L’opera prima di Ryan Andrews, americano residente in Giappone, è uno dei graphic novel più belli letti in questi ultimi anni.
Pubblicata per la prima volta nel 2019 e proposta in Italia sul finire del 2021 da Il Castoro editore Era il nostro patto amalgama al suo interno avventura e fantastico.
La mole, solo apparentemente impegnativa (si superano agilmente le trecento pagine), potrebbe spaventare. In realtà ci si trova davanti a un lavoro che scorre fluidamente, senza intoppi di sorta.
Bastano infatti poche pagine per essere catturati all’interno del racconto.
Il motivo è da ricondurre alla innegabile forza affabulatoria e alla grande empatia che si sprigionano dalle tavole. Andrews le riempie con uno stile grafico molto dinamico ma per nulla nervoso, probabilmente mutuato dall’animazione, e con una scrittura colloquiale, estremamente attenta a dare credibilità ai personaggi.
I due elementi fanno sì che in Era il nostro patto l’anima realistica e quella fantastica si compenetrino senza entrare in frizione.
In questa storia dove il viaggio è l’avventura, la curiosità verso l’altro e se stessi, lo scoprire l’altro e se stessi, i due protagonisti principali sono Ben e Nathaniel, ragazzetti non proprio amici.
A unirli inizialmente, un evento annuale: il Festival dell’equinozio d’Autunno, che si tiene nella zona in cui vivono.
Durante la notte dell’equinozio gli abitanti liberano nel fiume centinaia di lanterne di carta che, secondo una tradizione “misterica”, dovrebbero alzarsi verso il cielo per raggiungere la via Lattea e tramutarsi in stelle.
Ben, insieme ai fidati Mikey, Adam e Sammy, vuole scoprire dove vanno davvero a finire le lanterne.
I quattro si sono organizzati per seguirle stringendo un patto che consiste di due semplici regole: nessuno torna a casa; nessuno si volta indietro. Quindi, inforcano le biciclette e vanno.
A seguirli da distante, Nathaniel. Lui è un nerd, ergo uno sfigato. Nessuno ha voglia di averci a che fare. Eppure…
Eppure strada facendo è l’unico che resta, mentre tutti gli altri abbandonano l’impresa per un motivo o per un altro. Ed ecco che, a ostinarsi nel voler sapere, restano Ben e Nathaniel, sodali prima per necessità, poi per complicità amicale.
La storia inizia a tutti gli effetti da qui, dal momento in cui i due decidono di unire le forze per andare a scoprire, per sapere.
È da qui che Era il nostro patto si trasforma rapidamente in un viaggio nel fantastico e nella scoperta dell’altro.
Un fantastico che sembra portare fuori il mondo interiore dei due personaggi e che Andrews inserisce in paesaggi capaci di riverberare il Verne de Viaggio al centro della terra. La dimensione che si viene a creare appare “parallela” alla nostra, piena di animali inusitati e di scombiccherate avventure metafisiche attraverso cui Ben e Nathaniel arrivano a riconoscersi e a riconoscere l’altro.
In questo l’opera richiama in modo ravvicinato i profumi di tanti anime realizzati da Hayao Miyazaki per lo Studio Ghibli.
Se ne distanzia mantenendo un tratto grafico all’apparenza più occidentale, ma soprattutto nella dimensione fantastica che propone.
Dove Miyazaki e soci lavorano su uno spazio in cui bambini e spiriti convivono, Andrews pare indirizzarsi verso la creazione di tappe oniriche da attraversare.
E non è solo perché i ragazzi usano la bicicletta per andare avanti nella loro cerca o per la presenza epica del viaggio inteso come avventura, come raggiungimento di una meta e quindi di una verità, ma per il modo in cui decidono di farlo proprio.
Immerso come è in una atmosfera notturna (il blu si accende improvvisamente con spot di arancione, giallo o verde), Era il nostro patto declina il fantastico in onirico a tal punto da far leggere i personaggi secondari come oggetti transizionali.
Impossibile non pensarlo per la figura dell’Orso pescatore che, con grande sciarpa, cappotto ed enorme cesta in spalla per catturare i pesci, è compagno di viaggio e guida perfetta dei due ragazzini quando si inoltrano all’inseguimento delle lanterne.
Impossibile non pensarlo anche per Madam Majestic, la vecchina creatrice di pozioni e di mappe disegnate dal gigantesco corvo cartografo, capace di far “ritrovare la strada” a Ben e Nathaniel.
Il primo cita larvatamente Totoro (uscirà di scena prendendo un autobus…), mentre la seconda pare un mash-up fra Yubaba e Sophie.
Tre personaggi-simbolo del Miyazaki citato prima, maestro incontrastato del meraviglioso, declinato in questo lavoro da Andrews in una storia che tocca le corde del nostro cuore.
Tradotto con attenzione da Laura Tenorini, Era il nostro patto ha davanti un futuro di animazione. I diritti sono stati acquisiti per ricavarne un film di animazione diretto da Peter Dinklage (per chi lo avesse dimenticato era Tyrion Lannister nel Trono di Spade).
Per quanto il libro si presti (per il tratto e per l’impostazione delle tavole) a questo genere di trasposizione, tremiamo comunque un po’. Se la trasposizione dovesse essere poco attenta, si potrebbe distruggere tutto il lavoro emotivo che da questo libro si spande e così tutta la sua bellezza.
Sergio Rotino
Recensione al libro Era il nostro patto di Ryan Andrews, Il Castoro editore 2021, pagg. 336, € 15,50