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Tabacco Clan. Intervista a Giuseppe Lupo

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È uscito per Marsilio il 4 ottobre scorso il nuovo romanzo dello scrittore e saggista Giuseppe Lupo dal titolo “Tabacco Clan”.
Mi lega, personalmente, a Giuseppe Lupo una bella amicizia di appartenenza, essendo lui un lucano trapiantato al Nord e, come me, molto affezionato al suo paese e alla sua terra. Arriva in libreria nella Collana Romanzi e Racconti di Marsilio questo libro sui sogni, sulle speranze e le delusioni di quella che è stata la generazione del boom economico.
Nel catalogo di Marsilio dello scrittore di Atella, piccolo paesino in provincia di Potenza, troviamo buona parte della sua produzione letteraria, dall’esordio del 2002 con  “L’americano di Celenne” fino al penultimo “Breve storia del mio silenzio” del 2019 , passando per “Ballo ad Agropinto”, “La carovana Zanardelli” , “L’ultima sposa di Palmira”, “Viaggiatori di nuvole”, “Atlante immaginario”, “L’albero di stanze” e “Gli anni del nostro incanto”.
A Giuseppe Lupo rivolgiamo le Domande di Satisfiction di questa settimana.

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Giuseppe ti faccio un paio di domande per capire come entrare col giusto passo in questo romanzo. Allora, la prima domanda è molto semplice: intanto perchè Tabacco Clan e, più in generale, come è nata l’idea di questo romanzo?

Il Clan è una marca di tabacco per pipa, aromatico ed economico, motivo per il quale veniva fumato da un gruppo di studenti fuorisede che si sono conosciuti in un pensionato studentesco nella Milano dei primi anni Ottanta. È allora che, per trasposizione con il nome del tabacco, nasce il Clan: un gruppo di amici che percorreranno una quarantina d’anni, studiando, laureandosi, diventando ingegneri, bancari, avvocati, ma rimanendo sostanzialmente quel che sono sempre stati e cioè un mosaico di identità, un modo di stare al mondo, ironico e scanzonato. Picari, ma con la laurea.

I personaggi dei tuoi libri precedenti sono rimasti parecchio scolpiti nella memoria dei nostri lettori forti. In questo nuovo romanzo, in buona sostanza, invece qual è la storia che raccontano i nuovi personaggi?

La storia di una generazione nata negli anni Sessanta, che ha ereditato un’Italia dai loro padri sicuramente migliore di quel che consegneranno ai loro figli, pur non avendo avuto colpe. O, meglio, qualche responsabilità ce l’hanno: quella di aver respirato il clima della leggerezza degli anni Ottanta, il vento del disimpegno, che li ha portati a inseguire gli obiettivi individuali senza preoccuparsi di quel che accadeva intorno. Sono questi ex giovani del Clan a raccontare, in un fine settimana dedicato al matrimonio di due loro figli, l’Italia degli anni Ottanta, dei Mani pulite, delle Torri Gemelle fino all’Expo di Milano. Ma raccontano anche lo loro vita, le donne che hanno avuto, i successi e i fallimenti.

Giuseppe ci racconti il tuo lungo rapporto con la casa editrice Marsilio e, soprattutto, a partire da ‘Gli anni del nostro incanto’, passando da ‘Breve storia del mio silenzio’ e arrivando a questo ‘Tabacco Clan’, ci spieghi la filosofia generale che sembra esserci dietro e che forse, secondo me, è anche una filosofia tutta “lucana” nel guardare le cose e nel saperle raccontare in un certo modo…

Con Marsilio ho cominciato a pubblicare nel 2000 e sono ventidue anni che sono rimasto fedele a questo marchio. Non è solo per dovere di scuderia, ma per condivisione di un progetto che è stato fondato e portato avanti da Cesare De Michelis, che non a caso chiudeva, come personaggio-ombra, Breve storia del mio silenzio. Di Cesare e della Marsilio condivido l’idea di editoria (e di cultura, che sta prima), condivido lo sguardo sulla modernità e sulle sue contraddizioni e sono felice del fatto che le mie storie, provenendo da un mondo totalmente diverso (l’antica e profonda Lucania, l’entroterra appenninico) abbiano trovato accoglienza sulla riva del mare di Venezia. Se ciò che racconto appartiene a un modo tutto lucano, questo non tocca a me dirlo. Io racconto le storie come vorrei che mi fossero raccontate. Questo per me è il segreto.

In quale orizzonte culturale di letture e di predilezioni si situa, in questo ottobre di Tabacco Clan, la tua scrittura…

Chi ha letto il libro in anteprima dice che richiama alla memoria il film Il grande freddo. Ma io questo film non l’ho mai visto, dunque non mi ci sono ispirato. Piuttosto ho sempre amato i libri di Steinbeck che avevano al centro personaggi picareschi, per esempio Vicolo Cannery. Solo che i miei picari sono professionisti in giacca e cravatta. In generale il romanzo picaresco non è particolarmente frequentato nella narrativa italiana. Ma questo può essere un vantaggio.

Buona Lettura picaresca, quindi, di Tabacco Clan!

Antonello Saiz

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