Alcuni libri hanno le pagine trasparenti e se le metti controluce ti sembra di vedere lo scrittore, concedendoti il lusso di fraintendere.
Roberto Addeo autore di Murati vivi, romanzo edito da TranseuropA Edizioni, mi appare come una di quelle persone che camminano ad occhi spalancati, che vedono molto e lo sentono addosso. Non sono persone con cui è facile avere a che fare, la sensibilità li travolge e non la sanno domare del resto, gli scrittori, alla lunga, diventano persone ferine perché passano molto tempo da soli, chiusi dentro una stanza a costruire mondi sui quali hanno un controllo totale, mentre fuori molto gli sfugge e questo crea una frustrazione amara.
Murati vivi è un romanzo difficile da sostenere senza passeggiare molto. Ce ne sono alcuni che puoi leggere d’un fiato, disteso o seduto, mentre con altri, dopo alcune pagine, senti il bisogno di fermarti e di camminare. Se ti muovi di notte, colpa delle pagine che cerchi di metabolizzare, ti ritroverai a guardare dentro gli appartamenti degli altri, oltre le finestre illuminate e a pensare quali vite si consumino dietro le ombre dei corpi che si palesano come fantasmi.
I condomini mi hanno sempre affascinato perché le porte chiuse promettono storie. Dove sono cresciuto io c’era la strada. Le case erano a pianterreno e affacciavano sopra un vicolo cieco di cento metri. Tutte le persone e i bambini erano fuori e le mamme guardavano i figli propri e quelli degli altri e si stava insieme. Sono cresciuto in un posto piccolo e sono consapevole che in città molto grandi sia impossibile replicare questo modello, impossibile soprattutto adesso che la realtà ha costretto tutti a chiudersi in casa e a farsi guardinghi come colombi.
Perché questo sia accaduto non è facile da spiegare e Roberto Addeo ci prova in 244 pagine molto intense, attraverso la storia di due famiglie che vivono una sopra e l’altra sotto, come in uno specchio capovolto, un sopra fatto di vita ardente e catastrofica e un sotto asfittico e nevrotico.
Lia e Bogdan vivono sopra, insieme alla loro figlioletta Micaela, lei è italiana, lui è Romeno. Sono giovani, persino sbruffoni ma si amano con molta dolcezza. Bogdan ha cominciato a fare lo spacciatore per necessità, poi ci ha preso gusto, si è creato un ruolo. Linda, sua moglie, lo ama perdutamente. Nonostante tutte le anomalie, la loro è una famiglia nucleare dove l’amore è una cosa reale, concreta, certa.
Attilio e Rosalba che invece vivono sotto, sono nevrotici, bramano spasmodicamente un figlio che non arriva, fanno sogni agitati, contorti. Attilio ha un lavoro onesto, una vita inquadrata eppure compongono una famiglia senza baricentro dove il desiderio dell’altro, l’amore, sono incerti, rabbiosi persino.
Costrette a condividere la vicinanza, queste due realtà tanto diverse entrano in conflitto. Tra loro non esiste solo una discrepanza generazionale e culturale, ma soprattutto viscerale perché tutto quello che in Bogdan e Linda appare fisico e concreto; in Attilio e Rosalba è mentale e incerto.
In questo senso è emblematica la scena della festa dopo che Bogdan è tornato dal carcere. Al piano di sopra c’è una festa, si balla, si pestano i piedi, si fa rumore; mentre in quella di sotto si cerca disperatamente di concepire una vita, tentativo che fallisce miseramente, dentro un silenzio carico di vergogna e di fraintendimenti.
Tutti i personaggi di questa storia vivono dentro una terra senza alcun nascondiglio, esposti al lettore che impara a comprendere tutte le loro fragilità e a riconoscersi in esse.
Addeo cambia i punti di vista, passa dalla terza, alla seconda e alla prima persona, spostando la soggettiva e creando straniamento. Il lettore si sentirà sempre un po’ fuori fuoco, come smarrito.
È un libro intenso, che ci aiuta a guardare agli altri con occhi diversi e a capire che non esiste solo la nostra storia ma ognuno ha la sua.
Pierangelo Consoli
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Roberto Addeo, Murati Vivi, TranseuropA, 2022, Pp. 240, Euro 15.