“Ci sono donne che nessun bambino può trasformare in madri. Non esistono articoli di legge in grado di farlo”, Questa frase appartiene al libro “Agnes” di Viktorie Hanišová (Voland edizioni, 2023 pp. 288 € 18.00), nella traduzione di Letizia Kostner e le illustrazioni di Martin T. Pecina. Un romanzo che avvolge il manto dei modelli convenzionali dei comportamenti umani nella inesorabile crudeltà, accusa l’implacabile impossibilità della società a superare i luoghi comuni e i preconcetti nei confronti del desiderio di maternità. La protagonista Julie, già felicemente appagata dalla sua vita lavorativa e amorosa, avverte l’inatteso bisogno di avere un figlio e per questo è intenzionata ad affrontare qualsiasi cosa. Con coraggio e determinazione non demorde dalla sua finalità e con intelligente disinvoltura si impegna alla programmazione della sua maternità, ma purtroppo il suo proponimento cade inevitabilmente nell’inappagamento. Ritroverà la sua originaria intenzione nella realizzazione dell’adozione di Agnes, una bimba rom rifiutata da tutti. Ma l’ambiguo intreccio di inganni, la negazione delle origini di nascita della figlia, contaminerà il complesso conflitto della loro relazione. Viktorie Hanišová dona al vissuto psicologico della protagonista una rigorosa ragionevolezza che precipita intorno alle oscillazioni della propria identità, nelle implicazioni della propria solitudine. Descrive attraverso uno stile assolutamente identificabile con l’incantevole e allo stesso tempo inquietante attualità delle parole, una storia collegata alla dolorosa e opaca malinconia del labirinto interiore, conduce nella tortuosità dell’inconscio, nella familiare aspettativa di un’anima ossessiva. Trasforma la speranza legittima di essere madre con la costruzione artificiosa di ogni controllo nei confronti di una figlia, con una meticolosa e pericolosa rifondazione di un passato e di un presente che non le appartiene. Il libro inizia con la scomparsa di Agnes, alla ricerca di se stessa. L’autrice, attraverso ripetuti intervalli temporali, analizza la memoria e le emozioni del dannoso rapporto familiare, conferma l’efficace e incessante coraggio nel manifestare la superficie della devastazione esistenziale e dell’espiazione. Il romanzo concentra gli accecanti contrasti tra squilibrio temerario e assennatezza, la crudele evoluzione dell’esistenza, sospesa tra oscurità e lucentezza, imprigionata dalle sterzate del destino, nella successione coinvolgente di ogni curva di svolta. Orienta la spietata e superficiale rapidità dei comportamenti umani, insegue i meccanismi introspettivi. Una storia ostile, esposta al limite dell’interrogativo se per essere madre basta avere un figlio. Viktorie Hanišová indaga senza pietà lungo i vincoli della colpa e della assoluzione, accoglie con un linguaggio sincero e disperato la profondità di ogni ferita, illustra il lato enigmatico della maternità, rivela le misteriose confessioni e gli egoistici risentimenti. Ricorda l’insegnamento morale che i figli non sono un nostro possesso, smaschera la responsabilità delle menzogne, l’acuta condanna del razzismo. Nell’andatura insistente, impulsiva delle pagine coinvolge il lettore, regalando una lettura intensa, immersa nella struggente dignità, nella commovente meraviglia delle espressioni e nella persuasione lacerante delle immagini.
Rita Bompadre