Marco Bellocchio, a 83 anni, firma l’ennesima pellicola (o non più e solo pellicola…) che riguarda con lente d’artista la “Storia” che ha vissuto in prima persona, dell’ultima metà del secolo breve.
Dopo “Buongiorno notte” (2003) dove Aldo Moro era inquadrato durante la sua prigionia e attraverso il dialogo (stentato, assente) con se stesso e con i suoi carcerieri, arriva “Esterno notte”, a vent’anni esatti, che non è più un film, ma una serie in 6 puntate di poco meno di un’ora l’una e non mostra più l’interno del bunker… ma l’esterno: le implicazioni socio-politiche del caso Moro.
Le prime tre puntate sono in sala in questi giorni, dopo essere state proiettate (e applaudite) all’ultimo festival di Cannes; le seconde tre andranno in sala a partire dal 18 giugno, mentre dal prossimo autunno verranno trasmesse tutte e sei sulla tv pubblica, sul secondo canale Rai Due.
“Li ho informati. Vai a calmare i generali.”
“Sono arrabbiati?”
“Sono là che recitano.”
“Allora, lo sapete… sono venti miliardi.”
“Paghiamo senz’altro.”
“Un momento. Se trattiamo con i brigatisti, con che faccia noi comunisti parliamo agli operai. Io sento la responsabilità degli operai a cui abbiamo chiesto molti sacrifici. Che gli diciamo? Come spieghiamo? Pagare è arrendersi…”
Le BR chiedevano un riscatto milionario per liberare Aldo Moro, che non arriverà mai. Il PCI fu il partito che per primo si oppose, apertamente, mobilitando anche i giovani appartenenti al PCI che si scontravano spesso nelle piazze – mai così nervose, cupe e infuocate come in quei giorni – con i giovani del movimento studentesco [come Bellocchio mostra a più riprese in scene di ricostruzione storica di rara pregnanza].
La resa – inconsiderabile – la sconfitta inaccettabile, proprio come adesso per Zelenski e per Putin e per chi da una parte e dall’altra si schiera dietro di loro. Non si può mai “perdere”, (e si deve sempre combattere)? perché?
Pensieri di guerra da uno dei fronti… all’altro: da una parte della barricata il PCI – eppure oggi il Manifesto scrive che una delle parole d’ordine di Berlinguer fosse “disarmo” – [nell’articolo di Adriana Pollice che riferisce del convegno appena chiusosi a Bagnoli, Berlingueriana, sabato 4 giugno 2022] ma non verso i brigatisti – e dall’altra parte della barricata il movimento studentesco, o quel che ne restava, e soprattutto le fronde armate, i militanti BR ormai presi in un vortice di recriminazioni, paure, paranoie e violenza che porteranno al tragico esito finale: una Renault4 parcheggiata poco distante sia da Botteghe Oscure, la sede del Partito Comunista Italiano, che da Piazza del Gesù, dove si trovava la Democrazia Cristiana, col corpo morto di Aldo Moro accasciato nel bagagliaio, come una fisarmonica muta. Compromesso storico con la DC ma non coi brigatisti.
E la polizia che intanto gongola.. dopo aver passato i due mesi precedenti a perquisire e sfondare porte di case di persone colpevoli solo di un credo politico, o magari di un certo aspetto, in una terribile caccia alle streghe che Bellocchio mostra in alcune scene memorabili, come quella del ragazzo fermato in macchina da una volante, che deve fingersi pazzo per non essere portato in questura e poi magari in cella. E vigeva persino il coprifuoco…
Questo topos del “matto” o di chi si fa passare per “matto” o di chi viene passato per “matto” anche se non lo è: un tema così caro a Bellocchio, e che mostra anche qui – in surreali sequenze dentro emblematici manicomi, in uno dei quali si trova, sempre più emblematicamente anche un sosia di Moro, che i giornali – ricorda Bellocchio – davano, per altro, per impazzito durante la prigionia – … questo tema del “matto” … che a sua volta costella la carriera del regista, e che ha avuto l’altra sua risoluzione nel 2019 con “Marx può aspettare” dove col mezzo del documentario narrava la storia del fratello gemello suicida Camillo [che una volta gli disse proprio, battuta ripresa nel suo “Gli occhi la bocca” (1982) per voce di Lou Castel, e poi nel titolo del docu: “Ho altre urgenze, Marx può aspettare…”] e della sua famiglia, canonicamente disfunzionale.
La sinistra che si arma, così, contro se stessa: da una parte una micro rivoluzione dentro le istituzioni con il compromesso storico Moro-Berlinguer che forse avrebbe potuto rimescolare i due blocchi Urss-Usa – a cui il Mediterraneo fa da crocevia in Europa – e inventare un nuovo corso storico; dall’altra la rivoluzione in primis dentro la mente e i corpi – che avrebbe potuto… non sapremo mai che cosa, o forse (solo…) una repubblica socialista; e si restituisce alla Restaurazione, che infatti, non tarderà a venire.
55 giorni dal 16 marzo 1978 al 9 maggio 1978, che decisero la nostra Storia.
“Mi dispiace, Santità, ho fatto tutto il possibile.”
“Io la devo ringraziare. Siamo forse così desiderosi di salvarlo da non aver capito subito che era tutto un inganno. E che il suo contatto non era un brigatista ma un impostore. Ed è per noi una magra consolazione aver evitato l’imbroglio.”
“Ha ragione, Santità. Ma siamo impostori.”
“Da chi è manovrato? A chi interessa che tutti quei soldi non arrivino alle Brigate Rosse? Delle due, una: o sono dei truffatori che si sono inventati tutto per incassare il riscatto, oppure ci sono al governo delle forze, dei poteri che si oppongono al riscatto. Ma non lo fanno apertamente, la prima finalità, la più nobile è di salvare da soli Aldo Moro, con le proprie forze – questo immagino per dare agli italiani la fiducia che esiste ancoro uno stato; la seconda finalità invece è molto meno nobile ed è quella di impedire che venga liberato Aldo Moro, con una ulteriore biforcazione: volere la sua morte, o giocando d’azzardo con le Brigate Rosse, obbligarli a liberarlo senza nulla in cambio.”
Il 16 marzo, giorno del rapimento Moro il quarto governo Andreotti stava per essere presentato in Parlamento, per ottenerne la fiducia – quando arrivò la notizia del rapimento… [Bellocchio qui ci mostra un Andreotti fuori di sé che corre in bagno a vomitare ed esce stravolto e coperto di cibo rigurgitato.. forse, bè, la rivincita di un vecchio militante anti- andreottiano…], Francesco Cossiga era ministro dell’interno, l’esercito era in mano a forze che confinavano con la definizione di fascismo…
Nel film Cossiga [pupillo per altro di Moro, come il regista non manca di rimarcare, e che viene mostrato succube degli eventi] è spesso visitato da un enigmatico personaggio statunitense che sembra, sia piuttosto influente, che piuttosto interessato a far degenerare in tragedia il rapimento, o comunque a togliere Moro di mezzo.
Forse che Aldo Moro, per alcuni, era scomodo tanto quanto le BR?
Anche papa Paolo VI (Toni Servillo) si interessò al caso, cercando una mediazione coi brigatisti, ma non vi riuscì. E in effetti i soldi che aveva raccolto dai “fedeli” (20 miliardi esatti di lire) e che non riuscì a consegnare, per Bellocchio se li tennero al Vaticano…
Andreotti, la figura che esce più compromessa, tanto che i suoi familiari si sono scagliati pubblicamente contro la serie, viene “condannato” tramite le parole di Moro stesso, dai memoriali rilasciati dalle BR dopo la sua morte, dove è scritto “io odio Giulio Andreotti, è un uomo che ha fatto il male in tutte le sue forme.” Scritte poco prima dell’esecuzione.
Aldo Moro è Fabrizio Gifuni, che già era stato Aldo Moro in “Romanzo di una strage” (2016) di Marco Tullio Giordana, Francesco Cossiga è Fausto Russo Alesi, pressoché identico – tutto il cast recita con un’energia e un’immedesimazione al mille per cento – che invece in “Romanzo di una strage” era stato Guido Giannettini, un missino implicato coi servizi segreti. Giulio Andreotti è un gobbissimo Fabrizio Contri, il cappellano Don Cesare Curioni che cerca di intercedere con le BR (e ci riuscirà ma non positivamente abbastanza) per conto del Vaticano è Paolo Pierobon.
In “Esterno notte” recita anche Piergiorgio Bellocchio, figlio del regista, nei panni di Domenico Spinella, il capo della Digos, e che in “Buongiorno Notte” interpretava uno dei brigatisti rapitori di Moro, Ernesto. Certo, una rosa ristretta di nomi.
E infine… al margine degli eventi e delle grandi decisioni, restano le donne e gli uomini.
I familiari di Moro: la moglie, interpretata da un’ottima Margherita Buy, i figli Mariafida, Giovanni, Agnese, Anna… e i brigatisti, in particolare Valerio Morucci (un magistrale Gabriel Montesi) e Adriana Faranda (Daniela Marra, anche lei interprete di rara intensità), compagni di vita, di militanza, e infine, tragicamente, di armi, che non si trovavano nell’appartamento dove era stato condotto il docente universitario e presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, ma che erano “esterni” appunto, e forse per questo ancora capaci di discernere che uccidendo Moro avrebbero, al di là di tutto, enormemente sbagliato…
“Sei arrabbiata?”
“Bisogna ubbidire.”
“Non capisco perché te la prendi così tanto.”
“Perché è un errore, ecco perché. O sono troppo ingenua, o sono troppo stupida.”
“Ci pensi ancora? Se la lettera a Cossiga resta segreta, non succede niente. Non dobbiamo lasciare il gioco a loro, comandiamo noi, perché avere paura?”
“È che non vedo la strategia, per vincere, per sollevare le masse, ci vuole altro che questi giochetti.”
“Senti, Adriana, tu pensi veramente che noi vinceremo? Che conquisteremo il potere? Che l’Italia diventerà una repubblica socialista? Noi possiamo ribellarci, sparare, uccidere, morire, ammazzare anche più fascisti che possiamo; Che Guevara è il nostro eroe e sarà la nostra fine. Vivere così e poi magari morire all’assalto dell’Asinara.”
“La bella morte…”
“Senti, lascia perdere…”
“Tu non vuoi vincere ma solo morire da eroe.”
Eppure altrove Moretti le dice, “ci fosse anche solo una possibilità su un milione, bisogna tentare lo stesso…”
Riguardando “Esterno notte” per la seconda volta, mi accorgo di esser stata io stessa accecata dalla trasfigurazione di ipotesi, speranze, sogni (mai?) infranti… forse non ho visto o meglio non ho sentito certi giudizi tranchant che Bellocchio dà delle BR.
Bellocchio salva le BR perché non le descrive eversive, colluse coi poteri Usa o coi servizi segreti, ma non le salva dalla loro esaltazione, dal loro accecamento, dalla paranoia e infine dalla disumanità quando neppure capiscono la disperazione naturale del loro prigioniero, del loro condannato a morte.. o non riconoscono al telefono la voce disperata della moglie che li chiama per poter tentare l’ultima intercessione, forse risolutrice, e le sbattono giù la cornetta, condannando nuovamente i due pseudo fronti al lutto e alla morte e alla Fine…
Si immagina un impossibile finale diverso, come Ilaria Cucchi se lo immaginava per suo fratello guardando per la prima volta “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini , dove le BR hanno liberato Moro, sono tornate umane, “giovani” dolci… e hanno anche capito cosa occorreva perché l’onda non si infrangesse per travolgerli e travolgere tutto il movimento che ne subirà l’onta e crollerà su se stesso.
Tutte quelle energie, quei sogni sprecati, bellissimi da vivere e che non dovevano mai morire… e che le generazioni venute dopo come la mia, forse non possono neppure capire.
Marco Bellocchio, in una serie esauriente, chiara, avvincente, che può benissimo essere vista tutta d’un fiato… firma un’opera testimonio di un momento storico che servirà per gli anni a venire e forse avvicinerà una parte del paese a fatti che rischiano se non di essere dimenticati, quantomeno di essere confusi.
Per i testimoni diretti è più facile parlare, esprimere opinioni… per chi, come me, è venuto dopo, il rischio è di perdersi in un gioco di specchi e di riferimenti vani, tale per cui l’esistenza di una visione d’artista, di regista, ed ex militante, sul caso Moro della pregnanza di “Esterno notte” è davvero utile, se non fondamentale.
Voto: 10
– film consigliati: durante il film Morucci guarda “Il mucchio selvaggio” (1969) di Sam Peckinpah.