Che cos’è un Proustografo?
Secondo Thierry Laget, autore dell’introduzione all’edizione italiana pubblicata dalle Edizioni Clichy e tradotto da Giuseppe Girimonti Greco e Ezio Sinigaglia, con le illustrazioni di Nicolas Beaujouan è un’invenzione che può stare tranquillamente tra il pendolo di Foucault e il gasometro di Lavoisier.
Considerando la mole imponente della Recherche, 3663 pagine divise in sette volumi, secondo Laget il Proustografo può essere considerata una bussola per muoversi più agevolmente in questo mare di parole.
Per quanto mi riguarda, questo non è un libro, anche se lo ricorda per formato e profumo, piuttosto è una conferenza tascabile con tanto di Slide sul tema Marcel Proust e la Recherche.
Il lettore vorace impiegherà quaranta minuti ad arrivare alla fine; quello curioso un paio di giorni mentre il fanatico proustiano lo avrà con sé per tutta la vita.
Perché questo lavoro è talmente ricco di informazioni, di curiosità, che si potrebbe citare quasi ad ogni pagina ed è un concentrato di informazioni utili e facili da consultare.
Le tavole di Beaujouan sono bellissime e intuitive, basta uno sguardo e si trova l’informazione che si stava cercando.
Si parla dei baffi di Proust, del suo appartamento di sei stanze, gli alloggi che cambiò nella sua vita; oppure la frase più lunga e quella più corta. Nessuno può dire di sapere tutte queste cose, nessuno può dire di saperle prima di aver letto il Proustografo.
Ci sono poi riassunti dei personaggi, un riassunto dell’intera vicenda, i rapporti di parentela e quelli amorosi. All’occhio attento di Ragonneau non è sfuggito nulla. Questo è un libro da tenere sulla scrivania perché l’amante di Proust avrà sempre un buon motivo per sfogliarlo.
Delle tante cose curiose che vi si trovano, ci sono le cure che l’autore de I piaceri e i giorni si infliggeva.
Come spesso capita alle persone cresciute in presenza di medici, anche Marcel immaginava di aver imparato la scienza medica per osmosi e si prescriveva, da solo, curiose quanto nocive cure contro asma, astenia, insonnia, ansia e disturbi gastrointestinali.
I suoi rimedi vanno dall’adrenalina alla caffeina, di cui consumava diciassette tazzine al giorno più 100 milligrammi di caffeina in compresse. Naturalmente poi non riusciva a dormire e si sentiva agitato, così compensava con dosi importanti di Trional, Tetronal, Veronal e oppio. C’erano poi Bicarbonato, Belladonna, Cascara e Morfina.
Un’altra storia curiosa è quella che lo vede coprire le pareti della sua stanza al 102 di Boulevard Haussmann, perché riteneva che la strada fosse troppo rumorosa.
Ragonneau non ci porta solo dentro la casa di Proust, ma dentro quella stanza che lascerà sempre con maggiore fatica. Ci mostra la sua biblioteca, meno fornita di quello che ci si possa aspettare, anche se Proust ha una seconda biblioteca, nella sua testa, questa sì assai vasta.
Era bassino, 1,68 cm e usava molto l’imperfetto; presente e infinito parimenti, il futuro pochissimo, ancor meno del condizionale.
Proust impiegò quattordici anni a scrivere quello che noi, con due ore di lettura quotidiana, possiamo leggere in sessanta giorni.
Anche questo lo apprendiamo dal Proustografo ed è, per quanto mi riguarda, un po’ desolante apprendere come la clessidra tra il godimento e la fatica, sia tarata maledettamente male.
Pierangelo Consoli
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Nicolas Ragonneau, Il Proustografo, Edizioni Clichy, 2022, Pp. 190, euro 25,00