Dopo l’indolente letargo invernale, che mi ha affondato spirito, corpo e penna, ho ripreso il lungo cammino per tornare a casa sulla mia amata isoletta di fuoco sperduta nel Mediterraneo, divenuta ancor più il mio rifugio atomico in questo terrificante presente. Suona fintanto surreale sentirsi protetta e al sicuro su uno “scoglio” vulcanico che affiora per quasi mille metri e si inabissa per circa duemila. Sto letteralmente scrivendo sotto le bocche di uno dei vulcani più attivi al mondo. E mi sento finalmente viva e vibrante.
Come per tutte le mie ricorrenti e frenetiche partenze, la scelta di quali libri portare con me – allergica quale sono agli e-book – è sempre un ricercato enigma. E so che c’è sempre un libro che sceglie, invece di essere scelto, di accompagnarmi nel viaggio.
A questo giro, la vagabonda sorte è toccata a un libro, il cui titolo ha colto da subito la mia attenzione: Scandalosamente felice, edizioni Marsilio, scritto da Gaia de Beaumont.
La copertina ritraeva l’iconica silhouette della leggendaria ballerina e vedette nera Joséphine Baker (1906-1975), donna felina la cui stessa vita è già di per sé un romanzo costellato di avventure, amanti, animali, danze, viaggi, imprese, coraggio, follia, sensualità e determinazione. Dalle origini poverissime nel Missouri, Joséphine nata con il sacro, nel suo caso direi pagano, fuoco della danza fugge a tredici anni dalla miseria e dall’anaffettività materna unendosi a un carrozzone di artisti itineranti e grazie alla sua connaturata abilità di danzatrice e affabulatrice sconvolgente e oltraggiosa sbarca a Parigi, negli sfavillanti e febbrili Anni Venti, capitale assoluta e dissoluta delle arti, delle danze e della ruggente energia postbellica. Ne diverrà la regina incontrastata della vita notturna, esibendosi conturbante e scabrosa con poco più di qualche perla, piuma e banana a (s)coprirle la vellutata ed erotica pelle nera. Quegli anni saranno immortalati come The Jazz Age dalla penna di Francis Scott Fitzgerald, intrisi di feste, champagne, oppio, sfrenatezza, musica, lussuria.
L’autrice di questa intrigante e convincente biografia è Gaia de Beaumont, già autrice, tra gli altri, di Scusate le Ceneri, biografia romanzata della giornalista americana Dorothy Parker. La vita della Venere Nera è una lettura densa di ebbrezza, ispirazione, baldanza. Nelle imprese di questa giovane ragazza del primo Novecento, nata povera e nera, e nel suo riscatto sociale si percepisce tutta la determinatezza di un essere istintivo, fulmineo, grintoso, esplosivo, ironico… incarnazione dell’esotismo … attrazione scabrosa come racconta la scrittrice.
Nel 1925 Joséphine debutta al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi con lo spettacolo La Revue Nègre. Quando sale sul palcoscenico, con la silhouette androgina, gli occhi spiritati e le movenze geniali e sregolate, sprizzando naturalezza e allegria, il folto pubblico rimane assolutamente rapito, travolto e sconvolto dalla furia primordiale della danzatrice nera.
(Joséphine) veste la nudità con la disinvoltura di una pantera a caccia. Guizza dentro e fuori dalle braccia del ballerino, scivolosa come la pelle di una biscia. Le sue dita lo accarezzano sensualmente… Il pubblico è trascinato dall’onda anomala di quell’orgia visuale… Quella ragazza dal tocco magico esprime una selvaggia e maestosa animalità: rappresenta l’ambiguità androgina.
Ricorda la Venere Nera di Baudelaire. Picasso la definisce una moderna Nefertiti. Man Ray dice che ricorda una condottiera indiana in miniatura. Per Colette è la più bella tra le pantere. Lo scrittore Georges Simenon cede al suo selvaggio fascino: “Joséphine era una sintesi di voluttà animale, giovane e vivace come il jazz, trepidante, ridente, brutale e candida. Gioiosa di una gioia infantile, sana ed esuberante, non corrotta ma troppo vorace.” e.e. Cummings afferma: “Non era una creatura subumana e neanche superumana, ma entrambe; c’era in lei un qualcosa di misteriosamente immortale. Non era solo primitiva e selvaggia, ma andava al di là del tempo…”.
La sua natura libera, provocatoria, spiritosa e vivace illumina di scintillante erotismo ed esotismo la scena parigina. Numerosi gli amanti e gli amati. Del resto, Joséphine detesta la solitudine e si circonda di animali di ogni specie, che considera i suoi migliori amici: conigli, topi bianchi, cani, gatti, uccelli e fintanto un cucciolo di leopardo e un boa. Arriverà ad adottare dodici bambini provenienti da tutto il mondo – “La mia tribù arcobaleno” la chiamava – ma sarà una madre assente e sempre in viaggio. Forse era incapace di amare davvero, sempre preda di un’ansia di vita, troppo bisognosa d’amore perché un solo uomo potesse riempire il suo vuoto. Lei vuole l’adorazione incondizionata del pubblico, della ribalta, del mondo. Ricerca l’intossicazione amorosa, la passione sfrenata, lacrime e risate, in una frenetica e febbrile danza di vita.
Quando l’Europa si trova sulla soglia della Seconda Guerra Mondiale, Joséphine non esita un attimo a mettere la sua fama e la sua abilità di seducente manipolatrice al servizio della Francia, il paese che le ha donato così tanto. Si arruola nel controspionaggio della Resistenza per poi entrare nel 1944 nelle forze ausiliarie femminili dell’aereonautica come sottotenente, indossando la divisa militare con la stessa grazia con cui vestiva i costumi di scena. “I francesi mi hanno dato tutto. Sono pronta a dare loro la mia vita”, scrive in una lettera inviata ai dirigenti delle Forces Françaises Libres. Il suo coraggio e la sua resistenza le valsero la legione d’onore e anche la croce al valore militare.
Nel 1963, con la divisa militare francese, partecipa alla leggendaria marcia dei diritti civili a Washington accanto a Martin Luther King. Sarà l’unica donna a fare un discorso davanti a 250 mila manifestanti: “Sapete che ho sempre scelto la strada più difficile. Voglio che abbiate l’opportunità di fare tutto quello che ho fatto io, senza che siate obbligati a scappare per ottenerlo”.
La sua ultima, e trionfale, esibizione sul palcoscenico avverrà l’8 aprile 1975 al Teatro Bobino di Parigi. La sala ospita la crème de la crème delle star e degli intellettuali del tempo: Alain Delon, Jeanne Moreau, Jean-Paul Belmondo, Sofia Loren, Pierre Balmain, Grace di Monaco e addirittura Mick Jagger.
A 50 anni dal suo debutto sulla scena parigina, Joséphine sa di non potersi permettere di fallire, deve assolutamente riconquistare Parigi: Finirò la mia vita su questo palco, afferma combattiva come sempre. Sul palco sfilerà la vita di Joséphine come artista, soldato, donna.
La serata è un commovente e scintillante trionfo. Sopravvissuta a se stessa, Josépine riconquista la Ville Lumière con il pubblico che la omaggia con una standing ovation.
Sarà il suo addio, alle scene e alla vita: il giorno dopo Joséphine è in coma.
“Secondo me è morta di gioia,” dirà il figlio Julio.
Al funerale le sarà tributato l’onore di essere salutata da ventun colpi di fucile, come solitamente riservato ai sovrani e ai capi di stato. Il 30 novembre scorso il Presidente Macron ha collocato Joséphine Baker in un monumento funebre nel Panthéon di Parigi, dove sono ricordati 81 uomini e 5 donne illustri della repubblica francese.
Joséphine sarà così ricordata come il perfetto simbolo della bellezza e dell’energia scatenate dalle identità multiple: con la sua canzone più famosa affermava di non volere scegliere un luogo, né una nazione definita, bensì di avere “due amori: il mio paese e Parigi”.
Il libro si conclude con queste parole:
Non voleva morire nell’anonimato, e non avrebbe mai tollerato soluzioni di seconda scelta dando un’immagine diversa da quel che era sempre stata: una tipa dalla vita fitta fitta.
Lei, la super icona che negli anni più difficili di un secolo complicato si era data al pubblico con entusiasmo, tenacia e una prepotenza al limite dell’eccesso, trasformando il ballo e rendendolo umano, emozionante, evocante, catartico.
Lei, che aveva sempre scelto la libertà. Più veloce e astuta del dolore nello sfidare il rischio, il gioco, la follia. Capace di evocare dal cilindro una geniale intuizione per poi inventare un provocatorio atto di vita nel giro di un secondo.
L’importante era rimanere sulla giostra.
Lei, che aveva sempre conservato intatta la sua irriverenza e, nonostante gli alti e i bassi, per sua stessa ammissione, aveva sempre e comunque vissuto scandalosamente felice.
Alla faccia di tutti.
A conquistarmi è stato dapprima il titolo e poi il racconto, ben scritto dalla sagace penna di Gaia de Beaumont, dell’incredibile vita di questa donna leggendaria. Avevo bisogno, come immagino tutti noi, di svagare la mente e di lasciarmi ispirare da un’erotica e spumeggiante narrazione. Di avvicinarmi al sentirmi, anche solo leggendo, scandalosamente felice, spensierata e alleggerita.
Ecco il potere straordinario della lettura: consentirci di viaggiare in un altrove, stimolare l’intelletto, alleggerire l’anima, divertire i sensi.
Insomma, non avrei potuto imbattermi in libro più adatto in questi tetri tempi. O meglio, è il libro che si è imbattuto in me mentre, a pochi giorni dalla mia partenza verso l’isola che c’è, vagavo per librerie.
L’ho portato qui a Stromboli, l’ho infilato in uno zaino e me lo sono letta a 300 metri accanto alla Sciara del Fuoco; sulla nera spiaggia in una giornata di caldo tepore primaverile; sotto le coperte davanti al fuoco della stufa con il gatto a vigilare sulla notte isolana.
Non sono tanto di compagnia in questi mesi e la mia solitudine, qui isolitudine, necessita di compagni letterari perché a stare troppo soli ci si immalinconisce. Allora ricorro alle mie amate e venerate donne libere e libertine del secolo scorso, alle flapper, alle ribelli, alle scandalose, alle anime erranti, di tutt’altra ispirazione rispetto alle finte e plastiche influenSer di questo distopico secolo.
Nella prossima puntata di questa lunatica rubrica vi racconterò delle mie oziose giornate isolane, degli incontri sulla roccia vulcanica, dell’attesa di un altro orizzonte, dei miei passi in natura, delle relazioni umane dal vivo e dal vero che ristorano alla vita, spegnendo i malefici social digitali che ci rendono inermi, soli e depressi.
Un inno alla vita, sempre, nonostante tutto e alla faccia di tutti.
PS. Purtroppo se oggi riprendiamo qualsiasi insulsa azione che facciamo, di clip delle danze di Joséphine ne sono rimaste pochissime. Ve ne allego una breve ma indicativa della forza selvaggia e simpatica di questa donna straordinaria: https://youtu.be/jEH6eDpjgRw.