Quando non era impegnato a scrivere alcuni dei romanzi più lodati dalla critica e duraturi del 20° secolo, l’autore de Il Grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald, poteva spesso essere trovato intento a scrivere le lettere più affascinanti a personaggi famosi come il suo buon amico Ernest Hemingway, lo straordinario editore Maxwell Perkins, e sua moglie e collega Zelda, solo per citarne alcuni. Tuttavia, nessuna lettera è più rivelatrice, o più affettuosa, di quelle scritte a sua figlia Scottie, molte delle quali lo vedono riservarle perle di saggezza in un modo in cui solo lui poteva. Questa particolare lettera di consigli, scritta a Scottie mentre lei era in campeggio e aveva ancora solo 11 anni, ne è un perfetto esempio.
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8 agosto 1933
Cara Pie:
Sono molto convinto che tu faccia il tuo dovere. Mi daresti un po’ più di documentazione sulla tua lettura in francese? Sono contenta che tu sia felice, ma non credo molto nella felicità. Non credo neanche all’infelicità. Sono cose che si vedono sul palcoscenico o sullo schermo o sulle pagine stampate, non ti succedono mai veramente nella vita.
Tutto ciò in cui credo nella vita sono le ricompense per la virtù (secondo i tuoi talenti) e le punizioni per il non adempimento dei tuoi doveri, che sono doppiamente costose. Se c’è un tale volume nella biblioteca del campo, chiederai alla signora Tyson di farti cercare un sonetto di Shakespeare in cui c’è il verso “I gigli che marciscono puzzano molto peggio delle erbacce”.
Non ho avuto pensieri oggi, la vita sembra composta da una storia del “Saturday Evening Post”. Penso a te, e sempre piacevolmente; ma se mi chiami di nuovo “Pappy” porto fuori il Gatto Bianco e lo picchio forte sul sedere, sei volte per ogni volta che sei impertinente. Reagisci a questo?
Organizzerò il conto del campo.
Idiota, concludo. Cose di cui preoccuparsi:
Preoccuparsi del coraggio
Preoccuparsi della pulizia
Preoccuparsi dell’efficienza
Preoccuparsi dell’equitazione
Preoccuparsi di. . .
Cose di cui non preoccuparsi
Non preoccuparti dell’opinione popolare
Non preoccuparti delle bambole
Non preoccuparti del passato
Non preoccuparti del futuro
Non preoccuparti di crescere
Non preoccuparti che qualcuno ti superi
Non preoccuparti del trionfo
Non preoccuparti del fallimento, a meno che non sia colpa tua
Non preoccuparti delle zanzare
Non preoccuparti delle mosche
Non preoccuparti degli insetti in generale
Non preoccuparti dei genitori
Non preoccuparti dei ragazzi
Non preoccuparti delle delusioni
Non preoccuparti dei piaceri
Non preoccuparti delle soddisfazioni
Cose a cui pensare
A cosa sto veramente mirando?
Quanto sono veramente bravo rispetto ai miei contemporanei per quanto riguarda:
(a) La borsa di studio
(b) Capisco davvero le persone e sono in grado di andare d’accordo con loro?
(c) Sto cercando di fare del mio corpo uno strumento utile o lo sto trascurando?
Con amore carissimo,
Papà
P.S. Il mio ritorno al fatto che mi chiami Pappy è battezzarti con la parola Egg, che implica che appartieni a uno stato di vita molto rudimentale e che potrei spezzarti e aprirti a mio piacimento e penso che sarebbe una parola che resterebbe appesa se mai la raccontassi ai tuoi contemporanei. “Uovo Fitzgerald”. Come vorresti che passasse la vita con questo: “Eggie Fitzgerald” o “Bad Egg Fitzgerald” o qualsiasi forma che possa venire in mente alle menti fertili? Provaci ancora una volta e giuro su Dio che te lo appendo addosso e starà a te scrollartelo di dosso. Perché prendere in prestito i problemi?
L’amore in ogni caso.