafore. poi con i neo abbiamo tolto delle cose e ne abbiamo aggiunte delle altre. per un po’ sono stato in crisi, non sapendo bene cosa inserire. poi la soluzione me l’ha data guido catalano. mi ha semplicemente detto: metti le poesie belle. così disperatamente semplice è la soluzione. A parte la scelta dei pezzi, io scrivo quando mi viene. tipicamente di notte tornando a casa sbronzo. panchina e lampione come amichetti. spesso anche di pomeriggio, con un vino bianco col campari a farmi compagnia.
« La mancanza non è non vederti mai la mancanza è» scrivi in gli alieni nella terzultima sezione pezzi in regalo (senza pacchetto), pezzo che mi ha colpito molto proprio per la mancanza che noi esseri umani siamo, essendo imperfetti e mancanti di qualcosa, tendiamo sempre a comporci, per immaginarci integri e perfetti, e questo permette al desiderio di spingere sempre avanti il nostro esistere. La tua scrittura, in questo senso, è scrittura della voce, della parola che nasce dall’oralità, intorno al buco della bocca, è scrittura del reale, del corpo e della pulsione. Come è nata la necessità di scrivere e di leggere in pubblico? E perché, secondo te, lo slam poetry è stato per lungo tempo snobbato da certa critica e poetica dell’intelletto?
Leggere in pubblico è stato lo sbocco naturale del voler stare sul palco e confrontarsi con le altre persone. conquistarle in un certo senso. ho letto nelle situazioni più assurde, in pub e locali dove nessuno ti dava retta. poi impari ad attirare l’attenzione e soprattutto a mantenerla. ovviamente devi dare qualcosa al pubblico. non puoi stare lì a leccarti l’ombelico.
Il poetry slam è uno spettacolo fatto con e per il pubblico. è una grande festa, un rito collettivo. chi lo ha snobbato tipicamente non ne ha mai visto uno dal vivo. è chiaro che gli slammer non possono essere tutti geniali e bravissimi, ma quello che è interessante è che gli slammer migliorano nel tempo. lo slam è una bellissima palestra. ve lo consiglio.
Le cinque sezioni (delle sette) contengono a loro volta sette pezzi: non è un caso, giusto?
Non lo è. Il numero 7 è un bel numero. E’ primo. E’ pieno di significati. i sette nani, le sette note, le sette sorelle, la settimana, i settimini, sette per sette fa quarantanove, come i racconti di hemingway. C’è la legge dell’ottava (vedi battiato tra gli altri). eccetera. E’ una misura naturale dell’universo. ho letto molto gurdjieff da giovane. E’ andata così.