Ci sono volte in cui la dispersione diventa una preghiera, quando l’eccesso di vita, di talento, si tramuta in una scia talmente luminosa che si diventa ciechi.
Alcuni uomini sentono l’oppressione del confino, l’obbligo a rimanere dentro una regione remota dell’anima dalla quale non riescono o non possono allontanarsi. A volte la ribellione può essere molto rumorosa, mentre altre silenziosa come una deflagrazione e, per questo, non meno violenta.
Ciechi, si finisce fuori fuoco, ci si guarda allo specchio e non si scorgono più i contorni della propria personalità. Per questo cercano, scavano e si dissipano nel tentativo di dare una forma al proprio talento.
Corpi Minori di Jonathan Bazzi parla di questo, non solo ma soprattutto di questo.
Un ragazzo cresce in una provincia che sente aliena e sogna quella città dove potrà trovare se stesso, l’amore e tutte le risposte che cerca.
Corpi minori sono le comete e le piccole stelle. Jonathan Bazzi ci mostra i loro volti scavati dall’ambizione. Sebbene vivano il disagio e la povertà, questi non sono più i ragazzi di vita, gli altri libertini, sono piuttosto gli abitanti solitari della generazione a cavallo tra due secoli, che non sanno cosa vogliono ma pensano di sapere come ottenerlo.
Il romanzo è strutturato in racconti tenuti insieme dall’io narrante. Ogni capitolo è una strada: Via Felice Casati; Via Pisacane; Corso Vittorio Emanuele…
In questo modo Bazzi traccia una mappa, un percorso esistenziale che si consuma in pochi anni cruciali per la formazione dell’adolescente che si appresta a diventare uomo.
Da un punto di vista stilistico è un po’ come ritrovarsi dentro le pagine di Leavitt e del Peter Cameron di In un modo o nell’altro. Nonostante Bazzi abbia una sua voce e abbia l’ambizione – come l’avevano anche Leavitt e Cameron – di raccontare la sua generazione, finisce per battere le loro stesse strade. Del resto, si è giovani ognuno a suo modo e tutti allo stesso.
Pierangelo Consoli
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Jonathan Bazzi, Corpi Minori, Mondadori, 2022, Pp. 324, Euro 19,50