È difficile trovare le parole per descrivere questa storia, sembrano fuggire, lasciando spazio al silenzio. Se ne avverte il bisogno per rivivere con calma le immagini che una scrittura così vera, lucida e diretta, ci mostra senza alcun filtro. Immagini di una vita a limite della sopportazione, non edulcorata, una vita fatta di battaglie e solitudini, ma anche di un amore sconfinato.
Il romanzo è la storia di una donna con cui la vita ha giocato una partita fallata dall’inizio. Una partita che la vede fuori dal gioco sin dal primo turno. Si vince e si perde, poco importa, ma se il gioco è la tua vita ogni punto fa la differenza. Ada D’Adamo scrive questo romanzo quando di punti a disposizione non ne possiede quasi più. Scrive questo romanzo per lasciare una traccia di come alcune vite possano essere irrimediabilmente toccate da un destino che sembra accanirsi e non lasciare spazio ad alcuna speranza.
Come D’aria di Ada D’Adamo (Elliot- 2023- 14,25 euro- 144 pagine) è la storia di due corpi: quello di Ada, una ballerina che sfida la gravità con movenze leggiadre e sinuose, e il corpo di sua figlia Daria, che invece la tiene prigioniera in una condizione di grave disabilità sin dalla nascita. La caduta nell’abisso, fatto di amore e sofferenza estreme, arriva sin dalle prime pagine. L’immedesimazione è immediata. Il vuoto e la disperazione sprigionati dalle parole dell’autrice diventano coltelli laceranti quando ci si rende conto che questo romanzo è una storia vera, la storia di una famiglia, di una madre e di una figlia. La storia di un dolore che all’inizio non si riesce ad accettare. Un dolore che quasi ci porta a voltare la testa dall’altra parte, a chiudere il libro in una mancanza di respiro che solo un’ingiustizia di questo tipo provoca. Poi tutto l’amore di una madre per la sua bambina arriva a salvarci dall’abbandono, dalla solitudine di un futuro che il lettore, come l’autrice, intravede privo di speranza. E nell’inseguire le vicende della vita di Ada, più volte ci si chiede come sia possibile vivere un’esistenza sempre uguale a se stessa, scandita da rituali dolorosi e che non danno certezza di un domani. Ed invece quel domani arriva per Ada e per sua figlia, nonostante gli ospedali e i continui ricoveri; un domani fatto di rinunce e di piccoli passi verso la conquista di una condizione che non permetterà mai il distacco da un cordone ombelicale; i loro due corpi resteranno legati da una dipendenza d’amore e di vita che salderà per sempre le loro anime.
Commovente è la dedizione di una madre che pensava di partorire un figlio sano ma che si ritrova a fare i conti con una malformazione cerebrale per un errore di mancata diagnosi; commovente i tentativi di comunicazione con sua figlia; commovente è la trasformazione di una donna in una guerriera che combatterà per garantirle tutto ciò di cui ha bisogno. Ada diviene un esempio di dignità nel non attribuirsi meriti non suoi: non è una “madre coraggio” come molti pensano, avrebbe abortito se solo avesse saputo e nel dirlo non ha alcun timore di rivendicare il diritto di scelta, qualunque essa sia.
Questa è la storia dell’ amore sconfinato per sua figlia, una luce in tutto il buio che avvolgerà la sua esistenza: la definisce piena di bellezza, nonostante la malattia si sia accanita contro il suo corpo togliendole ogni grazia.
La prima cicatrice per Ada risale alla giovinezza, quando perde il primo amore della sua vita, morto annegato a ventuno anni. Quella cicatrice viene coperta dal tempo, senza mai rimarginarsi completamente, portandola a pensare che il seme della sua sofferenza sia stato piantato quel giorno. Quel seme ha generato delle radici così profonde da provocare anni dopo la comparsa della sua malattia: cancro metastatico. Quel corpo che aveva imparato ad usare per comunicare con Daria improvvisamente diviene troppo fragile. Non può più usarlo. Più delle terapie, degli effetti collaterali, della paura della morte a pesarle sarà quel distacco epidermico che le aveva unite fino ad allora. Un contatto corpo a corpo che aveva utilizzato per contenere le paure di Daria, il dolore fisico ed emotivo, lo smarrimento.
Ada combatte anche quando sembra sfinita, combatte contro un male a cui non è importato nulla della sua situazione, combatte perché il suo corpo le serve integro e in forze per potersi occupare di sua figlia, per potersi sostituire al lei e farle vivere attraverso i suoi occhi, le sue mani, le sue gambe una vita di cui un gene impazzito l’ha privata.
Oggi Ada non c’è più. Ha lasciato questa terra due giorni prima di sapere che il suo libro sarebbe entrato nella dozzina del Premio Strega. La immagino volteggiare in aria, con il suo corpo ormai leggero. La immagino fare ciò che ha sempre amato, felice di poter ritornare ad essere Ada. La donna da grandi sogni, speranze e passioni che la vita ha provato ad arrestare ma che invece continuerà a vivere nel ricordo di sua figlia Daria, di coloro che l’hanno amata, e di chi come me accoglie questa grande testimonianza di forza e amore.
Nancy Citro