Lo scrittore e giornalista Lafcadio Hearn sbarcò in Giappone nel 1889 con un incarico di corrispondente, che si rivelò peraltro effimero, ma si stabilì per sempre in quella che elesse a sua seconda patria, dove morì nel 1904. Divenne ben presto insegnate di inglese nella cittadina di Matsue, e da lì iniziò la sua scoperta del Giappone e della sua cultura, a cui dedicò i suoi libri, tra i quali compaiono anche una raccolta di leggende e Kwaidan. Storie e studi di cose strane, una raccolta di racconti di fantasmi. Poco più di un anno dopo il suo arrivo in Giappone, Hearn sposò Setsu Koizumi, divenne giapponese con il nome di Yakumo Koizumi e, dal 1891, insegnò presso la Quinta Scuola Superiore di Kumamoto, a Kyushu.
Il mio primo giorno in Giappone, pubblicato da Adelphi, è un resoconto del primo impatto di Hearn con il Paese in cui si era appena trasferito, tratto da Glimpses of unfamiliar Japan, originariamente dato alle stampe nel 1894. Un testo che testimonia di una rivelazione e, insieme, l’inizio di un processo di scoperta di un patrimonio culturale, storico e letterario destinato ad avvincere e conquistare. Lo sguardo di Heran, infatti, appare tutto assorbito dalla minuziosa osservazione di ogni cosa vi ricada, in ogni momento, in ogni situazione. Ad esempio, gli ideogrammi – con cui sono composte le scritte e le insegne viste per strada – non producono nel cervello giapponese un’impressione simile a quella creata nel cervello occidentale da una lettera o da una combinazione di lettere: “Per il cervello giapponese un ideogramma è un’immagine che palpita di vita: che parla, che gesticola. E tutto lo spazio di una strada giapponese è pieno di tali caratteri animati”. Con metodo e precisione Hearn passa in rassegna ogni elemento della cultura materiale con cui si confronta, con una predisposizione priva di facili esotismi e, forse, più etnografica ed antropologica. Tutto, per l’autore, si presenta su scala minore e, soprattutto, in maniera più aggraziata, rispetto al “nostro” mondo, ed è possibile incontrare “i personaggi stessi di Hokusai a zonzo con gli impermeabili di paglia, gli immensi cappelli di paglia a mo’ di fungo e i sandali di paglia”. Hearn non si ferma, visita un tempio buddista, osserva il modo di costruire e disporre le abitazioni, presta attenzione alle voci per strada, cattura visioni improvvise. Inizia così la sua appropriazione del Giappone. Perché, se è vero il principio che per conoscere davvero qualcosa bisogna diventare quella cosa, Hearn divenne il Giappone.