La voce dell’altoparlante mi risveglia.
Guardo fuori dal finestrino il mare sotto di me.
L’aereo vira, l’ala si innalza e taglia il cielo indaco che si spegne nella sera.
Penso a quei corpi.
Penso alla fortuna immensa che ho avuto di vivere tanta bellezza.
Fortuna o misericordia?
Il pensiero torna a quei corpi che si muovono in un continuo perdere e ritrovare l’equilibrio.
Si muovono sull’instabilità della vita e sulle estremità dei metatarsi.
Il corpo ruota sulla punta di uno spillo. Si aprono le anche e la gamba fende l’aria. Il piede esteso come la punta di una lancia.
La memoria vive di flashback e ricordi interrotti.
Una parte di me chiede al sonno di rimanere.
Loro, seduti a terra o sulla panchina del giardino. Vestiti larghi.
Son ragazzi normali, giovani e splendenti nella giovinezza.
Non mi avvicino molto, ma li osservo furtivamente.
Mi affascina la giovinezza, forse perché non mi ricordo della mia o non me ne ricordo abbastanza. O forse non voglio ricordarmene.
Tutta quella bellezza, quella bellezza che ho perso, una bellezza così grande e potente mi da le vertigini.
Ricerco quei volti mentre ballano.
I miei occhi si innamorano delle forme, si innamorano delle diagonali, degli appoggi, degli stacchi e dei piedi. Dei movimenti delle mani che nascono dai polsi.
Guardo gli occhi. Seri, concentrati, rivolti all’interno di loro stessi. Sinceri e sognanti. Le labbra che espirano. Il rumore dei piedi sul tappeto.
Io non so nulla.
Il lavoro della perfezione é durissimo, é un lavoro fatto di cuore e sudore.
Vedo la rugiada apparire sui loro volti e sui loro colli. É un lavoro che richiede una forza ed una consapevolezza enorme.
La rugiada si condensa e scivola a goccia dentro la maglietta azzurra di uno di loro.
Li guardo ed a tratto vedo brillare gli occhi qua e là in maniera inaspettata.
É un luccichio strano come quando di notte ti sorprendono le lucciole brillando nel buio, seguendo un percorso tanto imprevedibile quanto meraviglioso.
Cerco l’apertura delle spalle ed il ventre esporsi. Mi ricordano degli animali, il ventre, la parte più fragile, la parte che ogni animale protegge. Quel ventre che porta al baricentro del corpo ed alla sua stabilità.
Mi sento scosso, travolto.
Una ragazza con due codini sorride verso di noi, il suo sorriso é puro.
La bellezza é struggente.
La bellezza che desideriamo é immensa.
Mi chiedo se quello che veramente mi sconvolge sia la bellezza che vedo o la tensione che la ricerca di quella bellezza produce.
Mi vedo riflesso nel vetro.
Ho mai avuto quella bellezza? Son mai stato come loro? Ho avuto la forza di inseguire con tanta ostinazione la bellezza come fanno loro in questo momento?
L’aereo sbatte toccando terra.
La mia vicina del posto 15b si sta facendo dei selfie mettendosi il rossetto color Cassis, le labbra sembrano enormi.
La bellezza che cerchiamo.
Qualcosa di diverso da un rossetto un posticcio.
Una bellezza che nasca dal sudore, una bellezza che nasca da una necessità, una bellezza tragica che nasca da una ricerca incessante e totalizzante.
Una ricerca che possa illuminare gli occhi con la stessa apertura ed innocenza di quei ragazzi. Che guardano curiosi e che, forse, non sanno e non sapranno mai esprimere con delle parole quello che sentono e vivono.
Quelle anime che a piedi nudi cercano ostinatamente in ogni gesto la perfezione, una bellezza che sfugge al nostro pensiero ed immaginazione, quindi, la loro eternità.