Caroline Austen e Anna Lefroy contribuiscono insieme con Mia zia Jane Austen – memoir pubblicato da Galaad Edizioni con la traduzione di Sara Grosoli – a ricostruire il profilo dell’autrice di romanzi come Orgoglio e pregiudizio e L’abbazia di Northanger. Il libro, infatti, giocato sui ricordi diretti delle due autrici, restituisce un ritratto intimo di Jane Austen, sullo sfondo del piccolo villaggio di Chawton, in cui visse, restituendo le ambientazioni di una vita trascorsa all’insegna della lentezza e della bellezza della natura, tra cui la stanza in cui la Austen scrisse i suoi più grandi capolavori e dove, allo stesso tempo, era solita trascorrere ore a cucire. Qui proponiamo un estratto dell’introduzione e uno stralcio dal testo di Caroline Austen.
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Per secoli alle donne fu impedito di agire sulla scena pubblica e di vedere riconosciute le proprie capacità professionali. In virtù di una presunta inferiorità rispetto al genere maschile artiste, letterate e studiose furono escluse dal mondo intellettuale e relegate a un ambito esclusivamente domestico e familiare. Molte di loro interiorizzarono questo divieto e arrivarono a negare i propri talenti per timore di essere considerate impudenti o poco femminili. Anche Jane Austen fu vittima di una simile esclusione. Quando pubblicò il suo primo romanzo scelse di farlo anonimamente, poiché richiamare l’attenzione su di sé era considerato disdicevole nel suo ambiente sociale. Ciononostante, le sue eccezionali qualità letterarie attirarono ben presto un notevole interesse e il segreto dell’identità di una scrittrice così apprezzata fu scoperto nei circoli letterari più esclusivi, mentre il lettore comune continuava a ignorare il nome dell’autrice di grandi successi quali Orgoglio e Pregiudizio o Emma. Fu soltanto dopo la sua morte che il fratello Henry pubblicò un breve profilo biografico in appendice alle edizioni postume di Northanger Abbey e Persuasione. Alcuni decenni più tardi James Edward Austen-Leigh, nipote di Jane, decise di scrivere una vera e propria biografia della celebre zia, sollecitando la collaborazione della sorella Caroline e della sorellastra Anna Lefroy. Le due donne risposero con entusiasmo alla richiesta attingendo, oltre che ai propri ricordi, a vecchi diari e lettere sopravvissute agli anni. Senza questo loro contributo molti dettagli preziosi sarebbero andati perduti e il quadro che abbiamo della vita di Jane sarebbe rimasto incompleto.
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Mia zia deve aver passato molto tempo a scrivere; il suo scrittoio era in soggiorno. Spesso la vedevo là a scrivere lettere, e sono convinta che abbia scritto nello stesso modo molti dei suoi romanzi, seduta insieme ai membri della famiglia, quando erano sufficientemente soli; ma non ho mai visto manoscritti simili in fase di elaborazione. Scriveva copiosamente ai suoi fratelli, quando erano per mare, e si teneva in corrispondenza con molti altri componenti della famiglia. Non c’è nulla, nelle lettere che ho visto, che sarebbe interessante per il pubblico. Erano molto ben scritte, e dovevano risultare di grande interesse per coloro che le ricevevano, ma essenzialmente descrivevano nei dettagli avvenimenti domestici e familiari, e lei raramente azzardava persino un’opinione, così che per gli estranei non possono costituire un riflesso dei suoi pensieri; non sentirebbero affatto di conoscerla meglio leggendole. Erano troppo reticenti per avere valore. Le sue lettere a zia Cassandra (perché a volte vivevano separate) erano, oserei dire, aperte e confidenziali. Mia zia le controllò e ne bruciò la maggior parte (così mi disse) due o tre anni prima della sua morte. Ne lasciò o ne diede alcune come ricordo alle nipoti, ma di quelle che ho visto io diverse avevano parti tagliate. Zia Jane era così buona che mi scriveva spesso, e nel rivolgersi a una bambina era perfetta. Quando ero a Chawton, se c’erano anche le mie cugine Mary Jane e Cassy, spesso zia Jane collaborava attivamente ai nostri svaghi. Era lei l’unica a cui ci rivolgevamo sempre in cerca di aiuto. Ci forniva ciò di cui avevamo bisogno attingendo al suo guardaroba, e solitamente recitava la parte della signora in visita alla nostra casa immaginaria. Riusciva a divertirci in vari modi; la ricordo una volta conversare con me e le mie due cugine come se fossimo delle ragazze grandi, il giorno dopo un ballo a Bath.