Aiutare è un’azione che viene spontanea, spesso. Ma non sempre. E qualche volta può essere difficile, duro, o complicato, come accade per esempio in queste settimane nell’ennesima guerra cui assistiamo. Ma anche aiutarsi non è così semplice. Aiutarsi significa anche “chiedere” aiuto, trovare il coraggio di alzare la mano, umiliarsi anche, per riconoscere le proprie necessità.
Tanto di tutto questo accade nel libro che vi racconto oggi. Paolo Pintacuda, noto sceneggiatore italiano e vincitore di numerosi premi, ha scritto Jacu, romanzo pubblicato da Fazi Editore.
La storia che il narratore ci racconta, celando fino alla fine la sua identità, inizia nelle ultime ore dell’anno 1899, ed è ambientata in Sicilia, in una località dal nome curioso: Scurovalle. In quel minuscolo paese, dove tutti sanno tutto di tutti, alla fine di un secolo di grandi accadimenti, un ultimo fatto eccezionale mette il sigillo al vecchio e inaugura il nuovo secolo: nasce un bimbo settimino, un bimbo speciale secondo la tradizione e che si rivela infatti dotato di straordinari poteri taumaturgici. Il bimbo è Jacu. La voce si sparge in un attimo, ogni guaio, ogni dolore, ogni male sembra debellabile con una semplice imposizione delle mani del bimbo prodigio. Le code aumentano, la gente viene da ogni dove, la casa di Jacu diventa meta di un costante pellegrinaggio. Più cresce però e più i suoi poteri, come la kryptonite per Superman, o le ragnatele per Spiderman, non si rivelano sempre così vantaggiosi come si potrebbe pensare e anzi, ben presto gli si ritorceranno contro. Questo accade in occasione dei primissimi contatti sociali autonomi, con l’inizio della scuola, della frequentazione della parrocchia, situazioni nelle quali Jacu fatica ad inserirsi, a farsi accogliere, e altre in cui si ritrova invece imbarazzato protagonista. Si va formando un cortocircuito di altissima tensione che non tarda ad esplodere: poco più di cent’anni orsono, inizia un evento che oggi drammaticamente rischia di ripetersi. Esplode la Prima Guerra Mondiale. Pare impossibile che un evento di tale sproporzione possa abbattersi anche su Scurovalle, su Jacu ed i suoi coetanei, ma è così che si chiude la prima parte del romanzo, quella che possiamo definire la parte “bella” o “buona”, faticosa come la salita ad un monte, fatta di crescita, stupore, passione, fatica e altre tante esperienze dure ma formative.
“Erano ragazzi che avrebbero dovuto avere più domani che ieri”.
Arrivati in cima inizia la seconda parte, si scollina. Cambia il paesaggio, cambia soprattutto la prospettiva, lo sguardo, la postura che è sostanzialmente diversa se affronti una salita o una discesa, anche a livello psicologico. E scendendo accade l’impensabile, accade che si fa più fatica a scendere che a salire.
Jacu è protagonista indiscusso, seguito dalla madre come un ombra, a volte protettrice, a volte no. E il parroco di Scurovalle ci mette del suo, impegnato a mantenere una serie di equilibri, e più che preoccupato dai giudizi dei fedeli. Sembra il tempo anche per una seria amicizia con una ragazza, ma gli eventi bellici si intensificano, i giovani del paese ora sono al fronte, cresce la paura e cresce anche Jacu con la sua marcata sensibilità, con la sua intelligenza di spessore non proprio comune, e la consapevolezza o il peso di sapersi “diverso” da tutti, capace di qualcosa che gli altri non possono nemmeno pensare. Jacu sente dentro di sè di essere chiamato a fare qualcosa.
Paolo Pintacuda ha scritto una storia che non si fatica a considerare verosimile o vera addirittura, e l’ha scritta con estrema delicatezza. Ci si accorge di questo quando i suoi personaggi raccontano il loro paese, quando ciascuno varca la porta di casa o di un altro locale, e dalle parole traspare il senso di rispetto, dei gesti misurati “di una volta” (forse li si percepisce di più perché un po’ ci mancano). Paolo ha scritto la storia con profondo rispetto e amore, non lo dico io ma l’ha detto lui ad una presentazione cui ho assistito in incognito, perché non era il caso di fare domande, ma di ascoltare commossi il suo racconto.
Un’ultima considerazione sui personaggi del romanzo. Tanti di loro in questa storia, per lo più quelli in secondo piano, compiono scelte incredibili e, specchio dell’umanità tutta, non ne escono proprio alla grande, anzi. Opportunismo e ipocrisia la fanno da padroni, e noi, nel 2022 siamo ancora qui con occhi pieni di lacrime per profughi, morti e distruzione. Non c’è miracolo che tenga.
“La rivalsa è una degenerata espressione di disperazione”.
Claudio Della Pietà
#
JACU
Paolo Pintacuda
Collana Le strade
Pag. 152
Euro 16,00